Alcibiade e Socrate sono due personaggi ricorrenti nei dialoghi platonici. Ma cosa sappiamo di loro, e come mai Alcibiade è così presente nel corpus platonico? In questo articolo proviamo a dare una risposta e illustriamo un dialogo in cui troviamo i due personaggi: L’Alcibiade minore.
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Alcibiade e Socrate personaggi storici
Innanzitutto, Alcibiade e Socrate sono due personaggi storici che vivono ad Atene nel IV a.C. In effetti, tra i due vi è una differenza di età di circa vent’anni. Dunque, quando Socrate nei dialoghi platonici possiede circa settant’anni, Alcibiade ne ha cinquanta. Inoltre, sono entrambi cittadini liberi in quanto figli di ateniesi.
Alcibiade è figlio di Clinia, politico e militare, ruolo che assume a sua volta. In effetti, gli storici riflettono su quanto Alcibiade ha determinato con le sue azioni la storia di Atene e di tutta la Grecia. Infatti, dopo la pace di Nicia tra Atene e Sparta, Alcibiade ambisce al contrario a un’espansione della sua città. Così, con retorica astuta, mette in cattiva luce l’ambasciata spartana. Poi, convince l’aristocrazia ateniese nell’assedio di Siracusa e delle città alleate per la conquista della Sicilia.
Tuttavia, nonostante la partenza di Alcibiade con una flotta per l’epoca di vaste dimensioni, poco tempo dopo lo raggiunge una nave Ateniese che lo incita al ritorno. Infatti, qualcuno ha compiuto un sacrilegio in città poco prima della sua partenza. Cioè, la distruzione di tutte le erme sacre, quelle di cui lo stesso Platone parla nel dialogo Il Cratilo. Quindi, Alcibiade risulta nella lista dei sospettati. Ma l’Ateniese intuisce che questa storia è una scusa per incastrarlo. Così, fugge a Sparta e convince gli Spartani nel suo aiuto per la sconfitta di Atene. In effetti, egli si presenta come vicino alle posizioni oligarchiche spartane e nemico della nuova democrazia ateniese. Così, riesce nell’intento e consiglia in modo esatto gli Spartani in varie azioni belliche.
Tuttavia, scopre una congiura contro di lui e fugge presso l’impero persiano. Quindi, cambia bandiera più volte tra Atene, Sparta e Persia, fino alla morte che sopraggiunge in circostanze tuttora poco chiare.
Alcibiade e Socrate amanti
Dunque, l’importanza nelle vicende storico-politiche della Grecia ci garantisce una buona conoscenza della vita pubblica di Alcibiade, oltre che quella di Socrate. Ma i dialoghi platonici sembrano volerci fornire uno spaccato su quella che è la vita privata di queste due figure storiche. Infatti, leggiamo in modo esplicito dell’amore che Socrate nutre per Alcibiade, e anche dell’attrazione che Alcibiade ha per Socrate.
In effetti, l’amore tra questi due personaggi non suona impossibile nella loro società. Infatti, è noto che i Greci praticavano la pederastia, cioè l’amore per i ragazzi non più bambini e non ancora adulti. Se essa trova descrizione già nei poemi omerici, ad Atene nel periodo classico essa è scandita da alcune regole precise. Cioè, ad esempio, il giovane non supera l’età di 21 anni, e dopo quella data è lui a poter cercare un giovane.
Tuttavia, i dialoghi platonici non accennano mai a una consumazione di tipo sessuale tra Alcibiade e Socrate. Invece, nel Simposio leggiamo che Alcibiade, anche se si è concesso a Socrate, non è stato ricambiato, ed egli stesso spiega il perché.
«Sappiate che a lui non importa nulla se uno è bello e ne fa così poco conto quanto nessun altro, né gli interessa se è ricco o se ha un altro titolo di quelli che, per la gente, portano alla felicità. Ritiene di ben poco conto tutti questi beni, e che noi, vi assicuro, non siamo nulla e passa la sua vita ostentando candore e scherzando.»
