Indicati col kanji 鬼, gli Oni sono una categoria di demoni del folklore giapponese che, dal X° secolo, popolano l’arte, la letteratura e i manoscritti. Lo studioso Katsumi Tada indica gli Oni, i Kappa e i Tengu come “I Tre Grandi Yōkai del Giappone.” In questa prima parte, analizzeremo gli Oni.
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Gli Oni (鬼)
Questi demoni giapponesi possiedono artigli, capelli disordinati, due corna sulla testa, un terzo occhio sulla fronte di colore variabile: rosso, giallo, blu o verde. Generalmente, indossano solo un perizoma e sono armati di un bastone, utilizzato per torturare le loro vittime.
Agli albori, erano paragonati ai Kami – divinità shintoiste -, con la differenza che, a differenza di questi ultimi, non erano venerati, bensì temuti.
Secondo il folklore, vivevano nelle lande della morte e portavano i loro poteri magici nei vari villaggi nipponici.
Gli studiosi hanno supposto che gli Oni non erano altro che la visione che gli Yamato avessero degli abitanti del nord del Giappone: nello specifico, degli Ainu e Emishi, poiché ritenuti rozzi e barbari.
L’idea di demone malevolo nasce durante il periodo Heian influenzando il paese del Sol Levante.
I demoni giapponesi malefici vengono indicati col termine Mononoke ed i kanji utilizzati sono 物の怪 (cose misteriose). In origine, per il termine Mononoke, si utilizzavano i seguenti kanji 鬼の気, ovvero “Spirito degli Oni“.
Abitanti degli inferi, dimoravano nelle terre dell’inferno buddista col compito di punire le anime dannate ma, allo stesso tempo, venivano puniti a loro volta dagli Dei buddisti.
Un esempio sono i Quattro Re Celesti (protettori dei quattro punti cardinali), raffigurati nell’atto di calpestare le teste degli Oni.
Shuten Doji: Il re degli Oni
Il re degli Oni, secondo la tradizione, è Shuten Doji; la sua dimora era situata sul Monte Ōe, a nord-est della città di Kyoto, circondato da svariati Oni minori al suo servizio.
Era raffigurato con quindici occhi, cinque corna, faccia e capelli rossi e un’altezza superiore ai sei metri.
La leggenda di Shuten Doji
La leggenda narra che, durante il regno dell’’imperatore Ichijō (986–1011) molte ragazze scomparvero misteriosamente. Fu proprio l’onmyōdō di corte – Abe no Seimei – a scoprire che dietro a queste sparizioni c’era la mano, appunto, di Shuten-dōji.
L’imperatore affidò il compito di eliminare il malvagio Oni a due guerrieri: Minamoto no Raikō e Fujiwara no Hōshō.
I due, durante il tragitto, si fermarono per pregare in quattro diversi santuari affinché la missione avesse esito positivo. Constatata la loro fede, quattro divinità apparvero dinanzi i loro occhi consigliando loro di travestirsi da sacerdoti donando ai due guerrieri del sakè avvelenato da far bere a Shuten Doji.
I due guerrieri raggiunsero il palazzo e furono accolti dal malefico re degli Oni, il quale offrì vitto e alloggi e intrattenne i due con storie di sangue e banchetti, preparati con la carne delle fanciulle scomparse.
I due guerrieri riuscirono a far bere al demone il sakè così da paralizzarlo; in quel momento Minamoto no Raikō decise di decapitarlo, ma la forza del demone era così forte, che la sua testa si sferrò sul collo del guerriero per morderlo. Minamoto, proprio per prevenire gravi danni o, addirittura, la morte, indossò più elmi.
Esistono due finali alternativi: nel primo, i guerrieri tornarono a Kyoto, nella sala del tesoro di Uji, nel tempio di Byōdō-in, dove seppellirono la testa del demone; nella seconda versione, il demone, in punto di morte, decise di pentirsi per tutti i suoi peccati e giurò di aiutare tutte le persone che soffrivano di mali dal collo in su. Fu venerato come Daimyōjin (grande divinità splendente) nel santuario Kubizuka Daimyojin a Kyoto.
Le tre ipotesi sulla nascita del re degli Oni
Non esiste una versione ufficiale sulla sua nascita e, durante il corso dei secoli, diverse storie raccontano la sua venuta al mondo.
Una prima versione lo ritrae figlio di una nobildonna e di Yamata-no-Orochi, il famoso serpente del folklore giapponese da cui il kami Susano estrasse la Kusanagi, la spada sacra.
Una seconda versione lo ritrae come figlio di un fabbro. Sua madre lo portò in grembo per sedici mesi e, alla sua nascita, era già in grado di parlare e ragionare come un un sedicenne, tra l’altro possedeva un carattere grezzo. A causa di questa sua indole, fu soprannominato onikku (bambino oni) e, dopo l’abbandono da parte della madre all’età di sei, decise di diventare un Oni a tutti gli effetti.
Una terza versione narra che un ragazzo, faccendiere di un monaco del tempio Byakugo-ji, nella prefettura di Nara, portava al religioso carne umana. Il monaco, in un primo momento, non se ne accorse ma, dopo aver scoperto la provenienza della carne, decise di abbandonare il ragazzo in una foresta. Il giovane diventerà Shuten-dōji.
Zenki e Goki: gli Oni congiunti
Questi due demoni giapponesi sono rispettivamente marito e moglie; i due Oni erano seguaci di En no Ozunu, asceta giapponese, fondatore della religione Shugendō.
Siedono rispettivamente alla destra e sinistra di En On Ozunu con una dimensione ridotta.
