Il nome della famosa attrice francese è, ancora oggi, associato alla figura di un’icona culturale senza tempo. Il suo status di diva e sex-symbol internazionale è stato tale da far passare in secondo piano le sue numerose pellicole, oggi in larga parte dimenticate. Ecco un’analisi dei migliori film di Brigitte Bardot, dagli esordi al ritiro dalle scene.
I migliori film di Brigitte Bardot: da Elle al debutto al cinema.
Nata il 28 settembre del 1934 a Parigi, Brigitte Bardot inizia la sua carriera nell’ambiente della moda e compare per la prima volta in copertina su riviste come Elle e Marie-Claire nel 1949, all’età di soli 14 anni. É in questa occasione che viene notata dal regista Marc Allégret e dal suo assistente Roger Vadim, che diventerà il suo primo marito. All’età di 17 anni, fa il suo debutto nel cinema nel film Le Trou Normand di Jean Boyer (1952). La prima esperienza sul set, però, non fu esattamente positiva.
La cosa non mi attirava granché. Una storia da far ridere i polli che si svolgeva, come dice il titolo, in un buco della Normandia in cui dovevo impersonare una contadinella neanche tanto simpatica, Javotte. Ero l’ultima ruota del carro, ed era già molto se il mio nome figurava nei titoli. […] Se esiste un inferno sulla terra, quel primo film ne fu un esempio. [1]
Nello stesso anno, recita quasi esclusivamente in bikini in Manina, ragazza senza veli di Willy Rozier. I primi ruoli della Bardot, Javotte e Manina, sono l’immagine della classica ragazza della porta accanto dalla sensualità ingenua e rassicurante, che ancora manca di tutta quella carica erotica destabilizzante dei suoi futuri personaggi.
I migliori film di Brigitte Bardot: l’esordio simbolico con Piace a troppi, Roger Vadim, 1956.
L’esordio di Brigitte Bardot viene spesso erroneamente attribuito al pionieristico Piace a troppi (Et Dieu creà la femme) , diretto dal suo primo marito Roger Vadim nel 1956. Sebbene all’epoca Brigitte avesse all’attivo già 16 pellicole, il film è cruciale nel lancio definitivo della sua carriera. Con Et Dieu creà la femme nasce la sex kitten francese. Da allora, sarà conosciuta in tutto il mondo con il soprannome di B.B., che suona bebè in francese, a enfatizzare la componente infantile del suo fascino.
Un giorno arrivò dagli Stati Uniti la notizia-bomba: laggiù Piace a troppi faceva saltare il banco! Il successo era straordinario, le critiche osannanti, e io diventavo improvvisamente la francese più conosciuta d’oltreoceano. […] da un giorno all’altro venivo catapultata a star number one, french sex kitten, ecc. [2]
Nel film, la Bardot interpreta il personaggio dell’orfana Juliette, oggetto di un triangolo amoroso tra il direttore di un night club, Eric Carradine, e due fratelli, Michel e Antoine Tardieu. Juliette finirà per sposare Michel, tradendolo tuttavia con il fratello e portando scompiglio nella famiglia.
Come molta critica non ha mancato di sottolineare, il plot è molto esile: ci troviamo di fronte ad un vero e proprio star-vehicle [3], che mette in mostra la propria stella in maniera prepotente. Fin dalla sua prima apparizione, la Bardot è corpo offerto alla cinepresa e la sua nudità illumina la prima sequenza del film.
Nell’opera di Vadim, il mondo è assente: egli dà forma, su uno sfondo dai colori irreali, a un certo numero di scene madri in cui si riassume tutta la sessualità del film: strip-tease, carezze eccitate, mambo. […] uno stile analitico e per conseguenza astratto che, come sopra ho detto, mette il pubblico nello stato d’animo di chi assiste passivamente ad uno spettacolo osceno. [4]
Vadim lavora attentamente alla fabbricazione della diva Brigitte Bardot, suggerendo un’equivalenza molto forte tra il suo personaggio e la sua personalità reale. Molto spesso la critica ha sottolineato la sua mancanza di talento, complice il fatto che la Bardot non avesse alcuna formazione specifica. La performance come aspetto costitutivo della sua immagine risulta importante proprio grazie a questo legame fortissimo che Brigitte riesce a creare con i ruoli interpretati. Juliette, moglie fedifraga nel film, finisce per diventare infedele anche nella vita reale instaurando una relazione extra-coniugale con il suo co-protagonista Jean-Louis Trintignant.
