La Pasqua è una festività centrale nella cultura cristiana e italiana, allo stesso tempo legata al sentimento antico della gioia per l’avvento della primavera e il risveglio della natura dopo l’inverno. Non c’è da stupirsi quindi se il cibo e i riti ad esso connessi hanno un ruolo centrale nella sua celebrazione.
In Sicilia, terra contadina e molto legata alla tradizione religiosa, la Pasqua è una festività molto sentita ed un’occasione per la convivialità e la buona tavola. Quali sono le tradizioni culinarie pasquali in Sicilia?
Durante la settimana santa, in passato si mangiavano solamente farinacei: si preparava quindi “il pane di cena”, pane dolce tipico della Sicilia orientale, impastato con la farina di Majorca, che nella provincia di Catania veniva invece usata per la cucchia, una specialità di pane che si cucinava per festeggiare la nascita di una figlia femmina. Il cibo umile è al centro di vari rituali durante la Settimana Santa: in provincia di Caltanissetta, ad esempio, dal Mercoledì Santo (giorno di processioni in tutta la Sicilia) in poi si portano presso i sepolcri patate, legumi e dei fusti di zagara detti cruneddi.
Le tradizioni culinarie pasquali in Sicilia: il trionfo dei dolci
Le tradizioni culinarie pasquali del pranzo domenicale sono invece molto elaborate. Comune a tutta la Sicilia è l’agnello, che però presenta diverse ricette a seconda della zona: a Palermo si arrostisce e si serve con le patate, a Ragusa è accompagnato dall’impanata pasquale, una focaccia di origini spagnole, mentre a Trapani si cucina l’agnello alla menta. In più, tipico di Messina è u sciusceddu, una minestra di origini francesi a base di uova, pollo e ricotta, mentre ad Agrigento si prepara “il tegame pasquale d’Aragona”, formato da uova, zafferano e cannella.
Piatto forte del pranzo sono, però, i dolci. Il più importante e famoso è la cassata, che nasce come dolce pasquale ma è ormai presente in tutti i periodi dell’anno. Dolcissima, coloratissima e barocca, essa unisce Sicilia e Campania: esiste infatti anche una cassata napoletana, una versione senza pasta di mandorle, più semplice nella preparazione e nella presentazione rispetto all’originale.
La cassata è diffusa in tutta la Sicilia, ma ha origine nella Palermo araba e rispecchia nella sua composizione i diversi strati culturali della città. Il suo nome deriva dall’arabo quas’at (scodella), dal recipiente in cui ricotta e zucchero venivano mescolati.
Inizialmente la ricetta si limitava a zucchero, ricotta rigorosamente di capra e pasta di pane, ma si arricchisce quando viene inventata la pasta reale o pasta di mandorle, detta anche Martorana perché inventata nel 1100 dalle suore di una chiesa palermitana chiamata appunto della Martorana, per decorare la chiesa con dolci a forma di frutto (che diventeranno tipici della festa di Ognissanti e saranno chiamati frutta di Martorana ).
In seguito, i dominatori spagnoli aggiungono cioccolato e Pan di Spagna e in epoca barocca viene introdotta la frutta candita come decorazione.
La cassata ha diverse varianti. Abbiamo la cassatella (una versione più piccola, guarnita di glassa verde), la cassata al forno palermitana, costituita semplicemente da pasta frolla ripiena di ricotta e pezzi di cioccolato e quella ragusana, in cui si usa la pasta delle focacce a cui si aggiunge la ricotta, salata o dolce.
La simbologia dell’agnello sacrificale e dell’uovo è frequente nei dolci: abbiamo infatti un agnello fatto di pasta di mandorle, con lo stendardo della resurrezione, che si mangia anche in tutto il periodo precedente alla giornata di Pasqua. A Favara, in provincia di Agrigento, l’agnello è ripieno di crema di pistacchi.
Tipici tra le tradizioni culinarie pasquali sono anche i pupi cu l’ova, ciambelle a forma di agnello, colomba o altri simboli pasquali al cui centro viene posto un uovo con ancora il guscio. Sono simili nell’aspetto al casatiello napoletano, ma poiché sono dolci di origini umili, la loro ricetta è molto più semplice. Vi sono poi anche i pupi di zucchero, tipici della Festa dei Morti, ma che si posso trovare anche per Pasqua, che raffigurano personaggi della Chanson de Roland e del teatro dei pupi siciliano.
L’arrustuta di Pasquetta
Una vera e propria istituzione della cultura pasquale siciliana è poi l’arrustuta di Pasquetta, concepita per non sprecare gli avanzi del giorno prima e molto sentita soprattutto nel palermitano. In quel giorno i palermitani fanno escursioni in campagna con l’unico scopo di arrostire le stigghiole, budella di agnello arrotolate intorno a un porro o una cipolla lunga e condite con sale e limone, in una ricetta di origine greca.
In realtà, le stigghiole non sono un cibo tipicamente pasquale, ma sono diventate un imperativo del giorno di Pasquetta, oltre ad essere il piatto forte dello street food siciliano (comprate dallo stigghiularu e mangiate nel caos cittadino o in uno dei mercati storici di Palermo hanno infatti più gusto), una scusa per riunirsi tutti insieme e assaporare quello spirito di convivialità che i siciliani, quando vogliono, sono ben accetti a condividere con tutti.
Gaia Giaccone