A quattro mani (2023, Graus Edizioni) è un romanzo introspettivo nato dall’incontro tra Francesco Testa, psicologo, economista e autore di lungo corso (di cui abbiamo recensito Indelebile come un tatuaggio, La bambola col tuppo, Assassinio in sacrestia e Suggestioni e verità), e Alessandro Ruffo, professore e giornalista al suo esordio nella narrativa (già presente nelle librerie con il saggio storico L’Egitto e l’Occidente: percezione dell’Altro nell’Europa del XIX e di inizio XX secolo).
A quattro mani, trama e personaggi
Il romanzo “A quattro mani” si apre con il risveglio di un uomo dopo uno strano sogno il cui significato diverrà comprensibile solo alla fine della storia. Pervaso da pensieri e sensazioni tutt’altro che piacevoli, l’uomo esce di casa per recarsi a un funerale. In chiesa incontra qualcuno che non vedeva da tanto, iniziando a ricordare il passato. Il lettore viene quindi trasportato indietro nel tempo di un numero imprecisato di anni, facendo la conoscenza dei due personaggi principali: il professore Bruno Luongo e il suo alunno Luigi Caputo.
Bruno Luongo ha tutto ciò che gli servirebbe per essere un uomo felice: un lavoro da insegnante che lo soddisfa pienamente, una moglie che ama e una grande passione per la scrittura che gli ha procurato diverse soddisfazioni. Lo spettro della vecchiaia e quello, ben più spaventoso e incombente, della pensione gli hanno però rubato la serenità: l’insegnamento è la base stessa della sua identità, una passione prima ancora che un dovere, al di fuori del quale non riesce a riconoscersi. La consapevolezza che le classi che si trova davanti saranno le ultime in cui insegnerà lo tormenta, avvicinandolo pericolosamente a un punto di non ritorno.
Luigi Caputo ha molto da donare agli altri ma non se ne rende conto e teme di essere destinato a trascorrere la vita in solitudine. Nonostante sia poco più che un bambino ne ha già passate tante e il mondo gli appare ogni giorno un po’ più buio. A scaraventarlo in questa condizione di apatia esistenziale hanno contributo i ripetuti atti di bullismo subiti per il proprio peso, una bocciatura e la distanza emotiva di genitori assenti e incapaci di comprenderlo.
L’incontro tra Bruno Luongo e Luigi Caputo, tra i banchi del liceo, non è dei più semplici: il docente riconosce subito i segni del profondo disagio vissuto dal ragazzo e vorrebbe aiutarlo ma il giovane scambia la sua preoccupazione per pietà mista a disgusto assumendo un atteggiamento ostile e oppositivo. Riuscirà il professore a raggiungere lo studente prima che sia troppo tardi? E questo incontro sarà abbastanza significativo da salvare il docente da sé stesso?
Le vicende dei protagonisti si intersecano con quelle di altri personaggi costretti a fare i conti con i propri demoni interiori per sperare in un futuro migliore. È il caso di Nasha Al-Haddad, espansiva studentessa appassionata di fumetti che nasconde il suo dolore dietro al sorriso, e di Ivan Gabelli, ex studente problematico divenuto un giovane docente costretto a fare i conti con la paura di non essere all’altezza del proprio ruolo.
Ogni personaggio di A quattro mani appare quindi portatore di una propria originale visione del mondo con gioie, dubbi e dolori che sono unicamente suoi. Una costante lega i loro destini fungendo da filo conduttore della narrazione: nessuno si salva da solo.
A quattro mani: le tematiche
Nell’opera la complessa umanità dei personaggi e la solidità della narrazione, tipiche dei libri di Francesco Testa, si fondono con istanze e tematiche nuove, provenienti dal mondo dell’insegnamento e dalla cultura nerd, introdotte da Alessandro Ruffo.
A quattro mani è una storia di incontri in cui il confine tra le vicende dei personaggi e quelle dei loro autori in certi punti si assottiglia fin quasi ad annullarsi. Una storia in cui si affrontano tematiche importanti quali solitudine, lutto e depressione, sguazzando nell’amarezza del mondo senza, tuttavia, abbandonarsi allo sconforto. A fare da contraltare all’onnipresenza del dolore, infatti, emergono altri elementi costitutivi dell’esistenza umana, quali la capacità di donare in modo disinteressato, il supporto reciproco e la volontà di cambiamento. Caratteristiche che, al momento giusto, possono fare la differenza tra rinascita e oblio.
Centrale nell’opera è la dimensione interiore dei protagonisti, sviscerata attraverso l’uso di una prosa rapida ma puntuale, capace di di trascinare il lettore nel turbinio dei pensieri di ciascuno seguendone da vicino sviluppi ed evoluzioni. Ed è proprio nella dimensione dell’interiorità che le conseguenze dell’incontro con l’altro vengono processate e metabolizzate attraverso un’efficiente mediazione operata da riflessione e sentimento.
A incrociare i propri cammini sono spesso personaggi appartenenti a generazioni differenti, cosa che comporta una certa dose di difficoltà comunicative. Atteggiamenti e decisioni frutto di ottime intenzioni, ad esempio, rischiano di essere visti con malizia portando a reazioni esplosive.
L’incontro generazionale, per quanto faticoso, è tuttavia necessario per un arricchimento reciproco: solo dalla collaborazione tra vecchio e nuovo, infatti, possono nascere individui completi e consapevoli, in grado di superare i propri limiti e aprirsi realmente alla vita. Tale tematica è efficacemente rappresentata, oltre che dal titolo, dalla copertina del romanzo che mostra l’intreccio tra due mani percorse dalle rughe e due che ne sono ancora prive.
A fare da sfondo alla narrazione una città senza nome che racchiude in sé alcune caratteristiche tipiche di Napoli ma se ne differenzia per altre. In tale indeterminatezza geografica emerge la volontà degli autori di conferire una certa universalità ai propri personaggi e agli avvenimenti che li riguardano, favorendo una più piena immedesimazione da parte dei lettori.