La Janara nasce dalla credenza contadina, principalmente del territorio beneventano, assumendo, nel corso dei secoli, sembianze sempre più realistiche e sopravvivendo nella memoria della tradizione popolare.
Janara: etimologia e leggenda
Giano bifronte
Il termine Janara viene comunemente ricondotto alla vasta gamma di leggende legate alla figura della strega. Diverse ipotesi forniscono notizie riguardanti l’etimologia della parola: janara potrebbe derivare da Giano, dio bifronte, raffigurato con due volti, in quanto ha la capacità di guardare il futuro e il passato; ma è anche il dio della porta (ianua), poiché può controllare chi entra e chi esce. Dunque, janara deriverebbe dalla sua capacità di entrare nelle abitazioni attraverso la porta di casa.
Una seconda tradizione farebbe derivare il termine da Dianara, ossia “seguace di Diana”; la spiegazione sarebbe l’evoluzione del nesso latino /di/ nella semiconsonante iniziale di janara. Diana era la dea delle selve, protettrice degli animali selvatici e delle donne, associata nella mitologia greca ad Artemide, dea della caccia e della Luna.
In epoca romana la città di Benevento (così come Napoli) praticava il culto di Iside, identificata con Ecate, dea degli inferi, e con Diana. Durante il processo alle streghe, molti testi delle deposizioni delle imputate riportano l’espressione “Gioco di Diana” per indicare il corteo delle streghe, meglio noto come sabba, in onore di Sabazio, o Bacco.
Secondo la leggenda, nelle notti tempestose e senza luna, quando il rumore della pioggia battente copre il silenzio dell’oscurità, giovani donne si cospargevano le ascelle o il petto di un magico unguento, preparato da loro stesse, e, in groppa alla granata (una scopa costruita con una saggina essiccata), spiccavano il volo, pronunciando la formula: “Unguento unguento, mandame a la noce di Benivento, supra acqua et supra ad vento et supra ad omne maltempo.”
La janara usciva di notte e assumeva sembianze incorporee, come il vento, penetrando nelle case sotto le porte o attraverso le finestre. L’attività preferita della janara era quella di ammatuntare (deformare) i bambini o esporli alle intemperie per farli ammalare. Secondo alcuni contadini, le janare si intrufolavano nelle stalle per cavalcare una giumenta e intrecciarle la criniera, segnando in questo modo il loro passaggio.
La janara era solita “saltare” sul petto dei dormienti, provocando una sensazione di oppressione durante il sonno. Le vecchiette ancora oggi associano questa impossibilità di respirare alle janare, dicendo: “sono le janare che ti premono”.
La tradizione popolare ha diffuso diverse usanze, che sopravvivono ancora oggi, per scacciare queste presenze: si era soliti porre fuori la porta una scopa o una sacca di sale, di modo che la janara, obbligata a contare tutti i fili della scopa o tutti i granelli di sale, colta dalle prime luci dell’alba, fuggiva senza accedere alla dimora. È evidente come la simbologia di questi oggetti sia passata nel folklore, attribuendo ad essi la funzione di rimedio contro il male: la scopa, fin dall’antico Egitto, aveva poteri magici, come quello benefico di spazzare via i guai; nelle credenze medievali, le streghe venivano rappresentate in groppa alla scopa per sottolineare il suo valore fallico, opponendo il potere maschile e fertile a quello femminile e sterile della janara. Il sale simboleggia la vita, ma ha anche la funzione di scacciare il malocchio per le sue proprietà cicatrizzanti e disinfettanti; infatti, si dice che il diavolo offre sempre pietanze senza sale.
Secondo alcuni cunti proprio attraverso il sale la janara poteva essere scoperta: con la frase magica “Janà vie’ pe’ sale” (Janara vieni per il sale) pronunciata durante la notte, irresistibilmente al mattino, la donna che era la janara, si sarebbe presentata per chiedere il sale.
Altri rimedi si vociferano per smauriciare (smascherare) l’identità della janara: si nascondeva una candela sotto una zuppiera, che veniva alzata quando si avvertiva la presenza della janara in casa, la quale si immobilizzava alla luce della candela e veniva afferrata per i capelli; la janara prometteva la protezione della famiglia per sette generazioni, se fosse stata liberata. Diffusa era l’usanza di porre una scopa al di fuori della Chiesa la notte di Natale, che avrebbe attirato la janara per fare la conta dei fili e in questo modo sarebbe stata identificata in pubblico.
