Bioluminescenza: il fenomeno degli organismi luminosi

In alcune località del mondo vi sono dei periodi nel corso dell’anno (soprattutto durante i monsoni), in cui avviene la comparsa di migliaia di lucine blu nel mare. È un evento raro e sorprendente. Merito della bioluminescenza del fitoplancton, particolari microorganismi marini.

Cos’è la bioluminescenza e come avviene

La bioluminescenza è un fenomeno di origine chimica, in cui gli organismi viventi emettono luce attraverso reazioni chimiche. In base al principio della “chemiluminescenza”, l’energia chimica è convertita in energia luminosa. Due specie chimiche reagiscono per formare un intermedio eccitato ad alta energia. Quest’ultimo è una molecola che reagisce a sua volta per dare altri intermedi, oppure genera direttamente i prodotti finali di una reazione chimica. L’intermedio rilascia una parte di energia sotto forma di fotoni di luce, per poi ritornare al suo stato a minor energia o stato fondamentale.

A+B->AB*->Prodotti+Luce                                                        

*intermedio eccitato

L’emissione di luce si manifesta prevalentemente nelle specie marine. Sulla terraferma riguarda alcune specie di funghi ed insetti, tra cui i coleotteri della famiglia Lampyridae (le lucciole). Anche certe specie di batteri e protisti sono in grado di riprodurre questo fenomeno.

Quali sostanze generano la bioluminescenza?

La bioluminescenza coinvolge due sostanze: la luciferina e la luciferasi. La prima è una molecola che funge da substrato su cui agisce un enzima. La seconda è una classe di enzimi che catalizzano la reazione della luciferina con l’ossigeno (ossidazione). La luciferina forma un legame instabile con l’ossigeno (O2), e utilizza una molecola di ATP (adenosina trifosfato) per formarlo.

Quando la luciferina ossigenata si rompe formando anidride carbonica (CO2), dà luogo ad una forma eccitata che poi emette luce. Questa reazione richiede molta energia, cioè il consumo di una molecola di ATP per l’emissione di un quanto di luce. Il colore della luce (azzurra, verde o giallo-arancione) è determinato dalla proteina enzimatica. Esistono varie tipologie di luciferine. Tra le prime ad essere state identificate vi è quella trovata nelle lucciole appartenenti al genere Photinus, ed è presente in numerose specie della famiglia Lampyridae. È responsabile della caratteristica colorazione gialla.

Green Fluorescent Protein (GFP)

Non tutti i fenomeni bioluminescenti dipendono dall’interazione di una luciferina con la sua specifica luciferasi. La proteina fluorescente verde è una proteina presente nella medusa Aequorea victoria. Come ogni sostanza fluorescente, anche la GFP deve prima essere colpita ed eccitata da una radiazione di una determinata lunghezza d’onda, che permetterà l’emissione di una radiazione di colore verde al termine dello stimolo.

All’interno della struttura è presente il fluoroforo, cioè la porzione in grado di emettere fluorescenza. La struttura è molto compatta di modo da evitare che il fluoroforo reagisca con altre molecole che potrebbero inattivarlo.

Organismi bioluminescenti

Il fenomeno della bioluminescenza non si è sviluppato in un singolo gruppo di organismi, ma si è evoluto attraverso vari phyla. È come se avesse avuto un’origine indipendente e con modalità differenti. Alcuni organismi, infatti, attivano la reazione luminosa autonomamente attraverso il fotoforo: un organo ghiandolare epidermico, produttore di luce e presente soprattutto in animali marini.

Altri producono luce mediante batteri aerobi, la cui bioluminescenza è associata al consumo di ossigeno. Questi batteri emettono luce grazie alla simbiosi con l’organismo ospitante. Come ho già accennato, la gran parte degli organismi capaci di dar luogo a fenomeni bioluminescenti vive in ambiente marino. Tra questi vi sono: batteri, protisti, celenterati, anellidi, molluschi, crostacei, echinodermi e cordati.

Esempi di organismi marini bioluminescenti

Batteri

I ceppi batterici bioluminescenti, se stimolati, diffondono una luce continua in presenza di ossigeno, piuttosto che produrre flash distinti. Questa proprietà spesso può dare luogo al fenomeno marino Milky seas”. Tra i batteri bioluminescenti simbionti, la specie Vibrio fischeri (spesso chiamato Photobacterium) è il principale simbionte di numerose specie di pesci. Allo stato planctonico i batteri sono “bui”, mentre nei fotofori sono luminosi.

Dinoflagellati: le alghe bioluminescenti

I dinoflagellati, cioè gli organismi bioluminescenti più comuni, sono coloro che generano le “baie luminescenti”. Almeno 18 generi riproducono questo fenomeno. Rappresentano uno dei più importanti gruppi del fitoplancton. Noctiluca scintillans è una specie bioluminescente, la cui fioritura algale (bloom) tinge il mare di rosso durante il giorno e lo illumina di notte. Non è da trascurare l’impatto ambientale che questo fenomeno ha sugli altri organismi marini, causato dell’escrezione di ammoniaca ed il consumo di ossigeno.

