Filosofia continentale è una definizione che troviamo nei manuali di storia della filosofia e che include al suo interno numerosi filosofi del 1900, oltre che pensatori che precedono questo secolo e si inseriscono in qualità di suoi precursori. Proprio la quantità di filosofi ad essa associati comporta una certa confusione intorno a tale definizione. In questo articolo facciamo un po’ di chiarezza, ne spieghiamo l’origine e passiamo in rassegna alcuni filosofi indicati come suoi esponenti.
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Filosofia continentale e filosofia analitica
L’espressione “filosofia continentale” sembra essere usata per la prima volta dal filosofo inglese John Stuart Mill. Infatti con questo termine, come si deduce, egli intende tutta la filosofia che appartiene a un’area geografica: il continente europeo. Dunque, la funzione di questa definizione è la distinzione della filosofia inglese dalla filosofia praticata al di là della Manica. Anche se Mill non fornisce un altro termine per la filosofia inglese, quest’ultima è stata in certi casi identificata con la filosofia analitica. Perciò, secondo questo schema dicotomico, per filosofia continentale dobbiamo intendere perlomeno una tipologia di filosofia diversa da quella analitica.
Tuttavia, questo schema è oggi messo in discussione. Di fatti, tra i pensatori considerati filosofi analitici troviamo tanto inglesi quanto non inglesi, persino tra quelli annoverati tra i suoi fondatori. Difatti, parecchi di loro appartengono a quello che è noto come Circolo di Vienna proprio perché loro luogo di ritrovo era la capitale austriaca. Inoltre, questa mescolanza oggi è ancor più accentuata, dato che quando la filosofia statunitense prende forma quest’ultima è in un primo momento ricondotta nella sfera della filosofia analitica, in quanto area anglosassone. Invece, oggi negli Stati Uniti troviamo pensatori vicini sia all’uno che all’altro filone. In effetti, questa inversione di rotta avviene durante e dopo il secondo conflitto mondiale, dato che molti studiosi di ascendenza ebraica scappano dalla persecuzione nazista ed emigrano dall’Europa verso l’America.
Inoltre, come afferma il filosofo analitico Achille Varzi, i temi da cui la filosofia analitica trae le sue domande e argomentazioni sono i medesimi di qualsiasi scuola filosofica. Ma questo stupisce poco, dato che una commistione di questo tipo è un fenomeno normale in ambito filosofico.
Comunque, il termine “filosofia continentale” non nasce contrapposto a quello di filosofia analitica. Invece, esso indica la filosofia europea con l’esclusione dell’area inglese.
Filosofia continentale: Germania, Francia, Italia
Anche se il nome filosofia continentale fa riferimento a un’area geografica, essa non va distinta dal suo significato geopolitico. Difatti, essa raccoglie la filosofia che appartiene alla fase storica in cui assistiamo alla formazione dell’Europa moderna. Dunque, dato che tale formazione coincide con l’avvento della rivoluzione francese, ci muoviamo in un arco temporale che va dalla fine del 1700 fino al 1900 incluso.
Inoltre, se escludiamo l’area anglosassone, la filosofia in Europa è da sempre presente in particolar modo in area tedesca, in Francia e in Italia. Perciò, la maggior parte dei filosofi ascritti a questa categoria appartiene a tale area, con poche eccezioni come il danese Søren Kierkegaard.
Dunque, tra i filosofi più importanti del primo periodo troviamo per l’area tedesca Immanuel Kant, Wilhelm Friedrich Hegel, Johann Fichte e Friedrich Schelling, e per il secondo periodo pensatori come Edmond Husserl, Martin Heidegger, Walter Benjamin, Theodor Adorno e Max Horkheimer, solo per citarne alcuni. Invece, per la Francia, tra i primi figura Henri Bergson, e poi Maurice Merleau-Ponty, Roland Barthes, Michel Foucault, Gilles Deleuze e Jacques Derrida. Ma la lista, in verità, è molto più lunga.
