Francisco Pizarro fu uno dei protagonisti dell’espansione spagnola in Sud America. Dai viaggi di Colombo in poi la corona di Spagna investì sempre più nelle spedizioni verso le Americhe per estendere i propri territori e accrescere le proprie ricchezze. Questi viaggi erano occasioni per uomini intraprendenti di acquistare prestigio e migliorare la propria posizione sociale, essi erano i conquistadores. Pizarro fu uno dei conquistadores più famosi e durante la sua spedizione non esitò a servirsi di inganni e della violenza per sottomettere l’Impero Inca.
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La presenza spagnola in America
Gli Spagnoli in America vennero in contatto con le popolazioni locali, a volte organizzate in società semplici, altre volte in civiltà complesse come quella degli Aztechi, dei Maya e degli Inca. Una delle prime imprese di conquista fu quella guidata da Hrenán Cortés contro gli Aztechi dello Yucatan. Iniziata nel 1519 fu relativamente veloce: nel giro di due anni fu presa la capitale, Tenochtitlan, e i suoi abitanti massacrati. L’America Centrale fu conquistata in breve tempo e divenne provincia spagnola con il nome di Nuova Spagna, di cui Cortés fu nominato governatore. Sulla scia di questo successo, altri esploratori e avventurieri decisero di intraprendere spedizioni alla conquista di nuove terre: tra questi c’era Pizarro.
Chi era Francisco Pizarro?
Francisco era il figlio naturale del capitano Gonzalo Pizarro e di Francisca González, nacque a Trujillo in Estremadura nel 1475. Si hanno poche notizie sulla sua infanzia, probabilmente visse con i suoi nonni e lavorò per un periodo come guardiano in un porcile, cosa abbastanza comune. Nel 1502 attraversò l’oceano e si recò a Hispaniola, l’attuale Repubblica Domenicana, seguendo il governatore locale e si stabilì a Panama, dove divenne uno dei notabili della città.
Quando ci fu la spedizione per il Perù?
La fama per Pizarro arrivò intorno ai cinquant’anni. Nel 1522 Pascual de Andagoya, di ritorno da una spedizione, riferì di un paese chiamato Birù o Pirù. Pizarro iniziò a progettare una spedizione per conquistare queste terre e decise di associarsi con Diego de Almagro e Hernando de Luque, un prete domenicano, per sostenere meglio le spese. Nel 1524 ci fu il primo viaggio, difficoltoso, che si concluse a Pueblo Quemado, dove dopo una battaglia con gli Indios, Pizarro decise di ritornare a Panama.
Durante il viaggio, però, avevano raccolto informazioni sull’impero a Sud, quindi, nonostante le difficoltà avute, decisero di tentare una seconda volta. La seconda spedizione partì nel 1526: superata la foce del Rio San Juan i conquistadores raggiunsero la baia di San Matteo, dove vi risiedeva un gran numero di Indios e gli Spagnoli non poterono attaccarlo. Almagro fu rimandato a Panama per chiedere rinforzi mentre il resto si accampò nell’isola di El Gallo, in attesa. Il nuovo governatore, però, ritenne la missione troppo pericolosa e ordinò di abbandonare l’impresa: Pizarro si rifiutò di tornare a Panama e invitò l’intero gruppo a restare con lui, ma solo in tredici gli restarono accanto.
Pizarro e i tredici ottennero altre prove, non solo dell’esistenza, ma anche della ricchezza dell’impero Inca e una volta ritornati a Panama, dopo diciotto mesi, Pizarro decise di salpare per la Spagna e ottenere l’incarico direttamente da Carlo V. Nel 1528 ricevette l’incarico ufficiale dall’imperatore, il clima politico gli era stato favorevole perché si era da poco conclusa l’impresa di Cortés e Pizarro fu nominato governatore della Nuova Castiglia (questo sarebbe stato il nome del Perù), con tutte le prerogative di un viceré.
Chi erano gli Inca?
La civiltà Inca era, nel XVI secolo, la potenza egemone delle Ande. La popolazione Inca era originaria della zona di Cuzco, che era anche capitale dell’impero. Partendo da lì, lungo i secoli gli Inca si erano espansi conquistando territori e sottomettendo le altre popolazioni. “Inca” era il nome del capo politico, militare e religioso, poi usato per indicare tutta la popolazione. Non conoscevano la scrittura o le armi in ferro. I territori dell’impero erano collegati tra loro da una efficiente rete stradale, infatti gli Inca erano degli ottimi costruttori, specialmente nella tecnica a secco, con cui riuscirono a costruire intere città tra le impervie montagne andine.
Negli anni in cui Pizarro si spostava verso Sud, l’impero Inca attraversava una lotta intestina per la successione al trono. I contendenti erano due fratelli Huascar e Atahualpa, si scontrarono duramente, ma nel momento in cui Athaualpa sembrava avere la meglio, l’arrivo di Pizarro cambiò le carte in tavola.