Cnidari    

In questo gruppo sono presenti animali bioluminescenti come idrozoi, meduse e sifonofori. Le specie bioluminescenti utilizzano tutti coelenterazina (una molecola appartenente alla famiglia delle luciferine) come substrato emettitore di luce.

Molluschi

Nella classe dei cefalopodi sono presenti non meno di 70 generi luminosi. Molti di essi posseggono fotofori ben strutturati, distribuiti su mantello e tentacoli. Sono utili sia per la comunicazione intraspecifica, sia per stordire la preda. Una specie che può destare curiosità è Vampyroteuthis infernalis, conosciuto comunemente come “calamaro vampiro”. È l’unica specie oggi vivente dell’ordine dei Vampyromorphida. Questo mollusco è coperto interamente da fotofori, sui quali l’animale ha grande controllo. È in grado di disorientare gli aggressori con lampi di luce di durata variabile, da una frazione di secondo a diversi minuti. Anche l’intensità e la dimensione dei fotofori può essere modulata.

Cordati

Tra gli organismi marini, i pesci hanno differenziato le più evolute strategie per la produzione di onde luminose. La maggior parte dei pesci bioluminescenti vive nella zona mesopelagica (tra 150 e 1000 metri di profondità). Contrariamente agli invertebrati, molte specie utilizzano colonie di simbionti batterici luminescenti.

Tra i pesci luminescenti i Myctophidae, detti anche “pesci lanterna”, sono molto rappresentati. Essi possono essere classificati solo grazie alla disposizione dei gruppi di fotofori, che hanno una loro denominazione e sono identificati da una sigla internazionale:

Un’altra specie molto interessante è Melanocetus johnsonii, comunemente conosciuto come melanoceto o diavolo nero. È un pesce abissale appartenente alla famiglia Melanocetidae.

Melanocetus johnsonii. Esemplare imbalsamato al Museo di storia naturale di Londra

Questo predatore utilizza il fotoforo per attrarre le sue prede nel buio degli abissi. A generare luce non è l’animale direttamente, ma un batterio: Enterovibrio escacola

Funghi che generano bioluminescenza

Tra i molteplici organismi viventi in grado di produrre luce, vi sono anche funghi. La scoperta dei funghi bioluminescenti risale al 1848. Il primo fu identificato da George Gardner, e per questo è stato rinominato Agaricus Gardneri. Ad oggi, grazie a innumerevoli studi, sappiamo che la reazione che induce i funghi ad illuminarsi è la stessa che permette alle lucciole di brillare (luciferina-luciferasi). L’unica differenza è che l’enzima è in grado di reagire anche con altre luciferine, modificando colore e intensità della luce risultante.

Tuttavia, il fenomeno della bioluminescenza nei funghi è comunque molto raro: è una caratteristica solamente di 80 delle 10 mila specie note. I biologi hanno studiato due specie in particolare: il Neonothopanus gardneri (sinonimo di Agaricus Gardneri) e il Neonothopanus nambi, che crescono in Brasile e Vietnam rispettivamente.

Questa capacità dei funghi potrebbe essere un meccanismo per segnalare la loro presenza a coleotteri, vespe e ad altre piccole creature che contribuiscono a diffondere le spore dei funghi, permettendone la riproduzione e la colonizzazione di nuove aree.

bioluminescenza
Mycena chlorophos

Conclusioni: perché la bioluminescenza è così importante

È possibile affermare che la bioluminescenza ha diverse funzioni all’interno delle varie specie. Sicuramente è un mezzo di comunicazione sia interspecifica, sia intraspecifica. Nel caso della prima, la bioluminescenza può svolgere un ruolo di difesa, piuttosto che di offesa. Quando un flash luminoso viene emesso a distanza ravvicinata, i predatori esitano. Invece, se fosse espulso materiale bioluminescente, potrebbe distrarre il predatore ed impedirgli di localizzare la sua preda.

Un’altra modalità di difesa è la controilluminazione. Tipica di crostacei, cefalopodi e pesci, coinvolge l’uso dei fotofori ventrali e la luce prodotta si sovrappone a quella proveniente dalla superficie. Rende invisibile la silhouette dell’animale per i predatori che attaccano dal basso.

La bioluminescenza può anche essere utile per attirare le prede ed ipoteticamente intontirle, rendendole così vulnerabili.

Nel caso della comunicazione intraspecifica, è molto nota la bioluminescenza negli animali terrestri per scopi riproduttivi. Ad esempio, nelle lucciole è solo il maschio ad emettere luce, per attirare la femmina.

In mare, la bioluminescenza può essere utile per il riconoscimento sessuale, che dipende dalla disposizione dei fotofori sulla superficie corporea. Questa disposizione varia da specie a specie, evidenziando una funzione sicuramente riferita al riconoscimento intraspecifico.

Ramona Rinaldi

Sitografia

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  • https://naturamatematica.blogspot.com/2013/07/evoluzione-della-bioluminescenza-meccanismo-luciferina-luciferasi.html#.YE9ik2hKjic
  • https://www.ledvance.it/professionista/fascino-della-luce/bioluminescenza/index.jsp