Cosa hanno in comune tutti questi filosofi? Secondo Stuart Mill, ognuno di loro deve le proprie riflessioni a Kant. Cioè, il pensiero kantiano inaugura la filosofia europea. In effetti, la storia della filosofia dà ancora oggi ragione a Mill. Infatti, Kant appare come un momento di svolta per le tematiche filosofiche a lui successive.
Filosofia continentale e correnti filosofiche
Anche se Kant ha di certo un ruolo così importante nell’evoluzione della filosofia continentale, bisogna porre l’attenzione su un altro aspetto. Cioè, il fatto che all’interno di questa categoria, che racchiude in sé molti filosofi, troviamo di conseguenza diverse correnti filosofiche.
Infatti, ne fanno parte l’idealismo tedesco con tutte le sue ramificazioni e i suoi studiosi, da quella kantiana a quella hegeliana, quella fichtiana e schellinghiana. Poi, quegli altri filosofi che identifichiamo nell’insieme dell’esistenzialismo e che pure presentano molte differenze, dal già citato Kierkegaard a Friedrich Nietzsche, Fëdor Dostojevskij e Jean-Paul Sartre. Dipoi, la fenomenologia di Husserl con tutti coloro che prendono le mosse da lui, da Martin Heideggher a Max Scheler. Infine, tutta la scuola di Francoforte, non solo Horkheimer e Adorno ma anche Jürgen Habermas, Erich Fromm e altri, e poi l’ermeneutica con Wilhelm Dilthey, Paul Ricoeur e Hans-Georg Gadamer.
Invece, se analizziamo la Francia, rintracciamo ad esempio il decostruzionismo con Derrida, e con Claude Lévi-Strauss tanto lo strutturalismo con tutti coloro che lo proseguono in modalità diverse, da Barthes a Umberto Eco, quanto l’antropologia moderna. Poi, Deleuze, Foucault, e altri filosofi che tracciano altre vie per la filosofia. Ma senza citare altri pensatori come ad esempio Karl Marx e Sigmund Freud che aprono ad altri enormi campi di ricerca, con tutti coloro che partono dalle loro considerazioni e giungono a conclusioni diverse, da Antonio Gramsci a Carl Gustav Jung.
Insomma, la domanda è se è veramente possibile riunire tutte queste correnti filosofiche sotto un unico nome.
La legittimità della definizione “filosofia continentale”
Dunque, da quanto su detto, non è possibile trovare degli argomenti comuni a tutti i pensatori che rientrano nell’insieme della filosofia continentale, a meno che non li facciamo coincidere con i temi di ricerca della filosofia stessa. Anche se è vero che quelli enumerati e tutti gli altri studiosi rientrano nella fase della filosofia post-kantiana, non è chiaro per quale motivo vanno allora esclusi da questo insieme tutti i filosofi inglesi che appartengono allo stesso periodo storico.
In effetti, a tal proposito Simon Glendinning sostiene che il termine filosofia continentale abbia un’accezione non imparziale e Mill l’avrebbe coniata prorpio per mettere in cattiva luce tutto il pensiero al di là della Manica. Insomma, si tratta di una categoria dispregiativa piuttosto che descrittiva. Questa ipotesi ha senso se teniamo conto del periodo storico in cui tale distinzione viene ripresa. Difatti, sono filosofi inglesi come Bertrand Russell e George Moore che la recuperano nell’ottica di una distinzione della filosofia della loro nazione che Russell, ad esempio, vede già con John Locke. Dunque, l’obiettivo del pensiero anglosassone è la presa di distanza da quel percorso che dall’idealismo tedesco procede fino ad Heidegger. Cioè, di quel modus pensandi che sarebbe la causa dell’esito nazista.
Tuttavia, l’interpretazione di Glendinning non è condivisa da tutto il mondo accademico. Perciò la definizione di filosofia continentale è ancora utilizzata, in particolare in ambito anglosassone e quindi statunitense, e l’uso in questo caso non ha valenza dispregiativa.
