Attack on Titan è giunto all’atteso finale. Si tratta della fine di un’era, di un fenomeno che ha caratterizzato un intero decennio, di una storia tanto universale nel suo esprimere le emozioni umane più autentiche da aver frantumato ogni barriera, sia di genere che culturale.
Già la prima stagione animata si era abbattuta come una tempesta sul panorama nipponico, raggiungendo presto il grande pubblico, e da allora la reputazione dell’opera non ha fatto che crescere. Non solo chi solitamente non si interessa di Shōnen, ma anche chi non si interessa di anime e manga è stato raggiunto da questo fenomeno.
Attack on Titan ha raggiunto il successo grazie alla sue scene forti e cariche di tensione, culminanti in momenti di puro hype, e al suo mondo denso di misteri. Col delinearsi della storia di fondo è diventato evidente come essa vada ben oltre il voler sorprendere lo spettatore, scavando sempre più in profondità nell’animo umano.
Il manga è frutto della penna di Hajime Hiyasama mentre l’acclamato adattamento anime è stato curato dapprima dallo studio Wit e in seguito dallo studio Mappa.
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La trama di Attack on Titan
Il mondo presentato nell’opera è suggestivo ma crudele; in esso l’umanità, infatti, vive nella perenne paura dei giganti. Si tratta di creature inarrestabili che si cibano di carne umana con cui non c’è modo di comunicare; la loro stessa esistenza pare sfidare le leggi della natura.
Incapaci di vincerli, gli umani si sono rifugiati dietro tre cerchia di mura concentriche, tanto alte da proteggerli anche dai più grandi tra loro. Così facendo sono riusciti a garantirsi un secolo di pace, per quanto vissuto in gabbia.
Gabbia che sta stretta al protagonista, Eren Yeager, il quale, insieme ai suoi amici, Armin e Mikasa, sogna il mondo di fuori. Sogni infranti con l’arrivo del Gigante Colossale, la cui testa sovrasta persino le mura. La sua comparsa, accompagnata dall’abbattimento dei cancelli della città, dà avvio a un’invasione di giganti e a una conseguente strage.
Sopravvissuto ma ormai privo sia della sua casa che della famiglia, Eren è spinto da un’ossessiva sete di vendetta ad unirsi al Corpo di Ricerca, un corpo militare deciso a sfidare i giganti e scoprirne i segreti, liberando l’umanità dalla sua prigionia.
Nonostante l’addestramento, Eren viene presto gettato nuovamente nella disperazione al riapparire del Gigante Colossale, che porta con lui una nuova crisi; con solo le reclute rimaste a proteggere la città, la sconfitta è ormai certa. Divorato lui stesso da un gigante, il protagonista è strappato alle braccia della morte quando lui stesso assume la forma di uno di loro, cominciando a massacrarli in preda a una furia cieca.
Nel caos e la paura che ne conseguono inizia a delinearsi una flebile speranza di riuscire finalmente a rivendicare il proprio mondo. Cos’ha fatto lo scomparso padre di Eren al figlio, per tramutarlo in uno di quei mostri? E cosa si cela nella sua vecchia cantina, che aveva alluso contenere risposte fondamentali ma che è ormai in pieno territorio gigante? Alcuni paiono sapere ben più di quanto dovrebbero, e la stessa famiglia reale nasconde segreti monumentali, in grado di stravolgere totalmente tutto ciò che si credeva di sapere sul mondo che li circonda.
Ciò non è che la punta dell’iceberg per una storia in evoluzione continua, così ricca di sorprese da superare ogni previsione. Lo stesso genere dell’opera si trasforma e non una sola volta. Il tutto senza mai tradirsi o andare contro le tematiche degli esordi; esse, al contrario, vengono ampliate in modi sempre nuovi, sempre più forti e sempre più spaventosamente vicini alla nostra realtà. Dopotutto, per quanto immensi i cambiamenti avuti da Attack on Titan negli anni, nel profondo è ancora la stessa storia di impotenza e coraggio, non importa quanto grande si faccia il palcoscenico.
I giganti: perché così spaventosi?
Se Attack on Titan si è distinto tra manga altrettanto crudi è certamente merito della paura che i suoi mostri sono in grado di incutere.
Si tratta di creature meravigliosamente grottesche, persino caricaturali; non sarebbero fuori posto in una serie parodistica irriverente, mentre lo sono nel mondo realistico in cui si muovono. Ciò funziona molto più di quanto si possa pensare; un confronto lo si ha con alcuni sparuti giganti disegnati in modo più serio, come il Corazzato: per quanto abbiano design accattivanti, raramente ottengono lo stesso livello di inquietudine.
Il loro comportamento è altrettanto particolare: se non ci sono umani in vista, tendono a vagabondare con espressioni vuote, apparentemente innocui. Nulla che faccia presagire lo scatto rapido con cui catturano la preda e il loro inquietante sorriso che permane anche durante i pasti.
