René Magritte è uno degli esponenti surrealisti più importanti assieme a Salvador Dalì.
Con surrealismo s’intende il movimento artistico nato negli anni ’20 del 900 a Parigi che basa tutta la sua ideologia sull’irrazionale e sull’onirico. Magritte, difatti, è conosciuto anche come le saboteur tranquille (disturbatore silenzioso) data la sua abilità ad insinuare dubbi sulla realtà.
In quest’articolo conosceremo meglio il personaggio di Magritte, il suo rapporto col surrealismo e le sue produzioni più importanti.
Indice dell'articolo
René Magritte: la vita
I primi anni
René François Ghislain Magritte nasce a Lessines (Belgio) il 21 novembre 1898. Data la professione mercantile del padre, tutta la famiglia è costretta a trasferirsi a Châtelet. In questa città parigina egli vivrà uno shock che lo segnerà a vita: vede recuperare dal fiume il cadavere della madre avvolta da un lenzuolo bianco. Egli rappresenterà questo avvenimento in alcune importanti opere che andremo poi ad analizzare. Dopo una seconda trasferta, René Magritte nel 1916 si iscrive all’ Accademia delle belle arti a Bruxelles .
René Magritte e il surrealismo
Dopo un primo approccio al futurismo e al cubismo, Magritte inizia ad avvicinarsi all’avanguardia surrealista grazie a Giorgio De Chirico. Nel 1925 il pittore prese parte ufficialmente al gruppo surrealista composto da Camille Goemans, Marcel Lecomte e Paul Nougé. Due anni dopo, Magritte realizzò il suo primo quadro surrealista Le Jockey perdu (Il fantino perduto) inspirato da Canto d’amore di De Chirico.
Uno dei concetti che traspare nelle sue opere è la decontestualizzazione, difatti il pittore belga raffigura oggetti reali ( non onirici e fantasiosi come nel caso di Dalì) fuori dal loro contesto creando così un senso di disorientamento. In questo modo lo spettatore sarà chiamato alla riflessione e arriverà a mettere in dubbio anche la realtà stessa.
Il tutto viene reso attraverso la realtà pittorica: René Magritte non va alla ricerca di un illusionismo fotografico in quanto il suo obiettivo è quello di rappresentare la distanza tra realtà e rappresentazione.
Le opere più famose di René Magritte
Il 1930 è l’anno in cui Magritte ha vissuto il periodo più prospero creando circa la metà di tutte le sue opere ( se ne contano circa 800) di cui ne analizzeremo le più importanti.
La Trahison des images / l’uso della parola (1928-29)
Si tratta di un dipinto raffigurante una pipa e recante, in basso, una scritta che recita “Ceci n’ est pas une pipe” cioè “Questa non è una pipa“. In questo modo Magritte sottolinea la differenza tra l’oggetto della realtà, in questo caso la pipa, e la sua rappresentazione, la pipa dipinta.
L’oggetto reale e la sua raffigurazione non coincidono ed hanno funzionalità diverse: la pipa dipinta può essere osservata ma non fumata. La contraddizione generata tra scritta- dipinto crea uno stato di shock che costituisce la poesia dell’opera osservata. Attraverso questo pensiero filosofico l’opera d’arte invita ad una riflessione sull’arte stessa.
Gli amanti di René Magritte (1928)
Dell’opera esistono due versioni realizzate nello stesso anno : una conservata presso la National Gallery of Australia , mentre la seconda si trova al Moma di New York.
Entrambe le opere rappresentano due amanti che si baciano con le teste coperte da un lenzuolo bianco che impedisce loro di vedersi. Questo bacio parla di morte e di impossibilità di comunicare, in questo modo il pittore vuole mostrare i molteplici significati del reale attraverso nuovi punti di vista.
Secondo alcune interpretazioni, il lenzuolo bianco che avvolge le due figure è lo stesso lenzuolo che ha avvolto il cadavere della madre. In questo modo René Magritte esprime quel ricordo che continuerà a tormentarlo per sempre.
La battaglia delle Argonne (1959)
In questo dipinto più tardo vediamo raffigurata una roccia che ondeggia su un borgo affiancata da una nube dalla forma simile. Al centro, posta tra le due figure, sorge la luna che ci assicura la veridicità dell’evento. Non sappiamo se la roccia sia in movimento o sia ferma, in questo modo Magritte gioca con i nostri sensi e con le nostre convinzioni. La roccia, difatti, viene privata del peso e della legge di gravità cui, per sua propria natura, è soggetta.
Golconda (1953)
Il dipinto, conservato nella Menil Collection di Housto, prende il suo nome dalla città indiana Golconda. René Magritte in questo dipinto rappresenta una pioggia di uomini assolutamente identici ( tutti vestiti di nero con cravatta, ombrello e bombetta) che si stende sui tetti di abitazioni tipicamente belghe. La tela genera positività per la geometria perfetta ma produce anche angoscia data la presenza di una moltitudine di figure anonime ed indistinguibili.
Alcuni critici affermano che l’obiettivo di Magritte nella realizzazione di questo dipinto è dare il senso di omologazione e meccanicità della routine.
Il figlio dell’uomo (1964)
Si tratta di uno dei dipinti più conosciuti dell’artista, oggi fa parte di una collezione privata. Il dipinto è costituito da un uomo vestito con giacca, cravatta e bombetta il cui viso è nascosto da una mela verde, nonostante ciò si può notare che l’uomo sbircia oltre il bordo della mela.
Magritte dichiarò che il suo obiettivo era rappresentare la quotidianità: essere consapevoli che tutto ciò che si vede nasconde qualcos’altro. Altri parlano anche di una critica verso la classe borghese (dato l’abbigliamento dell’uomo) che Magritte accusava di ipocrisia.
ll falso specchio (1929)
Il dipinto , conservato al Moma di New York, rappresenta un enorme occhio il cui iride è il cielo e la pupilla, dilatata e nera, ne diventa il sole. Il tutto ricorda il gioco di specchi: l’immagine che vediamo viene inviata direttamente al cervello.
Magritte con questo dipinto vuole dimostrare che la pittura è il mezzo attraverso il quale vediamo ciò che non si può vedere.
La riproduzione vietata (1937)
Conservata al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, l’opera fu commissionata dal poeta inglese Edward James che ne diventa il protagonista. James, però, viene rappresentato di spalle mentre si specchia, l’assurdità è che anche il riflesso dell’uomo è di spalle. L’unica novità che si nota nel riflesso dell’immagine è il libro “Les aventures d’Arthur Gordon Pym” di Edgar Allan Poe, autore che Magritte stimava.
Il significato dell’opera sta in una frase “ la vera essenza di sé non si riflette in uno specchio“, per questo motivo l’uomo è rappresentato di schiena. Il soggetto è in conflitto con sé stesso, non conosce la sua identità e per questo motivo non vede il suo volto. Il libro, invece, è riflesso perché non avendo un’anima non ha dubbi sulla sua identità.
” Tutto nelle mie opere nasce dal sentimento e dalla consapevolezza che noi apparteniamo a un universo enigmatico.” afferma il pittore belga. Difatti, René Magritte attraverso le pennellate vuole rappresentare il suo pensiero filosofico fondato sul dogmatismo e sull’ambiguità tra realtà e rappresentazione creando anche nel pubblico dubbi e perplessità.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:
- Giorgio Cricco, Francesco Paolo Di Teodoro, Itinerario nell’arte, Bologna, 2009
- https://it.wikipedia.org
- https://biografieonline.it
Emanuela Crispino