Il Carmide è un dialogo in cui Socrate e i suoi interlocutori riflettono sul concetto di σωφροσύνη – sophrosyne – traducibile come “saggezza” e “temperanza“. In questo articolo analizziamo le argomentazioni del dialogo, i personaggi in esso presenti e il concetto suddetto.
Indice dell'articolo
Posizione del Carmide nel corpus platonico
Gli studiosi ritengono che questo sia un dialogo giovanile di Platone. Cioè, uno dei primi testi che Platone scrive, il che lo rende forse più vicino al pensiero socratico rispetto ai dialoghi successivi, in cui il pensiero dell’autore si allontana da quello del maestro. In effetti, lo stile del dialogo mostra delle differenze rispetto a molti altri. Innanzitutto, la riflessione in esso presente non giunge a una conclusione e lascia la questione aperta, il che sembra vicino alla concezione della filosofia dell’anziano ateniese. Inoltre, a differenza di molti testi in cui Socrate e altri personaggi famosi o meno dialogano tra loro e il lettore assiste alla scena come ad una recita, qui abbiamo un’introduzione diversa. Cioè, l’intero dialogo è un racconto di Socrate in prima persona che narra l’intera vicenda.
Tuttavia, il filosofo neoplatonico Trasillo, che fornisce un ordine al corpus platonico, enumera questo dialogo come il diciottesimo. Inoltre, dato che raggruppa i dialoghi in insiemi da quattro, Il Carmide rientra nella quinta tetralogia. In effetti, possiamo individuare un filo rosso tra i quattro dialoghi di questa tetralogia, che sono Il Teage, Il Lachete e Il Liside. Cioè, tutti quanti affrontano come tema l’educazione dei giovani.
Chi è Carmide?
Innanzitutto, in questo dialogo oltre a Socrate ci sono altri tre personaggi principali. Cioè, Cherofonte, Crizia e Carmide. Dunque, come spesso capita nei dialoghi platonici, il nome del testo deriva da uno dei personaggi. In effetti, quando Socrate interloquisce con più di una persona, il nome del dialogo corrisponde spesso a quello di una delle più giovani, ad esempio nel Teeteto. Ciò stupisce poco, visto che il tema di questa tetralogia, e non solo, è l’educazione per i giovani, che Socrate impartisce con dialoghi in prima persona ad alcuni di loro.
Ma chi sono i tre personaggi principali di questo dialogo? Innanzitutto, Cherofonte è un personaggio storico, amico e discepolo del filosofo. Infatti, sappiamo che va in esilio da Atene sotto il regime dei Trenta Tiranni e ritorna dopo la sua caduta. Nei dialoghi platonici lo ritroviamo nel Gorgia e Socrate lo nomina nell’Apologia. Invece Crizia, anch’egli personaggio storico, è colui che diviene capo dei Trenta Tiranni e muore in battaglia contro Trasibulo, il quale ripristina la democrazia ad Atene. Inoltre, Crizia è un parente di Platone, in quanto suo padre è fratello del nonno materno del filosofo.
Infine, abbiamo Carmide. In effetti, anche lui è un parente di Platone, in qualità di zio materno. Inoltre, anche lui fa parte della congiura dei Trenta Tiranni e muore nella battaglia contro i democratici. Nel dialogo, egli è scelto come interlocutore principale in modo esplicito per via della sua bellezza, la fama, la nobiltà e l’attitudine alla poesia e alla filosofia. Inoltre, quello che il dialogo dimostra, è che Carmide possiede anche una forte temperanza. In effetti, questo è un dettaglio importante, se ricordiamo che ad esempio la conclusione del Filebo è che le persone temperanti sono le più felici.
