John Dewey è un importante pensatore nell’ambito della pedagogia contemporanea. In questo articolo descriviamo la sua vita e illustriamo gli aspetti più importanti del suo pensiero.
Indice dell'articolo
La vita di John Dewey
John Dewey nasce nel 1859 nel Vermont, Stati Uniti, e lì frequenta i corsi di filosofia all’università. Poi, studia a Baltimora, dove affronta sia la filosofia hegeliana sia il pensiero dei fondatori del pragmatismo, Peirce e James. Così, intraprende l’insegnamento presso varie università e fonda nel 1896 la scuola-laboratorio di Chicago. Quindi, fiorisce la “Scuola di Chicago” basata sui principi dello strumentalismo. Tuttavia, il pensatore scrive anche di arte, metafisica, estetica, logica ed etica.
Poi, dopo numerosi viaggi in Asia e Africa, tenta anche la strada politica. Infatti, propone un partito ispirato ad alcune idee del socialismo sovietico. Ma questo progetto fallisce. Così, John Dewey continua la sua attività di educatore fino alla morte, nel 1952.
Cornice storica
La cornice storica è di arricchimento e sviluppo culturale per il suo Paese. Infatti, John Dewey studia dopo la guerra civile americana. Dunque, all’antischiavismo, il diritto di voto esteso a schiavi e donne, l’immigrazione e l’industrializzazione sono alcuni aspetti di tale sviluppo. Perciò, questo clima favorisce una cultura inclusiva e con ideali democratici. Così, inizia una fase di riflessione sulle generazioni future e la loro educazione, con il ripensamento delle regole classiche dell’insegnamento.
Ma un altro tassello importante è il darwinismo. Infatti, Charles Darwin è ancora in vita quando Dewey insegna. In effetti, le teorie sull’evoluzione della specie già catturano l’attenzione degli studiosi. In sintesi, la teoria sull’evoluzione di Darwin orienta l’idea che il progresso della società umana somiglia ai cambiamenti naturali. Perciò, la storia dell’uomo è un percorso costellato da fallimenti e successi, proprio come l’evoluzione naturale. Quindi, ciò che caratterizza il cambiamento sia in natura sia nella società sono i tentativi.
La distanza da Hegel e la vicinanza a Darwin
Dunque, John Dewey ha un debito verso Hegel che studia da giovane. Ma egli va oltre Hegel e nega la necessità e razionalità assoluta alla base di tale pensiero. Infatti, Dewey è più vicino a Darwin e crede che la base del reale è un processo di aggiustamenti. In effetti, la vita degli uomini come quella degli altri esseri viventi è interazione perpetua tra organismo e ambiente. In sintesi, il suo punto di partenza diviene l’empirismo inglese che contempla un’esperienza “grezza” tipica delle menti infantili.
Quindi, il pensatore sostiene che l’errore di certa filosofia consiste nell’oblio dell’idea che l’incertezza è la base della realtà. Dunque, la fallacia moralistica o filosofica è la credenza che i valori hanno esistenza ontologica ed eterna. Insomma, John Dewey afferma come Hegel un movimento storico dettato dallo Spirito. Tuttavia, interpreta tale movimento come un insieme di credenze che ha una propria formazione e che deriva dall’abitudine e dalla tradizione.
Invece, un elemento nuovo della sua proposta è l’interdisciplinarietà. Infatti, l’idealismo hegeliano pone una scala gerarchica dei diversi ambiti del sapere e conferisce un ruolo principale alla filosofia. Al contrario, l’interdisciplinarietà di Dewey pone tutte le forme di conoscenza sullo stesso piano.
John Dewey: filosofo o pedagogista?
Ma egli va anche oltre la semplice proposizione e delinea una ricostruzione storico-pedagica sul perché certi campi del sapere hanno perso importanza in alcune fasi storiche. Così, individua tre fasi nella storia della pedagogia e descrive perché il suo metodo è preferibile. Dunque, la prima fase, dell’antichità, contempla un ideale umano di perfezione indicato o dallo Stato o dalla religione. Così, secondo questo modello, l’educatore indirizza gli allievi verso tale ideale. Al contrario, nel 1700 emerge l’idea dell’individuo contro le imposizioni della società e questa è la seconda fase. Tuttavia, vi è anche l’idea di una natura identica in tutti gli individui. Così, l’educatore riporta ogni individuo a questa condizione di indifferenza e staticità. Infine, vi è la filosofia democratica, che garantisce tanto la libertà dei singoli tanto la partecipazione volontaria di tutti al miglioramento della società, ed è la terza fase.
