Il Fedone è un dialogo platonico nel quale troviamo la descrizione delle ultime ore di vita di Socrate. In questo testo di Platone, il suo maestro parla coi suoi amici più fedeli e riflette coi presenti sull’immortalità dell’anima. Nel seguente articolo analizziamo questo interessante testo filosofico.
Indice dell'articolo
Posizione del Fedone nel corpus platonico
Il Fedone è il quarto dialogo di Platone nell’ordine stabilito dal filosofo platonico Trasillo. Dunque, si tratta di un testo che chiude la prima tetralogia. In effetti, le vicende descritte nel Fedone da un punto di vista cronologico sono successive a quelle dei tre dialoghi che lo precedono.
Apre la tetralogia L’Eutifrone, in cui troviamo l’annuncio della chiamata in tribunale da parte di Socrate. Poi, segue L’Apologia, nella quale ha luogo la condanna a morte dell’anziano ateniese. Dipoi, abbiamo Il Critone, nel quale Socrate trascorre i suoi giorni in prigione in attesa dell’esecuzione. Dunque, Il Fedone completa la narrazione sulla morte del filosofo che scorre per tutti e quattro i dialoghi. Infatti, è in questo testo che Platone racconta di come il suo maestro beve il veleno della cicuta.
Chi è Fedone?
Comunque, a differenza dell’Eutifrone e del Critone, Il Fedone è un testo corale. Infatti, vediamo più personaggi in scena, sia parenti come la moglie Santippe sia amici di Socrate. Ma interlocutori principali sono Simmia e Cebete. Poi, oltre a loro, Critone e Fedone, più altri personaggi solo nominati.
In effetti, Critone e Fedone hanno un ruolo marginale nella discussione rispetto a Simmia e Cebete che avanzano delle tesi contrarie a quelle di Socrate e permettono così lo svolgimento del dialogo. Anche se Critone pone qualche domanda a Socrate, esse sono poco importanti. Difatti, Critone ha già ricevuto spazio nel dialogo che porta il suo nome. Invece, Fedone non pone questioni. Ma è comunque un personaggio importante, in quanto apre il dialogo col ricordo dei fatti che racconta. Infatti, è lui che narra questi eventi anni dopo il loro accadimento.
Ma chi è Fedone? Racconta Diogene Laerzio che a seguito della sconfitta militare della città di Elide, Fedone, che ne è un abitante, passa nelle mani di un mercante di schiavi ateniese. Inoltre, siccome è giovane e bello, diviene un prostituto. Ma Socrate e altri suoi amici riescono a liberarlo. Perciò, il giovane riceve da loro l’istruzione filosofica. Così, secondo Diogene Laerzio e Seneca, egli scrive vari testi di filosofia. Inoltre, inaugura nella sua città natale una scuola socratica, proprio come Platone.
La circostanza descritta nel Fedone
Innanzitutto, il testo presenta i fatti come un ricordo di Fedone. Infatti, questi incontra Echecrate che gli chiede se lui era con Socrate nel suo ultimo giorno di vita. Perciò, Fedone annuisce e inizia la narrazione. Così, spiega che Socrate attende diversi giorni tra la sentenza di morte e lo sconto della pena capitale, in quanto ad Atene avvengono proprio in quei giorni delle celebrazioni. Infatti, poco prima della sentenza parte dal porto della città una nave che raggiunge Delo, la quale simboleggia l’imbarcazione con cui secondo il mito parte Teseo per uccidere il minotauro. Dunque, vige il divieto per l’esecuzione di pene di quel tipo finché la nave fa ritorno. Ma nonostante questa circostanza, Socrate è impassibile e sereno, tanto che provoca lo stupore di tutti.
In effetti, gli studiosi evidenziano una possibile incongruenza tra i dialoghi platonici. Infatti, nel Critone si sa che la nave è di ritorno già tre giorni prima dell’effettivo ritorno. Invece, nel Fedone la notizia arriva solo quando la nave ormeggia nel porto di Atene la sera prima della condanna di Socrate. Perciò, la spiegazione è perlopiù che i tre giorni descritti nel Critone svolgono un ruolo utile alla narrazione.