La circostanza descritta nel Carmide
Dunque, il dialogo comincia con Socrate che racconta il suo ritorno dalla battaglia di Potidea, alla quale partecipa in prima persona. In effetti, di questa battaglia abbiamo informazioni anche nel Simposio. Infatti, grazie a questo ulteriore dialogo sappiamo che Socrate durante il combattimento salva la vita ad Alcibiade (l’immagine di copertina di questo articolo è una rappresentazione della vicenda). Difatti, la battaglia di Potidea è un evento storico importante. Potidea, città di mare sottomessa ad Atene, si ribella e trova alleanza con Corinto e il regno di Macedonia. Così, la battaglia vede la vittoria di Atene, che occupa per alcuni anni la città. Ma durante lo scontro muoiono circa 150 ateniesi. Inoltre, i costi dell’occupazione sono alti e nel frattempo scoppia anche un’epidemia.
Comunque, data l’assenza da Atene per via della battaglia, Socrate desidera rivedere i luoghi che frequenta. Perciò, raggiunge la palestra di Taurea, in quel momento piena di persone, perlopiù suoi conoscenti. Così, gli va incontro Cherofonte, il quale vuole tutti i ragguagli sulla battaglia, e gli indica un posto vicino a Crizia. Socrate risponde a tutte le domande che gli porgono. Poi, è lui che cambia argomento e domanda come procede la vita in città. Inoltre, chiede se tra i giovani c’è qualcuno che eccelle. Perciò, Crizia fa il nome di Carmide. Infatti, quando Socrate lo ha visto l’ultima volta era ancora un bambino. Ma Crizia gli anticipa che potrà giudicare la sua evoluzione, dato che è in procinto di entrare con altri giovani nella palestra.
La cura di Socrate per Carmide
Così Socrate, come tutti i presenti, ammette la bellezza del giovane. Tuttavia egli è insoddisfatto, in quanto vuole verificare se Carmide oltre al corpo possiede anche un’anima bella. Ma Crizia escogita uno stratagemma. Cioè, dato che il ragazzo aveva detto di avere un forte mal di testa, propone a Socrate di dire che egli è un medico che cura sintomi del genere. Quindi, Socrate afferma che il rimedio è un’erba. Tuttavia, può somministrarla solo dopo alcuni incantesimi. Così Carmide, che riconosce Socrate, accetta la sua proposta tra le risa.
Dunque, Socrate prosegue nella descrizione della cura. Infatti, afferma che l’ha imparata sul campo di battaglia da un medico discepolo del culto di Zalmosside, il quale secondo il mito è un uomo che diviene immortale. Infatti, il rimedio ai mali del corpo è la cura dell’anima. Ma questa cura avviene solo con determinati incantesimi. Cioè i bei discorsi che generano la temperanza, la quale cura tutto il corpo. Dunque, se Carmide possiede la temperanza, può già ricevere il farmaco. Invece, se non lo possiede, diviene importante compiere prima “l’incantesimo”.
Così, Socrate chiede a Carmide se secondo lui egli possiede la temperanza. Ma il giovane è in difficoltà. Infatti, se la risposta è no, allora ammette la sua imperfezione e in più sconfessa Crizia e tutti i presenti che lo credono temperante. Invece, se risponde sì, allora la sua è una risposta da arrogante. Dunque, Socrate escogita un sistema per una risposta obiettiva. Cioè, lo interroga sul significato della parola “temperanza”.
La sophrosyne
In effetti, il termine greco che troviamo in questo dialogo è σωφροσύνη. Detto termine è il composto di phren, “diaframma”, e sos, “sano”. Insomma, il termine stesso è un rimando a un suono vocale armonico. Omero usa questa parola nei suoi poemi e indica sia le emozioni sia le capacità intellettuali. In effetti, quando gli eroi diventano bersaglio degli dei, ciò avviene perché gli manca la sophrosyne. Cioè, la loro baldanzosità deriva dall’assenza di prudenza, morigeratezza e temperanza che la sophrosyne indica.
Quindi, la sophrosyne è un insieme di saggezza e temperanza. Lo studioso Giovanni Reale preferisce la traduzione di sophrosyne con temperanza, in quanto la saggezza è più una virtù che deriva dall’esperienza propria di chi è anziano. Perciò, è difficile che un giovane come Carmide possiede una virtù del genere. Tuttavia, il termine è di difficile traduzione in italiano proprio per il senso misto di cui è portatore.