Il raduno delle janare: il noce e la sua collocazione
Donne dall’aspetto comune, cosparse di unguento prodigioso, si lanciavano in volo per radunarsi ai piedi del noce di Benevento, concedendosi in rituali e sfrenate danze demoniache. Il termine greco Karyon, la cui radice Kar si trova nella parola Kara (testa), e si riferisce alla forma dei gherigli, che somiglia a quella del cervello umano. Inoltre, le noci posseggono proprietà curative, ad esempio come rimedio per l’epilessia, ma, allo stesso tempo, posso essere usate come ingredienti di veleni mortali.
Per la sua particolare struttura e morfologia, al noce vengono attribuite diverse fantasie e credenze popolari. Nella simbologia, il noce è l’albero fallico per eccellenza e la forma del suo frutto richiama quella dei testicoli. Per tale ragione, Plinio attribuisce alla noce “un’importanza sacrale nelle cerimonie nuziali”. Infatti, in epoca romana si effettuava la “sparsio nucum” in occasione della festa Cerealia e nelle cerimonie nuziali, durante le quali il giovane sposo usava gettare noci lungo la sua strada come auspicio di fecondità.
La collocazione del noce di Benevento, albero sacro a Giove, testimone dei riti orgiastici delle janare, resta ancora oggi un mistero. Si suppone che esso si trovi nei pressi dello Stretto di Barba, la cui vegetazione è bagnata dal fiume Sabato. Secondo altri, il noce si trovava in una località detta Voto, dai rituali effettuati dai Longobardi, i quali appendevano sotto il noce carcasse di animali e, in una sorta di torneo, dovevano strappare la pelle appesa all’albero e mangiarla.
Alcune testimonianze riferiscono che il noce fu tagliato da San Barbato, vescovo di Benevento, nel tentativo di mettere fine ai culti pagani praticati dai Longobardi, e al suo posto fece costruire la Chiesa di Santa Maria in Voto. Tuttavia, fonti letterarie riportano che l’albero rinacque magicamente lungo il Sabato, in un luogo chiamato Ripa delle Janare, continuando ad ospitare alle sue radici le pratiche magiche delle janare.
Testimonianze: i cunti del popolo
In paesi dove la leggenda fa ancora eco nella modernità, tante sono le storie che si raccontano sulle janare, e sono tali che è difficile stabilire fino a che punto la suggestione prevale sul raziocinio. Nei vicoli, le vecchie signore raccontano le storie che hanno udito da piccole, quasi bisbigliando, attente a non offendere qualche janara nei paraggi, mentre i contadini, all’imbrunire, ancora depongono la scopa fuori la stalla.
Le voci del passato narrano episodi che confondono e hanno del surreale…
Alla fine degli anni ’40, un bambino dormiva nel letto matrimoniale, tra i due genitori. Era nato da poche settimana e portava il fascione, per farlo crescere dritto, come era di usanza all’epoca. Il mattino seguente il bambino fu trovato sotto al letto con forti dolori allo stomaco. “Le janare gli avevano succhiato il liquido dallo stomaco”.
Una notte un marito si accorse che la moglie si era alzata dal letto e, seguendola, l’aveva sorpresa mentre si cospargeva il corpo con un unguento misterioso e la vide buttarsi nel vuoto dalla finestra, prendendo il volo. Resosi conto che la moglie era una janara, il marito sostituì l’unguento magico con un semplice olio. La janara si alzò di nuovo di notte e si cosparse il corpo con l’unguento, ma, invece di volare, precipitò a terra e morì.
Una notte una janara fece visita ad un neonato, praticando una misteriosa fattura. Il neonato piangeva inspiegabilmente, contorcendosi per il dolore. La madre, disperata, si rivolse ad un medico, il quale, trovò un ago conficcato nell’ombelico del bambino che, si dice, è il segno del malocchio.
Altre storie sono testimoniate dai ricordi di persone di altri tempi, alle quali si è cercato di dare delle spiegazioni “logiche”. Ad esempio, per alcuni, il volo delle janare era spiegato dall’uso che queste donne facevano di sostanze allucinogene. Si racconta che diverse donne sono morte precipitando misteriosamente dalla finestra della propria dimora, forse credendo di poter volare.
Se a qualche curioso venisse in mente di addentrarsi nei vicoli beneventani in cerca di racconti sulle janare, un consiglio: alzate le mani al cielo ed esclamate “oggi è sabato”, che la janara eviterà di visitare le vostre case stanotte, forse…
Giovannina Molaro
Bibliografia:
A.Palumbo – M.Ponticello, Misteri, segreti e storie insolite di Napoli, Newton Compton Editori
Sitografia:
http://www.prolococervinara.it/janari/
http://www.beneventogiornale.com/janare/barbato.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Janara