Comunque, un altro elemento curioso della vicenda narrata è l’assenza di Platone. In effetti, Platone manca in molti eventi dei suoi dialoghi. Tuttavia, questa è una circostanza importante che segna la morte del maestro. Inoltre, il dialogo stesso ne evidenzia l’assenza. Infatti, Echecrate chiede l’elenco delle persone presenti. Così, Fedone sottolinea che Platone manca, forse perché malato. Dunque, come mai Platone, che scrive il dialogo, sottolinea questo punto? In effetti, secondo Giovanni Reale, l’intenzione è la presentazione di un racconto piuttosto che la descrizione di fatti reali. Cioè, ciò giustifica che Socrate dice cose che appartengono al pensiero di Platone.
Socrate: poesia e religione
Dunque, quando gli amici di Socrate giungono nella cella, l’anziano ateniese chiede l’allontanamento di sua moglie, la quale scoppia in lacrime alla loro vista. Poi, gli amici gli chiedono come mai egli scrive delle poesie in quei suoi ultimi giorni, cosa che non ha mai fatto prima. Così, Socrate spiega che da sempre sogna una voce che lo incita nella composizione e pratica musicale. Ma fino ad allora egli riteneva che la filosofia è la musica del sogno. Invece, ora ha il dubbio che il sogno vuole suggerire proprio la pratica poetico-musicale. Così, prova questa arte e musica varie storie di Esopo, quelle che ricorda a memoria. Ma prima di queste, compone anche un carme ad Apollo.
Gli amici di Socrate aprono questo argomento perché riferiscono che il poeta Eveno ne vuole conoscere il motivo. Così Socrate, dopo questa spiegazione, lascia loro un messaggio per Evenio. Cioè che, se egli è saggio, lo deve seguire al più presto nella morte. Ma questo lascia sbalorditi i suoi amici, che non capiscono perché un filosofo che condanna chi fa violenza contro se stesso al contempo incita alla morte qualcun altro. Dunque, Socrate ricorda quello che affermano le religioni misteriche. Cioè, che gli uomini sono in custodia delle divinità. Dunque, è male porre fine alla propria vita perché, in quanto possesso degli dei, priviamo questi di qualcosa che gli appartiene. Ma se essi indicano che l’ora è giunta, allora è lecito.
Il filosofo desidera la morte
Tuttavia, Cebete ignora perché il filosofo, come dice Socrate, desidera l’incontro con la morte. Innanzitutto, Socrate afferma che spera di andare incontro a divinità buone e uomini di valore del passato. Infatti, se non credesse questo, di certo sarebbe meno felice a questa idea. Dunque, egli spiega perché un uomo come lui che ha dedicato tutta la vita alla filosofia crede in cose come queste. Infatti, il vero fine di una vita filosofica è proprio la preparazione alla morte. Perciò egli è sereno anche in quelle sue ultime ore di vita. Infatti, è un controsenso se in un momento del genere demolisce il lavoro di una vita.
Ma cosa è la morte? In effetti, noi definiamo tale la separazione di corpo e anima. Ma è proprio questo che ogni filosofo tenta nel corso della vita. Infatti, la liberazione dal corpo è un allontanamento da quei sensi che offuscano il ragionamento. Dunque, il filosofo tenta il raggiungimento della conoscenza avulso dagli inganni dei sensi. Ma siccome l’uomo non raggiunge tale condizione fintanto che è vivo, o non la raggiunge mai oppure la raggiunge solo dopo la morte.
Ma perché la maggior parte delle persone teme la morte? Risponde Socrate che ciò trova spiegazione nella credenza che la morte è un grande male. Invece, le religioni misteriche affermano il contrario. Però, esse affermano anche che solo gli uomini compiono rituali di purificazione e trovano una condizione post-mortem ottimale. Ma queste purificazioni per Socrate corrispondono alla pratica filosofica.
Immortalità dell’anima
Così, Cebete solleva un’altra questione. Cioè, se l’anima è per davvero immortale oppure no. Dunque, Socrate afferma che la risposta va trovata con una ricerca generale sul mondo non focalizzata solo sull’uomo. Così, se osserviamo il mondo, vediamo che sono sempre presenti coppie di contrari in cui un elemento genera il suo opposto e viceversa. Perciò, anche la morte e la vita, che sono contrari, seguono lo stesso processo. Dunque, dai morti derivano le anime di chi vive, e i vivi dopo la morte persistono in quanto anime. Così, Simmia trova una risposta a un’altra vecchia affermazione di Socrate. Cioè, che l’apprendimento è reminiscenza. Infatti, solo se l’anima deriva da un altro posto ricorda qualcosa di passato. In effetti, questi sono temi che troviamo in altri dialoghi platonici e argomentati da Socrate, come La Repubblica.