I loro movimenti non sono da meno. Non tutti camminano o corrono; molti strisciano, arrancano, si poggiano su arti sottosviluppati mentre avanzano inesorabilmente senza sentire dolore o fatica. In questo sono simili ai classici zombie; certo, molto più grandi, veloci quanto un uomo a cavallo e capaci di rigenerare l’intera testa.
A dispetto delle apparenze goffe si tratta di creature estremamente letali: anche un gigante disteso, che pare rilassarsi in modo comico, spazza via ogni senso di ilarità quando viene fatto notare che non aveva mai smesso di seguire i protagonisti con lo sguardo.
Fondamentalmente, si tratta di creature quasi mitologiche in un mondo altrimenti perfettamente realistico. Ciò conferisce loro un velo di mistero che rafforza l’atmosfera horror, in quanto nulla spaventa più di un nemico che non si riesce a comprendere.
Mostri di ogni genere, anche più pericolosi dei giganti, non sono rari nel panorama shonen. Di solito però non concludono granché, se non contro comparse; questo perché ai protagonisti si vogliono dare morti “degne”, solitamente contro potenti rivali. Ma in Attack on Titan non c’è nulla a spezzare la tensione: nessun motivo di trama che tenga, nessuna falsa sicurezza: chiunque può cadere vittima dei giganti, in qualunque momento.
Qui i mostri sono quindi focus e motore dell’opera. Le loro vittime contano personaggi nominati e sviluppati; ogni scontro o escursione in territorio nemico comporta rischiare la vita. Servono sforzi erculei e innumerevoli sacrifici per ottenere anche la più piccola delle vittorie.
Pertanto l’ansia è sempre palpabile, persino in momenti dov’è ragionevole non averne. La sola tensione dell’esplorare le terre dei giganti, con risorse limitate e ignari di ciò che vi si troverà, è sufficiente a creare un’atmosfera horror di tutto rispetto prima ancora che facciano capolino i giganti stessi.
Le tematiche di Attack on Titan
Il ruolo più significativo dei giganti risiede in ciò che fanno sorgere nell’animo umano. Il vivere una vita nella loro ombra, quasi da bestiame, ha formato l’intera società all’interno delle mura, ed è un’influenza costante sulla loro psiche.
Per questo Hisayama non ha esitato a portare tutto sempre più sul piano umano; dapprima allestendo un thriller politico e in seguito spostandosi verso temi sempre più spaventosamente veri, come classismo, razzismo, guerra, traumi e genocidi.
Dalla paura comune per un nemico invincibile emerge il male insito nell’essere umano. Forse, più di ogni altra cosa, è proprio il ragionare su cosa faremmo noi in quelle stesse situazioni a rendere i giganti tanto spaventosi.
Di fronte a un terrore simile tutti i problemi umani dovrebbero apparire piccoli e stupidi, eppure perseverano; e anche chi segue giusti ideali è infine costretto a prendere decisioni discutibili e macchiarsi di quegli stessi crimini.
Conoscendo il mondo e la storia di Attack on Titan, si può dire che la reazione umana alla crudeltà del mondo è stata quella di renderlo ancora più crudele. Che sia per paura, per aver salva la vita, per retribuzione o desiderio; come espresso nel corso della serie, per andare avanti tutti hanno bisogno di ubriacarsi di qualcosa, tanto sogni e ideali quanto ambizioni o perversioni. Ciò la rende una storia splendidamente grigia, uno scontro di convinzioni più che uno tra bene e male.
Se i giganti sono resi ancora più terribili da quell’incomunicabilità di fondo, lo stesso vale per gli altri antagonisti della serie: gli uomini. Visto ciò che viene rivelato sulle loro origini, quella che i giganti siano i diavoli insiti nell’essere umano non è forse un’idea tanto lontana dalle intenzioni dell’autore.
I personaggi di Attack on Titan
La serie presenta un cast molto variegato ma estremamente funzionale. Nonostante la quantità di momenti in cui i protagonisti sono stati messi in secondo piano, mai la storia ha perso di forza o interesse; questo proprio grazie alla solidità del cast, con ciascuno capace di reggere il peso dell’opera sulle proprie spalle.
Ognuno dei personaggi rilevanti riceve giusto spazio e sviluppo, dal popolarissimo Capitano Levi a chi prima pareva solo di sfondo, come Krista. All’autore non servono che pochi capitoli per rivoluzionare e ricontestualizzare un personaggio, rendendolo un ulteriore protagonista; ciò si estende agli stessi “cattivi” dell’opera.
“Se la gente avesse saputo che si sarebbe arrivati a questo punto, nessuno sarebbe andato in guerra. Ma la maggior parte delle persone sono spinte da qualcosa, costrette a marciare dritte verso l’inferno. Quel ‘qualcosa’ non era la loro scelta: la situazione, o gli altri, gliel’hanno fatto fare. Ma le persone che ci si spingono da sole vedono un diverso tipo di inferno: possono vedere qualcosa oltre. Potrebbe essere speranza, o forse persino un altro inferno; solo coloro che continuano ad andare avanti lo sapranno.”