Dunque, è presente in questa ricostruzione una critica al modello platonico della società, che concerne la prima fase. Ma tale critica riguarda più che la natura filosofica le sue conclusioni. Infatti, questo modello pone una separazione tra conoscenza intellettuale di filosofi e politici, e lavoro fisico degli schiavi. Cioè, tale visione scinde la conoscenza fine a se stessa e le necessità pratiche della vita. Invece, per Dewey la conoscenza è tale solo con l’elemento esperienziale che deriva dal lavoro pratico.
Psicologia e sociologia
Come Dewey afferma in Il mio credo pedagogico, la scuola prepara ogni studente al futuro. Dunque, il pensatore accantona l’idea che l’insegnante riempie di informazioni la mente dello studente. Invece, questi fornisce agli studenti la “cassetta degli attrezzi” per affrontare la società. Difatti, dato che la società è in continuo mutamento, il mondo degli studenti è diverso da quello conosciuto dall’insegnante. Quest’ultimo appartiene al passato, mentre il mondo subisce trasformazioni continue. Perciò gli studenti, in quanto abitanti di un mondo futuro, vanno preparati a questa realtà, non quella dell’insegnante. Dunque, l’educatore opera tra psicologia e sociologia e indirizza gli alunni in questa direzione.
Infatti, per Dewey, l’insegnante presta attenzione a cosa suscita l’interesse dello studente. Così, comprende lo stato di sviluppo raggiunto e le sue predisposizioni proprio da questi segnali. Pertanto, gli interessi di uno studente vanno alimentati e in ciò consiste l’aspetto psicologico del suo lavoro. Inoltre, l’educazione garantisce il progresso dell’azione sociale. Infatti, la consapevolezza sociale è uno strumento più potente di qualsiasi legge o pena in quanto ogni individuo tende grazie a essa ad agire a beneficio della società.
Comunque, lo studio delle scienze resta un requisito essenziale. Però, il ruolo educativo delle scienze riguarda la capacità di interpretare e controllare l’esperienza acquisita. Cioè, esse illustrano i fattori già impliciti nell’esperienza compiuta dagli studenti e ne facilitano la comprensione. In sintesi, l’educazione ha i tratti di una continua ricostruzione del momento esperienziale.
Outdoor Education
Un altro aspetto presente nel pensiero di John Dewey è l’importanza del luogo nel quale avviene l’educazione. In effetti, ciò che caratterizza ancora oggi un ambiente scolastico è la presenza di edifici asettici. Inoltre, piuttosto comune è il problema delle “classi pollaio“, cioè quando il numero reale di alunni eccede quello ideale. Infatti, il nome stesso sottolinea la somiglianza con luoghi adibiti all’allevamento intensivo.
Ma John Dewey afferma la negatività di ambienti simili in quanto non permettono agli individui di compiere esperienze ed inibiscono il vissuto personale. Infatti, ogni individuo esperisce la realtà in modo differente e proprio questo permette la crescita individuale di ognuno. Inoltre, l’esperienza vissuta in prima persona aiuta a comprendere l’importanza dell’ambiente nel quale l’uomo vive. Perciò, le sensazioni hanno lo stesso valore conoscitivo dei ragionamenti e hanno bisogno di stimoli. Perciò, l’approccio indicato da Dewey è noto come Outdoor Education, “Educazione all’aperto”. In effetti, oggi consideriamo questo approccio come positivo per le qualità che esso possiede e che Dewey descrive.
La crescenza e lo strumentalismo
«La continuità della vita vuol dire un continuo riadattamento all’ambiente come necessità degli organismi viventi […] Usiamo la parola “Vita” per indicare l’intero complesso esperienziale. […] Noi parliamo in questo modo della vita riguardo a tribù selvagge, le genti dell’Antica Atene, della nazione Americana. “Vita” include istituzioni, usi, credenze, vittorie e sconfitte, occupazioni e rifondazioni.»
Dunque, John Dewey formula il concetto di “crescenza” con cui esprime l’idea di vita come complesso esperienziale. Perciò, secondo questa visione la personalità deriva dalla crescita di ogni individuo. Ma tale crescita non è un fenomeno passivo. Al contrario, le abitudini e le capacità costruiscono in modo attivo la personalità di ognuno. Difatti, l’uomo si trasforma a causa dell’adeguamento a compiti e problemi che la vita e l’ambiente gli presentano di volta in volta e che stimolano al cambiamento. Perciò, l’uomo non tende verso un ideale statico ma vi è una continua ricerca di forme che la vita tenta di assumere. Dunque, la “crescenza” non avviene tramite una conoscenza esclusivamente teorica, in quanto quest’ultima nasce sempre da problemi pratici. Infatti, l’uomo abbandona ogni teoria quando queste non tornano utili alla risoluzione dei problemi.