Compresi immediatamente che Brigitte era inimitabile e che i suoi difetti avrebbero potuto essere a volte delle qualità. Sarebbe stato un atto di vandalismo educare la sua voce personalissima. Non le interessava minimamente discutere la psicologia e le motivazioni del personaggio. Comprendeva istintivamente o non capiva affatto. Digeriva il personaggio e lo rendeva reale attraverso le proprie emozioni. Allora avveniva il miracolo.[5]
Nonostante sia stata considerata una pellicola mediocre dalla critica, Et Dieu creà la femme rimane un film importante e ha il merito innegabile di aver consacrato Brigitte Bardot nell’Olimpo delle grandi stelle internazionali.
I migliori film di Brigitte Bardot: La ragazza del peccato, Claude-Autant Lara,1958.
In La ragazza del peccato, diretto da Claude-Autant Lara, Brigitte Bardot interpreta Yvette, una giovane arrivata a Parigi che tenta la fortuna con un tentativo di rapina. L’avvocato Gobillot, intepretato da Jean Gabin, accetta di difendere la ragazza, cedendo infine alle sue avances.
Anche nel secondo film di questa lista, lo status da sex-symbol di B.B. è tale da mettere in ombra qualsiasi discorso recitativo e narrativo. Il personaggio interpretato dalla Bardot rimarca le caratteristiche psicologiche dell’attrice: una ragazza in sospeso tra adolescenza e maturità che vede nell’uomo adulto una sicurezza e una guida a cui tuttavia non riesce ad uniformarsi.
Lara, come Vadim, indugia molto sulla fisicità dell’attrice, in particolare sulle gambe, simbolo riconosciuto del suo erotismo. La caratterizzazione di questi primi personaggi è affidata al corpo più che all’introspezione psicologica. Il film rifugge la staticità, mostrando la sua protagonista in perenne movimento, contemporaneamente oggetto e soggetto dello sguardo. Nonostante la Bardot sia mostrata in maniera estremamente sessualizzata, i suoi personaggi sono sempre agenti attivi: si mettono alla pari dell’uomo, ricambiando il desiderio e il piacere.
La sua forza sta proprio nell’espressione di questa libertà, che si configura anche in termini di contrasto generazionale e di conflitto di classe. Non è un caso che i personaggi della Bardot si scontrino spesso con donne più mature e più abbienti di lei. Qui la moglie dell’avvocato Gobillot rappresenta il modello di femminilità tradizionale, in netta opposizione con quella rappresentata da Yvette, e cerca invano di mettere in guardia il marito sulla pericolosità della ragazza.
La tragica morte di Bardot nel finale, uccisa dall’amante più giovane in preda ad un raptus di gelosia, concretizza tutta l’ostilità che il suo personaggio generò nel contesto del conservatorismo degli anni Cinquanta. Quello rappresentato da B.B. è un erotismo inedito e aggressivo che diventa il simbolo della nascente cultura giovanile e della rivoluzione sessuale alle porte.
I migliori film di Brigitte Bardot dal 1960: La Verità, Henri-Georges Clouzot.
Una svolta importante nella sua carriera attoriale è sicuramente rappresentata dal 1960, anno di uscita di La verità di Clouzot. Si tratta di un film importante, che fece di lei un’attrice riconosciuta a livello internazionale.
Brigitte Bardot interpreta Dominique, una giovane donna accusata di aver ucciso il suo amante Gilbert, interpretato da Sami Frey. Il film si muove su due diverse linee narrative e ci mostra alternativamente gli eventi passati, che hanno portato alla morte di Gilbert, e il presente del processo. L’aula del tribunale la costringe alla staticità, laddove la recitazione della Bardot era tutta corporea. Brigitte viene calata per la prima volta in un ruolo drammatico, mostrando un’inaspettata emotività e capacità mimetica.