In virtù del mondo in cui vivono, tutti hanno in comune una vita costellata di traumi. Non è raro vederli preda dello sconforto e della paura, perseguitati dal ricordo di chi non ce l’ha fatta.
Ciò rende ancora più forti i momenti in cui perseverano, in un tentativo forse sciocco di opporsi a nemici che paiono oltre le possibilità umane. I personaggi de L’attacco dei giganti vivono un’eterna guerra impossibile, con tutte le conseguenze del caso sulla loro psiche.
Il porli in un simile contesto ha aperto la strada a più profondi dubbi morali. Ognuno è segnato dalle crudeltà a cui ha assistito e vi si approccia in maniera diversa; inevitabile la deriva filosofica della serie, ove ciascuno cerca a modo suo di ribellarsi a quel mondo crudele e trovare una risposta.
A rendere tanto interessante il cast è proprio il continuo metterlo di fronte a scelte critiche, con decisioni sempre più coraggiose da parte dell’autore. I personaggi sono così ben delineati che il semplice porli in contesti e situazioni sempre diversi ne tira fuori il potenziale.
Esempio ne è lo stesso Eren: da protagonista Shōnen archetipico, quasi di sfondo nella sua stessa serie, si è trasformato in un personaggio carismatico e sfaccettato. Evoluzione causata dallo scontro con la realtà in cui vive e con le scelte sempre più ardue che essa gli impone; ciò ha permesso al personaggio di crescere e affermarsi. Quest’approccio più realistico all’archetipo è tale che, alla fine del manga, lo si potrebbe anche definire una sua decostruzione.
Più di ogni altra cosa, Attack on Titan è un’opera che muta tramite l’evolversi e il modificarsi di contesto e prospettiva.
Gli eroi: il Corpo di Ricerca
I giganti, come pretesto per sondare l’animo umano, non si limitano a svelarne la perfidia. Tra i tanti arresisi o lasciatisi andare alla crudeltà, saltuariamente, emergono individui tanto folli da mettere in gioco le loro stesse vite per sfidare l’impossibile.
“L’esistenza del Corpo di Ricerca è la prova vivente che l’immaginazione e l’anima umana sono libere. Siete l’orgoglio dell’umanità.”
In una società spinta dallo spirito di conservazione, ove si preferisce la gabbia al cielo, i membri del Corpo di Ricerca sono visti come reietti, anche dopo essere rimasti l’unica speranza per chiunque viva dentro le mura.
Essi hanno un ruolo preciso nella storia: sono i pionieri, gli esploratori, gli scienziati. Chi altri poteva ricoprire il ruolo degli eroi in una storia dove il nemico è l’ignoto?
Come a voler fare da specchio agli innovatori che si sono susseguiti nel corso della storia, anche i membri del Corpo di Ricerca non hanno fatto che accumulare fallimenti su fallimenti. Ogni vittoria o scoperta non è che un passo estremamente piccolo, ogni compagno caduto fa da poggio a chi gli succede.
Dal punto di vista comune sono indubbiamente dei pazzi; ma solo chi è disposto a sacrificare anche sé stesso può cambiare il mondo. Solo grazie al loro sacrificio, al loro folle avanzare l’umanità ha modo di proseguire.
In questo non sono dissimili dai tipici eroi shōnen, caratterizzati dal loro coraggio e cieca determinazione di fronte al pericolo. Ne sono però un approccio più realistico, e pertanto forse più efficace.
Per quanto marcia possa diventare l’umanità in Attack on Titan, l’ideale del Corpo di Ricerca rimane un faro di speranza per sognare un futuro migliore. Dopotutto, chiunque si spinga di sua libera scelta finanzi all’inferno lo fa perché vede un altro mondo oltre l’abisso.
La loro tenacia in fronte alla morte è uno degli elementi che trattiene Attack on Titan dal diventare una storia cupamente nichilista e arrendevole, un’altra delle tante invettive contro la debolezza umana. Grazie a loro lo si può definire per davvero un mondo in tutti i sensi equiparabile al nostro, perché per quante tragedie ci siano state e ci siano ancora, ogni piccolo passo porta l’umanità sempre più vicina a un ideale; uno che forse non raggiungerà mai, ma che può spingere al progresso l’intera specie.
Tanto contro i giganti tanto quanto nell’opporsi alla società tutta, la vittoria sembra più che impossibile, e il fallimento può gettare sempre più nel baratro. Ma, volendo ancora una volta citare lo stesso manga, perché scoraggiarsi di fronte all’ennesimo ostacolo, non importa quanto superiore ai precedenti? D’altronde, il Corpo di Ricerca non ha mai conosciuto nient’altro che sconfitte.
Andrea Loriga