Alboino è uno dei re longobardi più famosi. Da personaggio storico, egli diviene figura leggendaria e letteraria. In questo articolo analizziamo ciò che oggi conosciamo del sovrano longobardo, del contesto nel quale egli vive e della sua importanza storica.
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I Longobardi prima di Alboino
Innanzitutto, va detto che a oggi gli studiosi discutono sul significato della parola “Longobardo“. Le fonti che ci parlano di loro spingono di solito verso l’identificazione di un popolo di stirpe germanica che dal nord dell’Europa giunge prima nel Centro Europa e infine in Italia. Le fonti sono tanto primarie, cioè archeologiche e paleogenetiche (manufatti, resti di costruzioni, tombe,…) tanto secondarie (documenti che descrivono la loro storia). Tuttavia, il primo genere di fonti riguarda il periodo dello stanziamento nel Centro Europa e in Italia, e quelle di secondo tipo descrivono gli eventi secoli dopo i fatti narrati. Quindi, tutto ciò che riguarda l’origine di questo popolo appartiene alla leggenda.
Invece, per quanto riguarda il periodo dello stanziamento nel Centro Europa, le fonti delineano un popolo che non sembra molto diverso da quello delle genti loro confinanti. Cioè, essi vivono in capanne di legno, seppelliscono i propri cari (hanno già conoscenza del cristianesimo in questa fase), si nutrono sopratutto di miglio e di carne, e allevano i cavalli, indispensabili per i loro spostamenti. Inoltre, nei loro villaggi vi è disparità sociale, con persone più e meno ricche. Inoltre, commerciano beni di diverso tipo, anche gioielli.
Insomma, è da sfatare il mito storico che vede i Longobardi, così come altri “popoli barbari“, solo come dei semplici saccheggiatori. Così come è forse riduttiva l’idea che essi giungono nella penisola italiana solo come mercenari dei romani, che gli concedono tale spostamento solo per annientare i Goti, già occupanti la penisola. Infatti, è probabile che lo spostamento ha coinvolto genti di diversa estrazione sociale e sesso, ecco perchè è più corretto parlare di “migrazione longobarda“. Cioè, si tratta di un intero popolo che migra in un’area geografica.
Cornice storica: Longobardi, Bizantini, Gepidi
Dunque, siamo nel sesto secolo dopo Cristo. La penisola italica, un tempo parte dell’Impero Romano, è occupata dai Goti, che vi hanno fondato un loro regno. Invece, sulle coste del Mediterraneo a est, vi è il cosidetto Impero bizantino, il quale si considera l’unico degno discendente dell’Impero romano. A nord, nella zona geografica nota come Pannonia, vivono varie genti tra cui Gepidi, Avari e Longobardi. Questi ultimi, capeggiati dal re Audonio, stringono alleanza con l’imperatore bizantino Giustiniano, oltre che con gli Avari, per sconfiggere i Gepidi. Così, verso il 551 d.C., essi sconfiggono i Gepidi in una battaglia in cui Alboino, figlio di Audonio, duella col principe dei Gepidi Torrismondo e lo uccide.
Tuttavia, Giustiniano vede con preoccupazione la supremazia del Longobardi, così vicini ai confini del suo impero. Quindi, prima ne assolda una parte come mercenari contro i Goti e i Persiani. Poi, cerca un’alleanza coi Gepidi. Ma i Longobardi, carpito questo doppiafaccia, insieme agli Avari attaccano i Gepidi, e nell’arco di poco tempo distruggono questo popolo. Durante questi eventi il re Audonio muore e diviene sovrano dei Longobardi suo figlio Alboino. Così, è lui che stipula un accordo con gli Avari.
Ma anche nella penisola italiana vi è nel frattempo una guerra, che vede contrapposti Bizantini e Goti. Infatti, i primi sono sempre decisi nella riconquista delle prime terre romane. Così la guerra gotica, già iniziata nel 535 d.C., termina nel 553 d.C., quando i Bizantini annientano tutti i Goti. Tuttavia, questa guerra è ben poco positiva per la penisola: essa provoca morti e distruzioni di villaggi e centri abitati, e inizia una carestia e un’epidemia di peste.
Paolo Diacono descrive Alboino
La maggiore fonte scritta in nostro possesso riguardo Alboino (così come di tutta la storia dei Longobardi) è il testo di Paolo Diacono Historia Langobardorum. Infatti, proprio in essa vicende legate a figure come Alboino ricevono descrizioni dettagliate. Tuttavia, va tenuto conto che Paolo Diacono vive secoli dopo gli eventi descritti. Insomma, non è una fonte storica attendibile. In effetti, chi legge la Historia comprende che l’autore aggiunge numerosi elementi leggendari che rendono la storia più avvincente, nel tentativo di esaltare questo popolo nella descrizione di tutta la loro storia, dall’origine alla caduta. Quindi, con ogni probabilità Alboino è già trasformato in un eroe anche prima dell’intervento di Paolo Diacono, che ne raccoglie gli aneddoti mitici.
Così, Paolo Diacono racconta che Alboino è un principe. Tuttavia, dato che il costume longobardo prevede che un principe può partecipare a un banchetto della vittoria solo se è stato già armato da un re straniero, il padre gli impedisce la partecipazione al banchetto dopo la prima vittoria contro i Gepidi, nel 551. Perciò, Alboino chiede ricevimento dal re dei Gepidi sconfitto, che gliela concede. Tuttavia il re Turisindo, padre di Torrismondo ucciso da Alboino in battaglia, si rannuvola al ricordo del figlio. Così, gli altri Gepidi canzonano Alboino e i Longobardi venuti con lui per provocarli. Ma Alboino e Turisindo placano le teste calde e il re dona ad Alboino le armi del figlio. Così, il principe longobardo gode ora dei suoi diritti.
