Il dispotismo illuminato o assolutismo illuminato è il governo da parte di un monarca assoluto che ha sposato gli ideali propri dell’Illuminismo, il movimento culturale che ha caratterizzato il XVIII secolo, e che quindi s’impegna a governare secondo i suoi principi. Tale fenomeno è proprio dell’Europa settecentesca.
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Chi erano i monarchi assoluti?
Si definisce monarca assoluto un sovrano che ha un potere sciolto, svincolato dalle leggi (in latino ab solutus significa, appunto, sciolto). Ciò però non vuol dire che il sovrano non ha obblighi o che può fare leggi a suo piacimento.
Sin dal Medioevo il ruolo del re non era quello di decidere e imporre nuove leggi, ma di far rispettare quelle già esistenti. Infatti, la facoltà di giudicare era una delle prerogative regie. Egli poteva fare rispettare l’ “ordine naturale delle cose” in virtù del diritto divino di cui era investito, ma a cui doveva sottostare. Cioè il re non rispettava le leggi umane (per ciò era assoluto) ma doveva rispettare le leggi divine, cioè il diritto consuetudinario. Inoltre, c’erano altre figure che concorrevano con il re con all’esercizio del potere, i nobili ed il clero.
Con il tempo il re divenne sempre più il fulcro delle decisioni, non soltanto in materia di diritto consuetudinario. I due maggiori teorici dello stato Assoluto sono Jean Bodin e Thomas Hobbes. In particolare Hobbes mette in discussione l’investitura divina del sovrano. Dato lo stato di natura di tutti contro tutti, l’uomo per proteggersi ha ceduto il diritto a governare sé stesso al Sovrano in cambio della creazione di una società sicura, protetta dal sovrano.
Il sovrano assoluto più famoso è senz’altro Luigi XIV, detto Re Sole, che con la frase a lui attribuita, anche se quasi certamente mai pronunciata, “lo Stato sono io” bene rappresenta questo cambiamento del re, da giudice a fulcro delle decisioni politiche.
Dal monarca assoluto al dispotismo illuminato
Anche se è il personaggio più famoso dell’Assolutismo, il Re Sole, non fu pienamente un monarca assoluto. Infatti, durante il suo regno operò per eliminare il potere concorrenziale dei nobili e cercò di unificare la cristianità francese, così come si impegnò per centralizzare la fiscalità, ma il potere non si era ancora del tutto solidificato attorno al Sovrano.
Durante il Settecento, invece, si ha il momento di massima maturazione dell’Assolutismo. Altri monarchi avevano adottato le stesse misure di Luigi XIV volte a centralizzare il potere, a controllare il fisco, l’esercito, e la burocrazia. In parte ciò è dovuto anche al clima culturale settecentesco che ha permesso ai sovrani di attuare queste riforme godendo dell’appoggio dell’opinione pubblica, anzi in alcuni casi avvalendosi del consiglio degli intellettuali dell’epoca.
Questi ultimi miravano ad uno Stato più efficiente, senza oscurantismo religioso e superstizione e soprattutto senza nobili parassitari. Grazie a questa convergenza di interessi, che vedremo meglio più avanti, si passò alla fase finale dell’Assolutismo: il Dispotismo Illuminato.
Quali erano i principi illuministi?
L’Iluminismo ha caratterizzato gran parte del Settecento, non si può parlare di una scuola di pensiero o di un sistema teorico ma di un atteggiamento culturale, nato in Francia e diffusosi in tutta Europa, e anche oltre (infatti è tra le premesse concettuali della Rivoluzione Americana).
Il presupposto dell’Illuminismo è il primato della ragione in tutti i campi dell’intelletto umano e la fede nelle possibilità della ragione dell’uomo. Partendo da ciò gli illuministi affermarono con forza la necessità di ricorrere alla ragione laica e al pensiero scientifico per raggiungere il progresso che avrebbe portato alla felicità del genere umano.
Tutto ciò significava anche combattere i privilegi e i pregiudizi tipici della società moderna. Gli illuministi rifiutavano ogni forma di misticismo e di religione rivelata, mirando a verità semplici e chiare. Questa divisione di valori significò una scissione tra l’ambito laico e quello ecclesiale. Gli illuministi furono molto duri anche nei confronti della nobiltà, oramai percepita come parassitaria.