In realtà, se leggiamo ad esempio Il Liside, ci rendiamo conto che anche Socrate non è indifferente alla bellezza fisica. Infatti, proprio il giovane Liside gli provoca un iniziale sentimento di timidezza per via del suo aspetto. Tuttavia, anche in questo dialogo Socrate esamina la bellezza interiore del fanciullo attraverso domande e riflessioni. Cioè, egli va oltre l’aspetto esteriore e, come afferma allo stesso Liside, è più importante occuparsi dell’anima che del corpo. Insomma, come racconta Alcibiade, ciò che caratterizza il rapporto di Socrate con la sfera erotica è la totale assenza del rapporto fisico.
Alcibiade e Socrate nei dialoghi platonici
Ma quanto c’è di vero nei dialoghi platonici? Cioè, il rapporto tra Alcibiade e Socrate ha davvero avuto luogo come lo descrive Platone? In effetti, una risposta univoca su ciò non esiste. Difatti, la fonte principale sull’argomento è proprio Platone, poiché non abbiamo notizie prima di questi dialoghi, e gli scrittori successivi fanno chiaro riferimento alle informazioni riportate da Platone.
Alcibiade e Socrate di certo si conoscono, dato che gli aristocratici di Atene, in non grande numero, tendono a conoscersi tutti nel periodo classico. In effetti entrambi, secondo le fonti, ritengono loro antenati uomini leggendari. Infatti, la famiglia di Socrate vanta le proprie origini da Dedalo, il mitico costruttore del labirinto del minotauro. Invece, Alcibiade si ritiene discendente di Aiace Telamonio da parte di padre, uno dei più valorosi condottieri Greci dell’Iliade. Poi, da parte di madre, da Nestore, altro importante personaggio del poema omerico. Tuttavia, tutto quello che conosciamo di Socrate lo dobbiamo a Platone in primis e poi ad altri studiosi che ci tramandano alcune sue notizie. Infatti, Socrate non realizza alcuno scritto di suo pugno.
Insomma, l’ipotesi principale è che la relazione tra Alcibiade e Socrate sia stata inventata, o perlomeno molto enfatizzata, da Platone. Ma perché il principale discepolo di Socrate scrive ciò? In effetti, grazie all’Apologia sappiamo che Socrate viene condannato a morte anche con l’accusa di corruzione dei giovani. Dunque, mostrare Socrate come un pederasta non interessato al corpo ma all’anima dei giovani, e descrivere un rapporto privilegiato d’amore quale quello con Alcibiade come leggiamo nel Gorgia e nel Protagora, sarebbe un modo per liberarlo dalla cattiva nomea che l’accusa gli conferisce.
Alcibiade minore: dialogo di Alcibiade e Socrate sulla preghiera
La prova che la relazione tra Alcibiade e Socrate è più un tòpos narrativo che un dato storico è confermata dall’Alcibiade minore. Questo dialogo, ritenuto a lungo di Platone, è oggi considerato spurio. Cioè, un dialogo scritto non da Platone ma da un autore successivo che, su modello dell’Alcibiade maggiore, ripropone un testo con protagonisti Alcibiade e Socrate.
Innanzitutto, Socrate vede Alcibiade che va verso il tempio di un dio per una preghiera. Così, l’anziano ateniese mette subito in guardia il giovane, gli fa notare che non sempre gli dei esaudiscono i desideri, e che a volte procurano sciagure anziché benefici. Tuttavia, Alcibiade afferma che solo i folli chiedono agli dei cose svantaggiose. Però Socrate nota che tutti gli uomini sono o assennati o dissennati, e che la maggior parte sono dissennati. In effetti, così come esistono tanti tipi di malati e in grado diverso, allo stesso modo ci sono tanti tipi di follia e di gradazione differente. Inoltre, coloro che possiedono più dissennatezza sono i folli, mentre quelli che ne possiedono di meno sono gli stupidi. Ma chi è l’assennato? Colui che pensa e fa quello che è meglio per lui.
