Far West (lontano Ovest) è l’espressione con cui si indicava nell’Ottocento la linea di frontiera oltre la quale i pionieri statunitensi si spingevano per conquistare nuove terre. Questi territori erano però già abitati dai Nativi Americani, i quali combatteranno per difendere i propri luoghi in una guerra durata tutto il secolo.
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L’espansionismo degli Stati Uniti
Nel 1783, con la firma della Pace di Versailles, la Gran Bretagna riconobbe l’indipendenza degli Stati Uniti. Negli anni successivi, tra il 1787 e il 1790 le tredici ex-colonie e ora Stati, si unirono formalmente nella Federazione, nel 1787 fu approvata la Costituzione degli Stati Uniti.
La zona delle tredici ex-colonie era stata sin dal periodo della fondazione una zona molto popolosa, con un tasso demografico in costante crescita. Anche dopo l’indipendenza il tasso della popolazione continuava ad aumentare, questo, insieme allo sviluppo economico, pose come obiettivo quello di espandersi verso Ovest, verso il Far West. Questo processo di spostamento verso Ovest sarà però molto lungo: negli anni Venti del XVIII secolo non era andato oltre la zona centrale del continente.
Come si annettevano nuovi territori?
Sin dalla loro formazione gli Stati Uniti avevano previsto non solo la possibilità, ma anche la modalità di annessione di nuove terre. Con l’Ordinanza del Nord-Ovest del 1787 si prevedeva una doppia fase nell’annessione: prima la zona colonizzata si dichiarava Territorio e amministrata da giudici e governo del potere centrale, poi, una volta raggiunto un determinato numero di abitanti (60.000), il Territorio diventava uno Stato. Con queste modalità nacquero il Vermont (1791), Kentucky (1792) e il Tennessee (1796). Ma è nel secolo successivo che la forza espansionistica statunitense coinvolge gran parte del territorio nordamericano imponendosi come modello di civiltà e scontrandosi con gli Indiani d’America.
Alla fine dell’Ottocento gli Stati Uniti erano passati da tredici a quarantacinque Stati membri, una colonizzazione intensissima e l’esercito ne fu il vero protagonista. Da una parte in lotta per i territori del Far West, dall’altra in lotta contro il Messico. Proprio dalla sua sconfitta gli Statunitensi ottennero la Florida nel 1819, il Texas nel 1845 e la California nel 1848.
Casi peculiari furono la Louisiana e l’Alaska, acquistati rispettivamente nel 1803 e nel 1867.
Come si sviluppò la guerra con i Pellerossa per il Far West?
I primi conflitti c’erano già stati alla fine del Settecento e nei primi anni dell’Ottocento, ma è dalla metà del secolo che lo spostamento verso Ovest si intensificò, a causa della ricerca dell’oro che era stato scoperto a Ovest.
Durante l’Ottocento più che di “lotta” si più parlare di vera e propria guerra con i Nativi Americani, ovviamente non si tratta di una guerra di trincea o di posizione, ma di un conflitto incessante che non si combatté solo con le armi. Sin dai primi scontri era stata evidente la superiorità tecnologica dei bianchi e quando non usavano le armi si servivano di strumenti giuridici, per convincerli a spostarsi più a Ovest .
Si tendeva sempre più a limitarli in aree apposite, le cosiddette “riserve”. Più di una volta gli Statunitensi fecero un uso spregiudicato di questi mezzi: un esempio ne è il caso degli indiani Cherokee della Georgia. Le leggi e la cultura dei Cherokee erano stati riconosciuti da una serie di trattati ed erano considerati una nazione. Dopo la scoperta dell’oro, le autorità georgiane dichiararono nulli i diritti di possesso dei Cherokee. Nel 1832 la Corte suprema riconobbe l’illegittimità dell’azione, nonostante questo le autorità statali si servirono delle armi per deportare gli Indiani in Mississippi in una lunga marcia in cui morì un quarto dei deportati.
O ancora, uno dei casi più famosi è quello dei Sioux Santee. Nel 1862 il loro capo fu convinto a cedere il territorio e vivere in una riserva in cambio di una rendita annuale e rifornimenti. I rifornimenti però non arrivarono, quindi gli Indiani attaccarono l’esercito. In risposta i bianchi condannarono a morte trentadue Indiani. Mossi ancora dal desiderio di vendetta per l’attacco all’esercito nel 1864, i bianchi, commisero il tristemente famoso massacro presso il fiume Sand Creek, in Colorado, dove persero la vita uomini, donne e bambini.
