In un certo senso la nostra vita è veramente un film. I protagonisti sono i famigliari e gli amici. Tra i comprimari rientrano vicini, colleghi, insegnanti e le conoscenze occasionali. Non mancano i ruoli minori: la giovane cassiera del supermercato con il sorriso carino, il barista affidabile del locale all’angolo, i tipi con cui vi allenate in palestra tre giorni alla settimana. Però a volte compare nella vostra esistenza qualcuno di estraneo a tali categorie. Una specie di jolly, che ogni tanto sbuca dal mazzo nel corso degli anni, soprattutto in un momento di crisi.
Revival è il nuovo romanzo di Stephen King, uno dei best-seller authors più prolifici della storia moderna, che nell’ultimo periodo ha addirittura alzato il ritmo, pubblicando con scadenza semestrale. L’opera in questione, Revival, arriva poco dopo Mr. Mercedes e poco prima Finders Keepers (seguito proprio del libro dall’ombrello blu, in arrivo nelle librerie statunitensi il 2 giugno), già pronto per essere un successo di vendite, un po’ più incerto dal punto di vista della reazione della critica, non tanto quella professionista ma la ben più dura giungla dei fan di lunga data.
La produzione recente del Re di Bangor ci ha consegnato opere dal risultato altalenante, con una quasi oggettiva ridistribuzione tra storie notevoli, buone, e di cui avremmo potuto fare a meno. Se c’è chi ritiene che King non abbia più molto da dire e continui a pubblicare solo perché, siamo onesti, ha un fandom tale da poter vendere anche la sua lista della spesa, c’è anche chi, come chi scrive, pensa che con il passare degli anni i temi e gli scopi di uno scrittore cambino ed evolvino portando a risultati distanti dal passato. Nell’ultimo periodo, King, pur non abbandonando il sovrannaturale, ha iniziato a proporre situazioni più umane, con un inquadramento ambientale quasi da romanzo storico. Da questo punto di vista, Revival segue la stessa filosofia, prima di farci fare un giro ai limiti del paranormale e ai confini della realtà.
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Il Memoir che non ti aspetti
La storia è incentrata su alcuni momenti della vita di Jamie Morton, chitarrista mediocre affetto da gravi problemi di tossicodipendenza, legati tra loro dall’ingombrante ombra di Charles D. Jacobs, reverendo che ha perso la fede a seguito di un evento tragico e che decide di dedicare la sua vita agli studi sull’elettricità.
Gli eventi partono con l’arrivo in città del reverendo Jacobs e della sua famiglia, composta dalla moglie e dal figlio. Inizialmente ben voluto da tutti, Jacobs stringe una forte amicizia con il piccolo Jamie Morton, che si reca spesso a fargli visita. Tutto cambia quando, a seguito di un tragico incidente stradale, la moglie e il figlio del pastore perdono la vita. Jacobs, sconvolto dalla vicenda, scompare per qualche settimana prima di un’ultima macabra omelia dissacrante in cui accusa Dio e le religioni per ciò che di brutto accade nel mondo. Cacciato dalla città, Jacobs sembra scomparire nel nulla.
Il piccolo Jamie, nel frattempo, scopre la sua passione per la musica e decide di diventare un chitarrista ma, finito nel vortice della droga, si ritrova a gettare al vento la sua carriera e il suo futuro. Un giorno, i due si incontrano di nuovo per puro caso ad una fiera di paese, Jamie è stato sbattuto fuori dalla sua ultima band, mentre Jacobs ha allestito uno spettacolo itinerante basato su quella che chiama ‘elettricità segreta’. Grazie a quest’ultima, l’ex uomo di chiesa cura Jamie dalla sua tossicodipendenza in cambio di un aiuto nei suoi show. Il sodalizio dura però poco e Jamie parte per una nuova fase della sua vita, libera dalla droga ma accompagnata da strani effetti collaterali. Dopo una serie di peripezie, Jamie scopre che Jacobs è diventato un curatore ma che molti dei suoi pazienti presentano effetti collaterali simili ai suoi. Indagando, verrà a sapere della pericolosità degli studi di Jacobs ma non potrà sottrarsi quando quest’ultimo lo chiamerà per un ultimo incontro, un aiuto per completare la sua missione. Mentre le persone importanti della sua vita muoiono una alla volta, Jamie andrà incontro al suo ultimo viaggio, pronto a sfoderare la sua miglior prestazione sul palcoscenico della vita.