In sintesi, tale prospettiva capovolge l’idea di superiorità della teoria, riducendo questa a strumento prodotto con lo stesso obiettivo della pratica, cioè la risoluzione di problemi quotidiani. Dunque, questa visione prende il nome di “strumentalismo“.
John Dewey: strumentalismo o pragmatismo?
Abbiamo accennato al debito che tali idee hanno nei confronti di pensatori quali Peirce e James. Infatti, questi ultimi fondano quel movimento filosofico-psicologico noto come pragmatismo. Dal greco pragma, “fatto concreto”, esso afferma il primato di un comportamento rivolto a un fine concreto rispetto alla teoria astratta. In sintesi, tale posizione deriva dalla convinzione che la teoria segue il rapporto dell’individuo con l’ambiente.
Dewey e pragmatismo hanno un legame forte, per questo il pensatore statunitense rientra all’interno di questa dottrina. Tuttavia, il suo elemento di novità è proprio l’elaborazione di una pedagogia modellata su questi presupposti. Dunque, il pensiero di John Dewey è noto anche come “pragmatismo strumentalistico“. Infatti, l’obiettivo primo è garantire l’autonomia mentale di chi agisce nel mondo.
«In molti casi – troppi casi – le azioni dei bambini vengono indirizzate con l’unica finalità di renderle utili. Ma questo corrisponde all’educazione di un animale piuttosto che di un essere umano. I suoi istinti restano attaccati ai suoi primordiali oggetti di pena o piacere. Ma per ottenere la felicità o nascondere il dolore del fallimento agisce in un modo che accontenta altre persone. In un orizzonte diverso, egli partecipa davvero all’attività comune. In questo caso, il suo impulso originario è stato modificato.»
L’importanza del gioco
Tra le attività pratiche, John Dewey include il gioco del bambino. In effetti, lavoro e gioco sembrano differire. Infatti, il lavoro ha uno scopo, mentre il gioco soddisfa il divertimento. Ma per Dewey il gioco è costruzione e sperimentazione. Cioè, anche in esso vi è una finalità seria e costruttiva da raggiungere. In effetti, in qualsiasi gioco il bambino osserva le conseguenze di un evento. Dunque, la crescenza di ognuno ha un grande debito verso quelle azioni che chiamiamo “gioco”. Perciò, Dewey ritiene necessaria la conoscenza di lavori ritenuti marginali come giardinaggio, cucina e tessitura. Infatti, il primo apre la riflessione alle scienze naturali, il secondo sull’aspetto chimico delle sostanze, e il terzo sullo sviluppo storico del lavoro umano e sull’evoluzione tecnica.
Educazione e democrazia secondo John Dewey
Per John Dewey, lo Stato ideale garantisce la vita sociale in quanto partecipazione intelligente di ognuno. Ma solo l’educazione permette tale condizione. Dunque, l’insegnante ha un compito importante, che travalica la singola istruzione. Infatti, il valore del suo ruolo consiste nella formazione alla giusta vita sociale. Perciò, la scuola descritta da Dewey è un luogo aperto e uguale per tutti. Inoltre, per lo stesso motivo, anche l’allievo non agisce come singolo, ma in un clima di operosità collettiva.
Infine, l’insegnante presenta le discipline scolastiche non come entità contrapposte all’uomo, ma come strumento per il miglioramento della vita. Infatti, solo questo tipo di istruzione accresce le capacità e aiuta la liberazione da un potere che impoverisce lo spirito. In sintesi, la filosofia democratica abitua le menti al mutamento incessante e garantisce a ognuno la propria azione nel mondo. Perciò, l’educazione è la via per la democrazia.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
E. Frauenfelder, G. Graziussi, P. Orefice, Orientamenti e problemi della pedagogia contemporanea, a cura di V. Sarracino, Loffredo, Napoli.
Sitografia
J. Dewey, Democracy and Education, Simon e Schuster, 1997.
The John Dewey Home Movies: il video del museo dell’Educazione della Carolina del sud, con scene girate tra 1925 e 1950, che espone per immagini le idee di John Dewey, che compare in alcune scene.
Nota: l’immagine di copertina dell’articolo è ripresa da: https://commons.wikimedia.org/