I nobili avevano avuto una loro funzione in passato, che aveva giustificato il loro status privilegiato, ma oramai erano diventati un fardello sulle spalle dei più poveri con le loro esenzioni e con i loro privilegi. C’è anche da notare che molto spesso gli interessi dell’alto clero e quelli nobiliari coincidevano perché si trattava delle stesse famiglie.
Quale fu l’approccio del dispotismo illuminato con l’illuminismo?
Gli illuministi dichiararono il loro impegno per migliorare le condizioni di vita della popolazione, ma ciò non deve portarci a pesare automaticamente che tutti avessero fiducia nelle capacità del popolo. Gli illuministi erano scettici perché ritenevano il popolo ancora troppo immerso nell’oscurantismo e nell’ignoranza. Esemplificativa è la famosa frase di Voltaire: «tutto deve essere fatto per il popolo, ma nulla deve essere fatto dal popolo».
Anche per questa idea delle riforme provenienti dall’alto si parla di dispotismo “illuminato”. Cioè il sovrano si comporta in modo paternalistico e da buon capofamiglia si prende cura dei propri sudditi. Ovviamente molte di queste riforme, togliendo potere ai nobili o migliorando l’efficienza dei controlli e del fisco, aumentavano la centralità del Sovrano.
Infatti, alcuni ritengono che i sovrani si siano serviti dell’Illuminismo per fortificare le loro posizioni, altri più ottimisticamente vedono una convergenza di interessi, un supporto ideologico e non necessariamente una strumentalizzazione del sovrano.
Il dispotismo illuminato e la Chiesa
Il mondo religioso, sia cattolico che protestante, si trovò sostanzialmente impreparato a fronteggiare l’Illuminismo. Difronte alla critica impetuosa degli illuministi la Chiesa rispose mettendosi sulla difensiva. Si cerò così una frattura tra gli illuministi che sollecitavano all’uso della ragione da un lato e la Chiesa che tentava di proteggere le masse dagli “errori della modernità” come l’agnosticismo, dall’altra.
Le Chiese furono in difficoltà anche perché si aspettavano di ricevere appoggio dallo Stato, ma così non fu. Come si è detto i sovrani seguirono la scia anticlericale dell’Illuminismo, ansiosi di rivendicare la loro libertà di azione. In questo periodo, infatti, si sviluppò la teoria del giurisdizionalismo, che mirava ad attribuire autorità alla Chiesa solo in merito a questioni teologiche e alle funzioni ecclesiastiche, limitandone l’ingerenza nelle questioni di Stato. Seguendo questa linea di condotta l’atto più clamoroso fu l’espulsione dell’Ordine dei Gesuiti dalla maggior parte dei paesi europei.
Chi furono i sovrani illuminati?
I cosiddetti sovrani illuminati ci furono un po’ in tutta Europa, anche se non tutti si impegnarono allo stesso modo nell’effettuare le riforme, alcuni in modo più blando, altri in modo più intenso. Anche perché non bisogna dimenticare che ogni stato aveva delle proprie tradizioni e proprie peculiarità, che non si potevano cancellare con un colpo di spugna. Spesso era necessario contrattare e trovare dei compromessi tra ciò che si aveva intenzione di fare e ciò che era possibile fare.
Ad esempio: uno dei sovrani illuminati più famosi, Caterina II di Russia, assicurò diritti ai nobili e sottopose alla loro autorità i contadini, di fatto introducendo il servaggio. Può sembrarci paradossale, ma in Russia i nobili fino a quel momento erano considerati servitori dello stato con obblighi ma non diritti.
Caterina decise di scendere a compromessi con i nobili per avere una maggiore articolazione sociale e quindi una Russia più moderna. Si concentrò anche riforme dell’assistenza Sanitaria e dell’Istruzione.
Quali furono le riforme del despotismo illuminato?