Zenki (前鬼) vuol dire “Oni davanti“. La mitologia lo raffigura con un’ascia per liberare la strada al suo maestro, anticipando sempre quest’ultimo. La sua pelle è rossa e sulla spalla trasporta una scatola in legno. Rappresenta lo yang nel concetto di yin-yang.
Goki (後鬼), vuol dire “Oni dietro” e sia il maestro, sia il marito in segno di obbedienza. La sua pelle è verde-blu e trasporta una brocca d’acqua psichica. Rappresenta lo yin nel concetto yin-yang.
La loro prole è composta da cinque figli chiamati Goki, ma scritti diversamente 五鬼 (cinque Oni), i loro nomi erano: Gokikuma, Gokido, Gokijo, Gokitsugu e Gokisuke. Ognuno di loro aprì un alloggio per monaci, chiamato Shukubo, nei pressi di Shimokitayama-mura. La loro attività continuò fino a che, durante il periodo Meiji (25/01/1868 – 30/07/1912), lo Shugendo fu vietato rendendo lo shintoismo religione di Stato.
Solo una famiglia è rimasta in attività, guidata da Yoshiyuki Gokisuke, discendete di 62°generazione.
Kimon: la porta dei demoni
Kimon (鬼門 – porta infernale o porta degli Oni) è posta in direzione nord-est; punto cardinale che, secondo le leggende, segnava l’ingresso e l’uscita dei demoni nel mondo terreno.
Un manoscritto cinese risalente a due millenni narra che nord e ovest fanno parte dello yin mentre sud ed est fanno parte dello yang. Due opposti completamente instabili.
Urakimon
L’Urakimon ( 裏鬼門 – il retro della porta dei demoni) è l’opposto del Kimon, posto in direzione sud-ovest; tale punto cardinale è considerato insicuro ma mai quanto nord-est.
Durante il periodo Edo, i palazzi e le case non si costruivano verso nord-est e, durante i viaggi, si preferiva allungare il tragitto che dirigersi verso il malefico punto cardinale.
I feudali giapponesi – Daimyō – fecero in modo che il cortile del castello puntasse verso nord-est; esempi possono essere riscontrati nel Castello di Okayama, di Himeji e nel Castello di Azuchi. Questa scelta aveva un fine strategico: avere spazio a sufficienza per combattere in caso di un ipotetico attacco degli Oni.
Un altro esempio si può riscontrare nel Palazzo Imperiale di Kyoto, il cui angolo, sito a nord-est, non forma un angolo a 90° ma un incavo con lo scopo di bloccare l’ingresso dei demoni.
Per aumentare la sicurezza del Palazzo, fu posizionata una scultura lignea raffigurante una scimmia. Come indicato dal Kyoto Gyoen National Garden Office, la scimmia è: “il messaggero inviato dal santuario Hiyoshi Taisha per esorcizzare la sfortuna emanata dal cancello dei demoni“. A tal proposito, quel preciso angolo del Palazzo Reale è chiamato Sarugatsuji (L’incrocio della scimmia).
In età contemporanea, la superstizione ha continuato a prendere il sopravvento nella vita delle persone. Non a caso, tutto ciò che possa far fluire acqua non viene posizionato in direzione nord-ovest, appunto per evitare l’accesso ai demoni.
Ushi-oni: il Bue-oni
Origine del nome e caratteristica fisica dell’Ushi-oni
Scritti col kanji 牛鬼 e chiamati anche Giuki (Bue-Oni o Bue demoni) , gli Ushi-oni non possiedono tutti la stessa forma; alcuni hanno il corpo di ragno e testa di bue, altri col corpo di bue e testa di Oni, a susseguirsi con la testa di bue e corpo umano e, infine, con la testa di bue e corpo da insetto.
Possiedono un’indole sadica e cattiva e il loro divertimento principale è di uccidere le loro vittime mordendole. Il loro habitat può variare: dal mare alla montagna, boschi e paludi.
Il mito di questo demone giapponese varia da prefettura a prefettura: ad esempio, sull’isola di Shikoku, nella prefettura di Kochi, si narra di un Ushi-oni che terrorizzava un villaggio uccidendone il bestiame. Sakon Kondo, samurai, lo uccise con un’unica freccia divenendo un eroe.
L’evento shintoista Momotesai deriva da questo avvenimento.
La figura dell’Ushi-oni nelle varie prefetture del Giappone
Nella prefettura di Mie si narrava che gli Ushi-oni lanciassero maledizioni. Il signore del castello Gokasho-jo scoccò una freccia al demonio che viveva in una grotta sita nella città di Minami Isecho e, dopo questo evento, sua moglie morì.
A Setouchi, nella prefettura di Okayama, invece, si narra che l’imperatrice Jingu ricevette un attacco da un mostro con otto teste chiamato Jinrinki. Dopo l’uccisione del mostro, divisero il corpo in tre parti (coda, corpo, testa) che si tramutarono nelle odierne isole di Kijima, Maejima e Aoshima. Seppur morto, la sua ira era ancora viva e attaccò nuovamente l’imperatrice ma fu sconfitto per mano di Sumiyoshi Sanjin (kami del mare). Il suo corpo, nuovamente diviso, diede vita ad altre isole: Kuroshima, Nakanokojima e Hashinokojima.
Infine, nella prefettura di Wakayama, si narra di un ragazzo che offrì del cibo ad una donna affamata, che non era altro che un Ushi-oni. Successivamente il demone salvò il ragazzo da morte certa per annegamento ma, secondo il mito, gli Ushi-oni non possono salvare gli esseri umani e così il demone si sciolse in una pozza di sangue.