Come reagirono gli indiani all’espansione nel Far West?
Nonostante l’inferiorità dal punto di vista della tecnologia bellica la resistenza indiana riuscì a tenere testa per un secolo agli attacchi statunitensi. Più di una volta misero alle strette o sconfissero l’esercito .
Il nocciolo della questione era lo sfruttamento delle terre. Gli Statunitensi miravano alla messa a coltura delle terre fertili, o allo sfruttamento per questioni imprenditoriali come la costruzione della ferrovia. Molti scontri armati nacquero perché gli Indiani si opponevano all’esproprio delle loro terre, per ragioni che nemmeno condividevano.
Per risolvere la questione il congresso aveva pensato a due grandi riserve nella zona delle pianure in cui raggruppare le tribù indiane, cosa che li spinse a ribellarsi. Si aprirono gli scontri che videro la coalizione degli Indiani sconfiggere più volte le forze americane. In questo contesto si consumò la vittoria più celebre degli indiani è quella di Little Big Horn (25 giugno 1876), nel Montana. Lakota Sioux e i loro alleati sconfissero l’esercito americano guidato dal generale Custer con una vittoria schiacciante.
A lungo andare la resistenza indiana però non bastò a sconfiggere definitivamente l’esercito che uscì vittorioso. Gli Indiani del Nord-Ovest furono confinati nelle riserve, in particolare l’Oklahoma divenne un’enorme riserva.
Un altro problema, sempre legato alle terre, era la costruzione della ferrovia e la strage dei bisonti. Dalla caccia al bisonte gli Indiani non usavano solo la carne, ma riutilizzavano quasi tutte le parti: il pellame per abiti e tende, lo stomaco per gli otri d’acqua, i tendini per le corde e gli archi, gli zoccoli per le armi. Con la ferrovia il paesaggio naturale mutò e non solo alterò l’ecosistema in cui i bisonti vivevano, ma ne favorì la caccia come sport dei bianchi. La strage dei bisonti alterò il sistema di vita indiano.
Il Far West e la frontiera dal punto di vista dei bianchi
Per gli americani l’espansione verso il Far West era una questione culturale e identitaria. Dalla prospettiva dei contemporanei americani non si stavano appropriando dei territori degli Indiani, ma stavano forgiando la loro identità come nazione che si afferma. Il concetto stesso di “frontiera” è percepito non tanto come un limite fisico, ma come un luogo in cui si formano i veri americani, coloro che sfidano la natura selvaggia (wilderness), coloro i quali sono curiosi, inventivi, indipendenti abbastanza per sfidare la natura ostile e le popolazioni nemiche. E costoro sono la vera incarnazione degli americani, della loro capacità di porsi sempre nuovi obiettivi e di rinnovarsi, di reinventarsi.
Frederik Jackson Turner è colui che ha introdotto questa “teoria della frontiera”, oggi criticata perché troppo semplicistica. Tuttavia riassume bene lo spirito con cui si viveva il fenomeno in quegli anni: la percezione degli Stati Uniti come una nazione “d’eccezione”, destinata alla grandezza e all’unicità, al primato. Gli Stati Uniti erano la civiltà e la frontiera il punto d’incontro tra barbarie e mondo civilizzato.
«Questa rinascita perenne, questa fluidità della vita americana, questa espansione verso Ovest con tutta la sua gamma di infinite possibilità. Il suo contatto continuo con la semplicità della società primitiva, alimentano e forniscono le forze che dominano il carattere degli Americani. Il punto di vista vero per capire la storia di questa nazione non è la costa che guarda l’Oceano Atlantico, è il grande West»[1]
Miriam Campopiano
Bibliografia
- F.J.Turner, La frontiera nella storia americana, Bologna, Il Mulino, 1959 [New York 1920]
- A. Brancati, T. Pagliarini, Dialogo con la storia e l’attualità, Firenze, La Nuova Italia 2012, vol. 2 Dalla metà del Seicento alla fine dell’Ottocento.
- G. Montroni, Scenari del mondo contemporaneo dal 1815 a oggi, Laterza 2005.
- A. Testi, La formazione degli Stati Uniti, Bologna, il Mulino 2003.
[1] F.J.Turner, Il significato della frontiera nella storia americana[1893], in Id., La frontiera nella storia americana, Bologna, Il Mulino, 1959 [New York 1920], pp. 5-31, p. 6.