L’incontro tra Francisco Pizarro e Atahualpa
Nel gennaio 1531 partì la terza ed ultima spedizione da Panama. I conquistadores sbarcarono alla baia di San Matteo e da lì proseguirono a piedi, conquistando nel 1532 la città di Tumbez. Venuto a sapere delle lotte che avevano indebolito l’impero, Pizarro chiese di parlamentare con l’inca vittorioso. Così Francisco Pizarro e Atahualpa si incontrarono a Cajamarca. L’episodio è passato alla storia per essere la trappola con cui Pizarro catturò in maniera sleale Atahualpa e massacrò la sua scorta. Alla riunione parteciparono anche altri personaggi, come padre Valverde, e ovviamente gli interpreti. Uno degli astanti, Felipe Guaman Poma de Ayala, ha successivamente riportato nelle cronache ciò che accadde:
«Subito cominciarono don Francisco Pizarro e don Diego da Almagro a parlargli attraverso la lingua[1] Felipe […]. Gli dissero che erano messaggeri e ambasciatori di un grande signore e che si mostrasse amico, giacché solo per questo venivano. […] Risponde, l’Inca, con grande maestà e disse che sarà verità che essi venivano da una terra tanto lontana come messaggeri e che credeva che si trattasse di un grande signore, ma che non era tenuto a fare amicizia, giacché anche lui era un grande signora del suo regno.»
Gli Spagnoli, servendosi di un interprete, sottolineano l’importanza del loro signore, affermano di parlamentare per un’alleanza con gli Inca, dal canto suo Atahualpa ribatte di essere anch’egli un signore potente, che non è tenuto ad allearsi con gli Spagnoli.
Perché Pizarro arrestò l’Inca?
Ma non è stato questo rifiuto il motivo dell’arresto dell’Inca. Infatti, poco dopo, racconta la cronaca, interverrà il sacerdote, Valverde, che gli darà un breviario e una croce, parlandogli del Dio cristiano.
È questo il vero punto di rottura: Atahualpa non sa leggere, si aspetta che il libro “gli parli”, probabilmente nel senso letterale del termine, mostrando dei segni, come era tipico della sua religione, ma ciò non avviene. L’Inca scaglia per terra il libro di preghiere, allora gli Spagnoli reagiscono all’offesa attaccando i soldati inca e sequestrando Atahualpa.
«E disse Atahualpa: Dallo a me. Il libro, perché me lo dica. E così cominciò a sfogliare le pagine di detto libro. E dice il detto Inca: Come non me lo dice, né mi parla, a me, detto libro; e parlando con grande maestà seduto sul suo trono, si lasciò cadere detto libro di mano, il detto Inca Atahualpa.
Allora fra Vicente si mise a gridare e disse: A me, cavalieri, contro questi indios gentili[2] [che] sono contro la nostra fede! […] e così subito cominciarono i cavalieri, e spararono i loro archibugi e diedero battaglia e detti soldati a uccider indios come formiche […]. Morì tanta gente tra gli indios che è impossibile contare»[3]
Cosa successe dopo la cattura di Atahualpa?
Dopo aver catturato l’Inca, Pizarro promise di liberarlo in cambio di un ingente riscatto. Il riscatto fu pagato ma Atahualpa non fu rilasciato, anzi, fu accusato di idolatria e tradimento, fu condannato a morte nel 1533.
Dopo la morte del loro imperatore gli Inca non resistettero molto alla forza militare spagnola. Nel settembre 1533 Pizarro entrò in Cuzco, la città fu depredata. Nel 1535 fu fondata una nuova capitale: Lima.
Fu nominato un nuovo inca Manco Capac II, il quale si impegnò ad essere fedele agli Spagnoli, ma in realtà riorganizzò una resistenza e tentò di ribellarsi. I suoi tentativi, però, non ebbero successo: il territorio era in mano spagnola e vi rimarrà a lungo.
Nel frattempo, mentre la conquista si consolidava, tra gli Spagnoli iniziarono ad esserci litigi, soprattutto per lo strapotere che aveva Pizarro. In particolare lo scontro con Almagro fu duro, tanto che quest’ultimo venne allontanato e inviato alla conquista del Cile. La separazione durò però poco, scontento delle poche ricchezze trovate, Almagro ritornò in Perù dove fu fatto prigioniero e poi condannato a morte dal fratello di Pizarro, Hernando.
Il seguito di Amlagro decise di vendicarsi ed organizzò una congiura contro Pizarro, il quale morì nel suo palazzo nel giugno del 1541.
Miriam Campopiano
Bibliografia e sitografia
AA.VV, La Storia, Dalla crisi del Trecento all’espansione europea, Mondadori 2007, pp. 677-678.
https://www.britannica.com/event/Battle-of-Cajamarca-1532
http://treccani.it/enciclopedia/francisco-pizarro_%28Dizionario-di-Storia%29/
[1] Un interprete
[2] Pagani
[3] Cit. in M. León-Portilla, Il rovescio della conquista. Testimonianze azteche, maya e inca, Adelphi, Milano 1974, pp. 142-4