Ascesa al potere e sconfitta dei Gepidi
Anche se Alboino è figlio del re, questo non significa, a detta di Paolo Diacono, che è lui a dover diventare re. Infatti, da quando i Longobardi hanno un sovrano, questi è eletto dai duchi che scelgono l’uomo più virtuoso tra loro. Tale scelta, se davvero così avviene, è di sicuro tra gli uomini più illustri e Alboino in questo è privilegiato. Ma la storia suggerisce che Alboino è scelto non solo per la sua discendenza ma anche e sopratutto per le azioni valorose da lui già compiute. Così, Alboino diviene re dei Longobardi verso il 560 d.C.
Ma, come anticipato, ricominciano le ostilità tra Longobardi e Gepidi favorite dai Bizantini. I Gepidi sono guidati dal nuovo re Cunimondo, e Alboino si allea con gli Avari contro di loro. Paolo Diacono racconta che Alboino in battaglia mozza la testa di Cunimondo e ne fa una tazza da cui bere. Inoltre, prende in moglie sua figlia, Rosmunda. Tutti i Gepidi sono fatti prigionieri e spartiti tra Longobardi e Avari. A questo punto il generale bizantino Narsete, intento nella campagna militare italica contro i Goti, chiede rinforzi ai Longobardi, attirandoli mostrando l’abbonanza di quelle terre. Così Alboino cede tutti i territori dei Gepidi agli Avari, con la promessa che se in Italia le cose fossero andate male per il suo popolo li avrebbero accolti di nuovo. Poi, contatta gruppi di Sassoni che decidono di partire insieme a lui.
Insomma, Alboino opta per lo spostamento verso terre lontane da vicini troppo potenti. Data la fine del regno dei Goti nella penisola e l’indebolimento delle popolazioni che vi vivono, questo è di certo visto come un buon luogo. Però non sappiamo a oggi, al di là del racconto di Paolo Diacono, quanto i Bizantini hanno favorito questa migrazione.
Alboino guida la migrazione in Italia
Così lo storico Procopio racconta la situazione dell’Italia dopo la guerra gotica:
«Taluni, forzati dalla fame, si cibarono di carne umana. Si dice che due donne […] mangiarono 17 uomini […] Molte persone erano così indebolite dalla fame, che […] si gettavano su di essa [sull’erba] con bramosia, chinandosi per strapparla da terra; ma siccome non riuscivano perché le forze le avevano completamente abbandonate, cadevano sull’erba con le mani tese, e lì perirono.»
Dunque, questo è il panorama a cui assistono i Longobardi e che consente un accesso facile alla penisola. Paolo Diacono racconta che Alboino raggiunge il monte friulano da allora noto come Matajur, il cui nome significa proprio “Monte Re”, e attraverso la zona pianeggiante del nord-est, percorso più facile, valica le Alpi. Così, il primo centro importante occupato è Cividale del Friuli, che assegna al nipote Gisulfo col compito di proteggere l’avanzata verso sud da attacchi di altri popoli.
Poi, un po’ alla volta conquista le varie città che non oppongono resistenza, con la sola eccezione di Pavia. Comunque, racconta Paolo Diacono, dopo tre anni di assedio anche Pavia cade in mano longobarda. Intanto Verona diviene il quartier generale del nuovo popolo e anche Milano è conquistata. Restano fuori dalla conquista i centri della costa ligure e tutte le città della penisola a sud di Ravenna, che rimangono dominio bizantino.
La fine di Alboino
Quindi, seguono tre anni e sei mesi in cui Alboino organizza il nuovo regno, in un periodo di pace sia per i conquistatori sia per i conquistati. Infatti, questo è l’inizio del regno longobardo sul suolo italico. Tuttavia la moglie Rosmunda, che non lo perdona per l’uccisione e il trattamento del cadavere del padre, complotta la sua morte. Così, il re si ritrova prigioniero in una stanza dove un uomo armato al comando della regina lo uccide, nonostante i tentativi di lui di difendersi con uno sgabello. Rosmunda, data la stima che i Longobardi nutrono per il re defunto, fugge a Ravenna presso i Bizantini. Ma lì trova la morte per via di un altro suo complotto non riuscito.
Che Alboino resta nella memoria già dei Longobardi come sovrano leggendario, ne è prova il fatto che ai tempi di Paolo Diacono il duca di Verona Giselperto recupera la spada del sovrano dalla sua tomba. Il valore della spada e il suo possesso è dato non dall’oggetto in sè quanto dal suo essere appartenuto al sovrano, cosa che gli conferisce un’aura di sacralità, un po’ come la excalibur di Artù.
Alboino figura letteraria
Se già gli scritti di Paolo Diacono devono essere considerati storici con la dovuta cautela, di certo altre opere nelle quali re Alboino compare sono frutto di fantasia. Infatti, la popolarità di questo re ne ha fatto un personaggio sia di tragedie sia di opere buffe. Del primo genere ricordiamo la tragedia di Vittorio Alfieri, che come altre si focalizza sul suo rapporto con Rosmunda. Del secondo genere, una serie di racconti del 1600 dello scrittore Giulio Cesare Croce raccolti col titolo Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, in cui Alboino appare come un re curioso e giusto, intento a discutere con alcuni contadini del suo regno.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
- Procopio, La guerra gotica, a cura di Domenico Comparetti, Garzanti 2005.
- Francesco Borri, Alboino, frammenti di un racconto, Viella 2017.
Sitografia
- Paolo Diacono, Storia dei Longobardi
- Documentario con Alessandro Barbero sulla migrazione longobarda sotto Alboino.
Nota: l’immagine in evidenza, il quadro di Charles Landseer L’assassinio di Alboino, è tratto da Wikipedia.org.