L’esclusione del pensiero inglese dalla filosofia continentale
Quindi, se mettiamo da parte l’ipotesi che questa definizione ha accezione dispregiativa, atteniamoci alla distinzione posta da Mill. Se l’apripista della filosofia continentale è Kant, per quella anglosassone egli fa il nome di Jeremy Bentham, filosofo inglese anch’egli del XVIII secolo. In effetti, per conto di Bentham lavora proprio il padre di Mill, James Mill, in qualità di segretario. Economista e giurista, Bentham è considerato uno dei primi utilitaristi. Cioè, per utilitarismo intendiamo quella dottrina filosofica secondo la quale vi è equivalenza tra bene e utile, in quanto produzione di ciò che permette il raggiungimento del più alto grado di felicità. Anche se rintracciamo elementi di questo pensiero in altri filosofi, Bentham ha di certo un posto rilevante, in quanto introduce quello che battezza come “calcolo felicifico“.
Mill ha idee simili a quelle di Bentham, non a caso nel 1861 dà alla luce uno scritto dal nome Utilitarismo. Tuttavia, egli estende il concetto di utile e felicità dalla sfera individuale a quella collettiva e sociale. Cioè, il fine della filosofia non è il mero raggiungimento del piacere di ognuno, bensì quello dell’intera società. Così, l’utilità diviene fondamento etico e politico. Queste medesime argomentazioni ricompaiono, in termini diversi, nel pensiero di altri inglesi, come il già citato Moore e poi Herbert Spencer ed Henry Sidgwick.
Ma proprio questa è, nella separazione ancora oggi descritta in particolare in ambiente americano, la differenza colta tra la tradizione anglosassone e quella continentale. Cioè, l’idea che la filosofia tipica dell’Europa raggiunge senza dubbio picchi notevoli, ma perde di vista la funzione pratica della filosofia, la sua utilità ai fini del raggiungimento della felicità.
Filosofia per autori e filosofia per temi
C’è però un’ulteriore differenza posta tra filosofia continentale e filosofia analitica che ci permette una definizione della prima sotto una luce diversa. Cioè, la differenza che descrive il filosofo Michael Dummett. Secondo Dummett, la filosofia continentale ragiona per singoli autori, mentre la filosofia analitica tratta problemi e teorie. Inoltre, se la prima corrente filosofica è più vicina alla storia, la seconda è più vicina alle scienze tecniche e naturali. Ancora, la modalità della prima è più vicina alla letteratura, mentre la seconda alla logica.
Anche se la differenziazione di Dummett in apparenza supporta la posizione di Mill e sembra in questo modo coerente, essa presenta non poche problematiche. Infatti, come sottolinea Enrico Berti, molti filosofi che considerano il proprio modo di fare filosofia classico, dunque continentale, sono più vicini al modello di filosofia analitica che Dummett descrive.
In sintesi, la definizione esatta di filosofia continentale è un dibattito aperto, che forse non trova soluzione, in quanto essa sorge in una precisa temperie storica per determinate ragioni, e appare oggi perlopiù superata. Tuttavia, proprio perché il dibattito è ancora aperto, non è possibile nemmeno porre questa affermazione come spiegazione ultima. Non resta quindi che assistere ai futuri sviluppi che questa definizione continuerà ad avere in ambito filosofico.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
Treccani, enciclopedia online, in particolare le voci “filosofia continentale”, “filosofia analitica”, “utilitarismo”, “idealismo”, “esistenzialismo”, “fenomenologia”, “ermeneutica”, “decostruzionismo”, “strutturalismo”, “scuola di Francoforte”, “circolo di Vienna”.
Simon Glendinning, L’idea di filosofia continentale, Edinburgo 2006.
Sitografia
Lezione sulla differenza tra filosofia continentale e filosofia analitica al seguente link.
Enrico Berti riflette sulla definizione di ricerca metafisico-filosofica continentale rispetto a quella analitica in questo video del Rosmini Institute.
Nota: l’immagine di copertina è tratta dal sito Picpedia.org.