Tuttavia, Simmia è insoddisfatto delle risposte di Socrate. Infatti, ritiene che resti irrisolta la dimostrazione alla questione se l’anima esiste ancora dopo la morte. Cioè, l’argomentazione della reminiscenza mostra solo che l’anima esiste prima della nascita. Dunque, Socrate distingue tra due realtà. Cioè, quella delle cose sempre soggette a mutamento e quella delle cose che rimangono sempre identiche. Tra queste ultime troviamo qualsiasi cosa che è in sé, come il bello in sé. Ma queste cose le coglie solo la mente. Dunque, l’anima rientra in questo insieme. Invece, il corpo in quello delle cose mutevoli. Perciò l’anima, una volta separata dal corpo, è immutabile. Inoltre, più l’anima si prepara alla morte ed è lontana dalle cose corporali, più purifica se stessa e raggiunge dopo la morte l’incorruttibilità. Invece, nel caso contrario, l’anima resta anche dopo la morte vicina al mondo del mutevole.
I dubbi di Simmia e Cebete
Dunque, le anime inquiete che errano nel nostro mondo sono quelle degli uomini impuri. Cioè, chi in vita unifica ciò che prova l’anima con le sue passioni produce l’impurità della propria anima. Invece, colui che pratica il ragionamento la libera da questa prigionia. Anche se questa argomentazione sembra completare il ragionamento di Socrate, Simmia e Cebete avanzano altre due questioni che rinfocolano la discussione.
Innanzitutto Simmia afferma che l’anima, come del resto sembra suggerire Socrate, è un’armonia. Dunque, come l’armonia di uno strumento musicale finisce quando esso va distrutto, anche l’anima va persa col corpo. Poi, Cebete ritorna sulla questione posta da Simmia. Cioè, la dimostrazione che l’anima continua a esistere dopo la morte è ancora assente. Così, Cebete avanza l’ipotesi che magari l’anima persiste e rinasce in altre vite. Ma che, a un certo punto, questo ciclo finisce. Dunque, l’anima può essere mortale in ogni caso.
Così, Socrate ricorda agli amici che è sbagliato l’abbandono di ragionamenti esatti per altri che lo sembrano soltanto. Dunque, chiede a Simmia quale ragionamento è più esatto, quello della reminiscenza o quello dell’armonia. Perciò, Simmia indica il primo, frutto di ragionamento logico, dato che il secondo è solo un paragone. Infatti, l’armonia non precede lo strumento che lo compone. Dunque, le due visioni non trovano affinità. In effetti, se l’anima è armonia, dipende dal suo strumento, cioè il corpo. Ma in precedenza Socrate dimostra come al contrario il corpo dipende dall’anima.
Invece, riguardo l’obiezione di Cebete, Socrate compie una lunga digressione in cui descrive come non trova risposta in nessun filosofo. Così, ha costruito da se una risposta. Cioè, l’anima non è la vita, ma ciò che reca vita nel corpo. Invece, il contrario della vita è la morte. Dunque, l’anima non può accogliere ciò che è il contrario della vita.
Conclusione
Così, conclude Socrate, se l’anima è immortale, e se immortale e incorruttibile corrispondono, allora l’anima è incorruttibile. Dunque, questo è l’ultimo ragionamento del dialogo. Dopodiché, il filosofo descrive come le religioni misteriche descrivono il mondo dei morti e ripone la questione se è lecito credere o meno a queste storie, e protende per il sì. Poi, chiede ai suoi amici di aver cura di loro stessi, perché questo è il modo migliore per onorare la memoria dei suoi insegnamenti. Così, beve il veleno di cicuta e pronuncia la famosa frase “Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio“. Infine, il dialogo si chiude con la sua morte.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
Platone, Tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Bompiani 2000.
Sitografia
Lettura del Fedone sul canale youtube di Valter Zanardi: https://www.youtube.com/watch?v=DMd9Pm6zJS4
Nota: l’immagine di copertina è ripresa da Picryl.com