Così, grazie alle parole di Socrate, Alcibiade giunge alla conclusione che l’ignoranza è il più grande dei mali per l’umanità, perché la spinge verso ciò che è dannoso. Ma Socrate lo frena, in quanto nota che in certi casi l’ignoranza è un bene, perché impedisce un dolore più grande. Infatti, ad esempio, Edipo soffre quando scopre che l’uomo che ha ucciso è il padre e che la donna con cui è andato a letto è la madre, mentre quando prima lo ignora non soffre.
Il sapiente e il politico
Poi, la domanda diviene chi è l’uomo sapiente. In effetti, chi conosce di equitazione o di pugilato, lo diciamo sapiente nell’arte che conosce. Ma al di fuori di essa egli non è sapiente. Perciò, dato che arcieri e altri soldati sono molto esperti nella difesa di una città con le armi, essi non possono essere coloro che governano perché non lo sanno fare. Dunque, come chi è malato è legato al medico, allo stesso modo tutti i cittadini devono legarsi al politico assennato. Ma quest’ultimo è tale non perché si fida dell’opinione della folla, dato che anche questa a sua volta agisce in quanto si fida dell’opinione. Insomma, il politico non deve essere “colui che sa molte cose ma tutte male”, bensì chi conosce per davvero il suo compito come il pilota che guida la nave.
Quindi, Socrate torna al punto di partenza del dialogo. Cioè, chiede cosa è meglio fare con le divinità, se accettare ciò che loro concedono o chiedere quello che si desidera. Però quest’ultima domanda confonde Alcibiade, il quale afferma di aver compreso solo una cosa. Cioè, che in quanto a ciò che si desidera ci vuole molta prudenza, per non rischiare di chiedere dei mali credendoli dei beni.
La preghiera ad Ammone
Così, Socrate racconta una storia che avvalora quest’ultima affermazione di Alcibiade. Cioè, che gli Spartani hanno vinto le ultime battaglie contro gli Ateniesi proprio in virtù delle loro preghiere assennate alle divinità. Perciò, gli Ateniesi mandano alcuni di loro presso il tempio di Ammone, per sapere dalla divinità perché questa è stata la sorte della guerra, nonostante i ricchi doni che gli Ateniesi hanno dato alle divinità. Così, la risposta del dio è che preferisce la devozione discreta degli Spartani ai sacrifici opulenti degli Ateniesi. Da ciò, Socrate conclude che agli dei interessano non i doni, ma la modalità con cui si esegue la preghiera. Inoltre, le anime di chi prega devono essere pie e giuste.
Così, Socrate conclude, per rispondere all’incertezza di Alcibiade di poco prima, che la cosa migliore per lui non è pregare, in quanto potrebbe farlo in modo sbagliato, ma essere giusto e calmo, e attendere l’arrivo di qualcuno che gli indicherà il giusto modo per pregare. Perciò, Alcibiade gli chiede chi è quest’uomo e quando arriverà. Dunque, Socrate dice che è colui che gli spiegherà come prendersi cura di sé. Quindi, Alcibiade vuole elevare Socrate a questo rango. Infine, Socrate lo accetta, in quanto, come afferma, lo vede come un dono che Alcibiade gli fa. E lui stesso vorrebbe “uscire vincitore su tutti gli altri amanti di Alcibiade”.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
C. Bearzot, Alcibiade, il leone della democrazia ateniese. Stratega, politico, avventuriero. Salerno editrice 2021.
Platone, Tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Bompiani 2000.
Sitografia
Per approfondire, leggi la voce Alcibiade nell’enciclopedia Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/alcibiade/
Intervista all’autrice del testo Alcibiade, il leone della democrazia ateniese. Stratega, politico, avventuriero, C. Bearzot, sul sito Letture.org: https://www.letture.org/alcibiade-il-leone-della-democrazia-ateniese-stratega-politico-avventuriero-cinzia-bearzot.
Nota: l’immagine di copertina è da Wikimedia Commons.