Questa volta King ci presenta un romanzo scritto in prima persona, i cui eventi narrati presentano una fotografia degli Stati Uniti degli anni ’60 e ’70 tanto viva da affascinare più della sostanza vera e propria del racconto. Il tutto è scritto sotto forma di diario, con qualche esternazione rivolta al lettore, a dire il vero ripetitive e poco sostanziose. L’uso dell’io narrante si rivelò una scelta fruttuosa per King già in alcuni romanzi precedenti, tra gli ultimi l’ottimo Duma Key, ed anche in questo caso fa il suo dovere, nonostante la storia, pur se vista dagli occhi di Jamie, abbia come vero protagonista il pastore Jacobs.
“È vivo!” … o quasi: un Revival letterario
L’intera vicenda ruota intorno all’ossessione di Charles Jacobs per l’elettricità, vista come cura universale prima e come mezzo per raggiungere un fine più grande poi. Il filo conduttore, dunque, è un poco velato omaggio al genere gotico e a Mary Shelley. Con lo scorrere delle pagine, il lettore viene portato a credere che il fine degli studi di Jacobs siano molto simili a quelli del Dottor Frankenstein, ed infatti il personaggio cresce ed evolve passando dal ruolo di uomo di chiesa a quello di scienziato pazzo, con buoni risultati.
È bene tener conto che Jacobs, in realtà, non è un antagonista, ma piuttosto una vittima degli eventi se non proprio un protagonista mancato. Se King è stato in grado di fornirci un cattivo di straordinaria efficacia in Mr. Mercedes, dimostrandoci di saperci ancora fare con il lato malato dell’umanità, qui ci consegna un uomo sofferente che si rifugia nelle sue ossessioni per rispondere a tutto ciò che l’ha tradito e ferito. Non si può dire che sia un personaggio estremamente complesso, ma è ben costruito, come d’aspettarsi, e sicuramente il più solido del romanzo.
Jamie Morton, io narrante, la cui vita si lega a quella di Jacobs sin da quando aveva soli otto anni, si limita ad essere il mezzo attraverso il quale la storia viene narrata. Il lettore tende a provare empatia nei suoi confronti nella prima parte del racconto, ma non si instaura quel legame indissolubile tipico della produzione del Re del Maine. Per certi versi, Jamie può essere visto come un ritratto dello stesso autore, uscito di forza dall’alcolismo e dalla tossicodipendenza. King ha disegnato più volte personaggi di questo tipo, riuscendo nel suo intento ancora una volta, ma con meno forza.
Tutti gli altri personaggi sono poco più che abbozzati, utili solo a far procedere gli eventi senza riuscire realmente ad incuriosire.
Un Necronomicon sfogliato in ritardo
Revival è un libro che procede lentamente e raggiunge il climax solo nella parte finale, in cui King sfoggia tutta la sua abilità e mette in risalto l’amore che prova per i testi di Lovecraft, regalandoci un pezzo di Horror come non si vedeva da tempo. Gli ultimi capitoli sono entusiasmanti e convincenti, in grado di farsi divorare in pochi minuti. Purtroppo, il tutto si apre e si chiude troppo rapidamente, dandoci solo uno scorcio del mondo fantastico che poteva essere l’elemento principale del romanzo e che invece nei capitoli precedenti viene tenuto nascosto, lasciandone intravedere solo qualche dettaglio infinitesimo. Il libro sembra essere stato costruito in tal senso, con lo scopo di creare aspettativa nel lettore per buona parte della storia, fino ad arrivare alla scena culmine e amplificarne ancora di più la buona riuscita.
In conclusione…
Revival sembra un libro chiuso in fretta, che ha trovato un suo perché solo alle battute finali, dopo un lungo peregrinare. Buona parte del romanzo appare come un’introduzione alla scena principale, che probabilmente poteva essere anticipata e ampliata, risultando ancora più efficace. Ciò non toglie nulla alla forte solidità del racconto, che scorre fluido, pur se non ad alti ritmi, ed affascina grazie a tutto ciò che vi è stato costruito intorno. Revival è un omaggio alle origini della letteratura di genere, un’opera che non entrerà negli annali ma che risulta più che buona, pur senza eccellere. Per certi versi è uno spettacolo monco, a cui sarebbe bastato ancora poco per poter farsi spazio tra i capolavori di King, ma è costretto a fermarsi un gradino più in basso.
Salvatore Del Prete