Maria Teresa d’Austria introdusse l’uso del catasto delle proprietà dei sudditi e se ne servì per fini fiscali. Limitò i privilegi del clero e dei nobili e ridusse il potere delle assemblee locali, unificò i codici legislativi. Dopo l’espulsione della Compagnia di Gesù, che si occupava molto di istruzione, riformò il sistema scolastico.
Giuseppe II era il figlio di Maria Teresa d’Austria e le succedette come imperatore. Anch’egli si impegnò in una serie di riforme che comprendevano la promozione della tolleranza religiosa, concedendo la libertà di culto, potenziò la scuola pubblica, abolì la servitù della gleba. Fu particolarmente duro nell’applicare i principi del giurisdizionalismo, tanto che la sua espressione più estrema prese il nome di giuseppinismo.
Federico II di Prussia si impegnò particolarmente in campo agricolo, promuovendo crediti agrari e banche agricole, favorendo la coltivazione della patata e migliorando il corso dei fiumi. Inoltre obbligò i grandi proprietari a distribuire sementi gratis e esonerando dalle tasse gli abitanti di luoghi dove c’era stata la guerra.
Dispotismo illuminato in Italia?
Anche nella penisola italiana i sovrani sposarono le idee dell’Illuminismo.
La Lombardia, sotto il dominio asburgico dal 1713, beneficiò delle riforme di Maria Teresa d’Austria e di Giuseppe II. Furono realizzate opere pubbliche e piani per favorire l’agricoltura e l’industria.
Pietro Leopoldo Asburgo-Lorena granduca di Toscana fu il primo nel continente europeo ad abolite la pena di morte e la tortura, purtroppo però fu una scelta isolata. Abolì istituti feudali come il maggiorascato (trasmissione del patrimonio familiare al figlio maschio di maggiore età) e il fedecommesso.
A Napoli Carlo III di Borbone introdusse importanti riforme, anche grazie al ministro Bernardo Tanucci. Abolì i vecchi privilegi nobiliari ed ecclesiastici. Pose l’attenzione sul porto di Napoli migliorandone l’attività e agì contro il banditismo. Nel 1759 Carlo III lasciò il Regno di Napoli per diventare re di Spagna e Ferdinando IV fu il suo successore. Egli espulse i Gesuiti dal Regno e tentò di limitare il potere baronale. A lui si deve anche la creazione del setificio di San Leucio, nei pressi di Caserta.
Napoli e Milano furono anche importanti centri culturali dell’Illuminismo. Nella città partenopea si formarono tra i più importanti intellettuali settecenteschi: Giovanbattista Vico, Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri, Pietro Giannone. Altrettanto importante fu Milano nella quale nacque Il Caffè, una rivista attorno alla quale si creò un notevole circolo di intellettuali, tra i quali vi era Cesare Beccaria.
Dispotismo illuminato o assolutismo illuminato?
Comunemente si tende a chiamare la forma di governo trattata fin ora “dispotismo illuminato”. Questa espressione è stata introdotta nell’Ottocento dalla storiografia tedesca e fa riferimento ad una concezione negativa del potere assoluto, percepito come capriccioso e totalmente dipendente dalla volontà del sovrano. Come è stato detto non è così. Per questo motivo oggi i preferisce parlare di “assolutismo illuminato”, forma più corretta, in cui il termine assolutismo non ha un giudizio di valore, ma descrive un sistema statale.
“Dispotismo illuminato” può essere doppiamente fuorviante perché oltre ad avere un’accezione negativa in quel contesto rimanda anche ad un’idea di potere tirannico. Il potere dei monarchi assoluti era certamente molto centralizzato, ma non era il governo di un dominatore assoluto.
Miriam Campopiano
Bibliografia e sitografia
- Brancati, T. Pagliarini, Dialogo con la storia e l’attualità, Firenze, La Nuova Italia 2012.
- M. Cattaneo, C. Canonici, A. Vittoria, Manuale di storia. Seconda edizione, Bologna, Zanichelli 2012.
- enlightened despotism | Definition, Examples, & Facts | Britannica
- assolutismo in “Enciclopedia dei ragazzi” (treccani.it)
- H. Im Hof, L’Europa dell’Illuminismo, Roma.Bari, Laterza, 2005.