Nato a Bagnoli, classe ’79, Don Rafaelo, nome d’arte di Raffaele Pizzo, si fa strada nel mondo della musica reggaeton spinto da un’unica forza inarrestabile: la sua passione. Muove i primi passi nell’hip pop, per poi sposare definitivamente il reggaeton in un territorio dove le sonorità che la fanno da padrone sono altre. La ricetta del suo successo? Impegno, tenacia e una personalissima vision musicale.
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Cos’è il reggaeton?
Genere musicale di origini sudamericane, il reggaeton spopola negli anni ’90 a Porto Rico e Panama e si afferma nel panorama Urban mondiale dal 2000 in poi. Nato dalla commistione di reggae, dancehall, bachata, salsa e altre sonorità latino-americane, il reggeton è stato per anni considerato, dai più, musica di serie B, troppo commerciale e portatore di messaggi maschilisti e di richiamo agli eccessi. Ma è da qualche anno che la “musica è cambiata”, ed è solo l’inizio. Egemone delle estati italiane, la musica reggaeton trova nei suoi esponenti i protagonisti indiscussi delle classifiche musicali mondiali.
Maluma, J. Balvin, Rosalìa sono solo alcuni dei nomi più in voga del momento, e le loro canzoni fanno il giro del mondo alla velocità della luce, confinando a un ricordo lontano il periodo in cui il reggaeton era prerogativa del Sud America. In Italia il reggaeton ha avuto un riscontro graduale, fino ad essere oggi il genere che sforna più hit ogni anno, e trova in alcuni artisti nostrani dei validi riferimenti del genere. Tra questi c’è Don Rafaelo, che possiamo definire un precursore dei tempi e con il quale abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere.
Don Rafaelo grazie per la tua disponibilità. Raccontaci come nasce la tua passione per il reggaeton.
Grazie a voi di La Cooltura per questo spazio. Dunque, la passione per la musica la devo a mio padre che ha sempre coltivato il proprio estro artistico. Sono cresciuto con lui che aveva notevoli doti di cantante e musicista. Poi d’adolescente mi sono avvicinato alla musica hip pop old school, sono entrato a far parte di un gruppo di writer e appassionati di break dance, i cd. b-boys. La crew si chiamava Bagnoli Kings, e comprendeva writers, rapper, breaker. Ho trascorso la mia adolescenza in questa atmosfera fino alla maggiore età, quando sono entrato in polizia. Il lavoro mi ha permesso di viaggiare e di entrare in contatto con la musica, ma ancora meglio con la cultura latina, che è diventata la mia grande passione.
Da estimatore di reggaeton a dj, come è avvenuto questo salto?
Ho sempre pensato che il mio forte interesse potesse trasformarsi in qualcosa di serio e professionale, ho sin da subito sentito di avere le carte per poter intraprendere questo percorso. Ma mi è costato molta gavetta.
Ho iniziato organizzando serate con gli amici a Napoli, ne portavo una trentina in un locale a cui mi proponevo con la musica reggaeton, all’epoca quasi sconosciuta. Andava di moda la salsa e la bachata nelle serate a tema e quindi approfittavo di piccoli spazi per inserirmi, e divulgare la musica che sentivo mia. Ma pochi erano disponibili a lasciare la consolle, rischiando la serata. Tempo dopo sono stato notato da alcuni organizzatori che mi proposero per le aperture e le chiusure di eventi massivi nei locali partenopei. Così, ho iniziato a esibirmi con la musica reggaeton, che all’epoca era una mia esclusiva, e la gente si divertiva tantissimo. Potevo finalmente fare musica come piaceva a me, svincolarmi dai generi più tradizionali di salsa, bachata e merengue, e “imporre” la mia vision di musica fatta di black, rap e cultura latina.
Come nasce il personaggio di Don Rafaelo?
Ero affascinato dal percorso dei dj che dalla Repubblica Dominicana, dalla Colombia, si erano affermati in America con la loro identità, fondendo le diverse culture musicali americane. Le loro storie mi fomentavano, sentivo che con il duro lavoro e una forte motivazione anch’io sarei riuscito a distinguermi. La struttura del mio personaggio racconta proprio questo, di una musica che rappresenta le mie passioni, i miei gusti, che sposano una cultura che non appartiene all’Italia, ma che sapevo sarebbe esplosa anche qui. Oggi che la moda insegue dj d’oltreoceano, ritengo di essere stato precursore dei tempi, e per questo il mio pubblico mi riconosce, sa che sono un punto di riferimento della cultura latina. Don Rafaelo nasce così, un dj set dopo l’altro, dando un’anima specifica alle mie serate, avendo a fuoco un solo obiettivo: far divertire la gente!
Dai locali di Napoli fino al Sud America, passando per l’Europa. Si può dire che Don Rafaelo ha realizzato il suo sogno?
L’ho voluto con tutto me stesso. Partendo dal basso si avverte tutto il peso che una scelta professionale rischiosa porta con sé. Fare questo lavoro implica dapprima capire dove si vuole andare e poi guadagnarsi il rispetto dei professionisti. Ho scelto di inseguire un sogno e sentivo di avere una marcia in più. Quando ho incontrato qualcuno che ha creduto in me, io ero pronto, così ho avuto la possibilità di suonare in Spagna, in Francia, in Olanda, in Inghilterra. Sono stato il primo italiano a suonare a Medellìn, in Colombia in un locale iconico di musica reggaeton. Gli stessi sud americani sono stati a primo acchito diffidenti, e non nascondo che durante gli anni ho ricevuto più di una critica per il fatto di suonare una musica avulsa dalle mie origini. La mia soddisfazione più grande è stata quella di farli ricredere, e di ricevere l’apprezzamento degli artisti locali, ho visto riconosciuto il mio lavoro e i miei sforzi, dopo tanti anni di sacrifici.
Quali difficoltà hai incontrato nel fare musica reggaeton?
La difficoltà maggiore è stata resistere ai pregiudizi, giocandomi al meglio quei 10 minuti che mi venivano concessi di volta in volta. E il tempo mi ha dato ragione, tant’è che oggi il reggaeton è un genere dominante. Basta dare una scorsa alle principali piattaforme di musica per verificare che nella top 50 degli artisti più ascoltati al mondo, i primi classificati sono latini.
E’ chiaro che le tendenze possono cambiare anche repentinamente, il mio percorso mi ha insegnato ad essere eclettico, ad avere un approccio duttile con le tendenze e i gusti del pubblico, coi cambi generazionali e le mode. Bisogna studiare, lavorare sodo e preservare una propria identità.
Com’è il mondo della musica oggi rispetto a quando hai iniziato?
Oggi l’attenzione è sulla viralità, al pezzo che fa visualizzazioni, talvolta anche a discapito della qualità. C’è molta improvvisazione del mestiere, grazie anche all’utilizzo dei social. Sul genere reggaeton si sono ormai riversati tanti dj che per anni hanno fatto musica diversa, bistrattando addirittura la musica sudamericana. L’importante è suonare bene, con tutta la dedizione che questo lavoro comporta, ed è quello che mi impongo di fare da quando ho iniziato e che mi ha permesso collaborazioni importanti e di approdare all’estero. Grazie alle piattaforme social, ad esempio è diventato un successo il mio ultimo lavoro Bliblo con Santiago, che ha avuto un riscontro enorme diventando addirittura un trend su tiktok. Bisogna rispettare i tempi, pur rimanendo se stessi.
Congediamo Don Rafaelo e lo ringraziamo per il tempo dedicatoci, con l’invito ai nostri lettori di seguirlo sui canali social.
Roberta Guida