Definizioni di saggezza/temperanza
Innanzitutto, la prima definizione che Carmide fornisce è quella di azioni ordinate e calme. Quindi, Socrate chiede se essa fa parte delle cose belle. Eppure, a scuola è meglio scrivere veloci anziché lenti, e vale anche per chi suona e lotta. Insomma, ci sono esempi che mostrano una vita non bella se domina la lentezza. Dunque, se la temperanza è bene, a quanto pare non coincide con la lentezza.
Così, Carmide individua una seconda definizione. Cioè, temperanza è ciò che provoca vergogna e spinge verso azioni che rientrano nel pudore. Tuttavia, Socrate nota che il pudore non è buono per coloro che hanno delle necessità. Quindi, se il pudore è sia buono sia non-buono, non va identificato con la temperanza, se questa è come si diceva una cosa buona.
Perciò, Carmide propone una terza definizione. Cioè, essa consiste nel “fare le cose che sono proprie“. Ma Socrate smonta questa idea. Infatti, ipotizza una città in cui ognuno agisce in questo modo. Dunque, ognuno produce per sé gli abiti e tutti gli oggetti che utilizza e non produce e commercia con gli altri.
L’intervento di Crizia
Ma ecco che interviene Crizia nella discussione per volontà di Socrate. Così, egli afferma che temperanza è conoscere se stessi, proprio come suggerisce l’oracolo di Delfi. Inoltre, per Crizia il monito dell’oracolo “sii temperante” e l’altro più famoso “conosci te stesso” equivalgono. Tuttavia su questo punto si aspetta il consenso di Socrate. Invece, egli afferma di esserne del tutto all’oscuro. Perciò, si chiede quale risultato realizza la temperanza in quanto conoscenza di sé. Infatti, l’architettura permette la realizzazione dei palazzi, la medicina la cura dei corpi, che sono tutte cose belle. Invece, cosa realizza la temperanza in quanto cura di sé?
Tuttavia, Crizia afferma che Socrate pone male l’argomento. Cioè, egli pone tutte le scienze come operanti alla stessa maniera. Ma non è così, infatti diversa è la produzione di un cerchio in matematica e un’altra la costruzione di una casa. Inoltre, la scienza ha una definizione. Cioè, è “scienza del pari e del dispari“. Dunque, che differenza c’è tra la temperanza e tutte le scienze? Dice Crizia che tutte le scienze sono “scienze di altro“. Cioè, studiano qualcosa che non sono loro stesse. Invece, la temperanza ha come oggetto di indagine se stessa. Quindi, Crizia afferma che la temperanza è scienza sia di se stessa che delle altre scienze.
Perciò, deduce Socrate, la temperanza è sia scienza di se stessa sia scienza dell’ignoranza. Infatti, per stabilire cosa conoscere e cosa no, deve in modo necessario possedere tale conoscenza.
Utilità della sofrosyne
Infine, resta la questione sull’utilità della sophrosyne. Infatti, dall’indagine compiuta, risulta che il temperante sa che possiede una determinata scienza oppure no. Tuttavia, non sa poi in cosa consiste quella determinata scienza. Però, ciò aiuta a riconoscere chi possiede conoscenza delle varie scienze e chi no. Ma questo a che giova? In effetti, le scienze utili sono quelle che permettono di discernere il bene e il male, come la medicina, che indica ciò che fa bene e ciò che fa male, o la corretta fabbricazione delle calzature. Invece, la temperanza sembra non svolgere questo scopo.
Così, l’analisi compiuta da Socrate e gli altri resta aperta, con la promessa di una conclusione futura. Infine, Carmide promette di continuare a dialogare con Socrate. Infatti, egli non sa a questo punto se possiede la temperanza oppure no. Ma proprio per questo, afferma è importante per lui ascoltare ancora l’anziano ateniese.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
Platone, Tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Bompiani 2000.
Sitografia
Commento del Carmide sul canale youtube della Fondazione Collegio San Gallo da parte di Franco Ferrari: https://www.youtube.com/watch?v=FVdXZN-zljo
Nota: l’immagine di copertina è ripresa da Wikipedia.org.