Finalmente una Brigitte Bardot autentica. Clouzot la cambia. All’inizio simile al suo personaggio di bambina viziata, svampita e imbronciata, si trasforma in una donna al banco degli accusati. Ed è veramente un’altra: altra la voce, altro lo sguardo, e il corpo bruscamente cancellato. Quando grida il suo amore e l’amore di colui che ha ucciso, commuove. E quello sguardo da animale braccato, la notte, nella prigione, nel momento in cui afferra quel frammento di specchio, uno sguardo che fa male… [6]
Il binomio arte/vita risulta ancora una volta fondamentale nell’analisi della sua performance. La lavorazione del film coincide con un momento difficile nella vita dell’attrice, in cui trascura il marito Jacques Charrier e il figlio appena nato. Bardot è particolarmente provata dalle fatiche del set, tanto da dover ricorrere in più occasioni ad una controfigura. L’identificazione con il suo personaggio stavolta arriva al punto di non ritorno: come Dominique, Brigitte tenta il suicidio. Fortunatamente, e al contrario della sua protagonista, ne esce viva. A questo proposito, risulta significativo il passo dell’autobiografia che racconta la genesi della scena.
Poi ci fu la scena del suicidio di Dominique Marceau nella cella della prigione della Petite Roquette. Qui toccai il vertice della disperazione. Clouzot mi manteneva deliberatamente in uno stato di totale abbattimento: la vita era una cosa senza senso, la gente era mostruosa, l’umanità uno schifo, solo la morte poteva recare quella pace, quel riposo tanto attesi. Dovevo rompere lo specchietto del portacipria e aprirmi le vene con uno dei frammenti. Disfatta, smunta, sulla soglia della follia … i capelli appiccicati al sudore, gli occhi cerchiati, dovevo premere forte sulla vena del polso sinistro stringendo contemporaneamente la peretta che tenevo in mano liberando l’emoglobina sull’avambraccio. Sentivo quel liquido pastoso e tiepido. Credendo di essermi veramente ferita, le lacrime mi sgorgavano spontaneamente dagli occhi che dovevo stralunare poco a poco, lasciando il mio corpo stremato sul pagliericcio alla fine della sequenza. [7]
A La Verità di Clouzot, seguirono altre due pellicole, ugualmente importanti per la carriera della Bardot.
I migliori film di Brigitte Bardot: Vita Privata, Louis Malle, 1961.
In Vita Privata di Louis Malle, Brigitte Bardot interpreta Jill, una giovane attrice a cui il successo ha tolto la libertà. Qui il regista rinuncia totalmente allo status del sex symbol per analizzare il personaggio pubblico in tutte le sue contraddizioni.
Il film mostra la star costantemente attaccata e aggredita dai media: la famosa scena in cui Jill/Bardot viene insultata da una signora di mezza età per i nudi nei suoi film è in realtà basata su un episodio veramente accaduto. Allo stesso modo, una sequenza particolarmente significativa, a metà tra documentario e finzione, presenta l’ascesa della giovane attrice tramite un montaggio accurato di copertine di riviste e titoli come “l’immagine del peccato”, “I genitori si lamentano”, “Censurato”, “Immorale!”. E’ ironico che proprio durante la lavorazione di “Vita Privata”, Brigitte sperimenti il lato più oscuro della fama, che la portò ad un brusco crollo psicologico. La troupe viene bersagliata sul set: lanciano pomodori, frutta e vasi, insieme ad insulti di ogni sorta rivolti all’attrice.
Improvvisamente, nel bel mezzo della scena che stavamo girando, un vaso di geranio cadde a tre centimetri dalla mia testa. Dopodiché fu la sollevazione generale: ci bombardarono di pomodori, vecchie cassette di frutta, di gavettoni. Fioccavano gli insulti: “La puttana in Francia!” – “Le faccia a casa sua le sue porcate! – “In Svizzera lasciateci in pace! – “Che crepi!” – “L’immondizia con l’immondizia!” – “Riaprite le case chiuse e mettetecela dentro con una cinepresa!”, ecc. [8]
Di nuovo, la sua tragica morte nel finale non fa che confermare questo legame indissolubile: Jill si è appostata su un cornicione per guardare lo spettacolo del compagno regista Fabio, interpretato da Marcello Mastroianni. Proprio il flash della macchina fotografica di uno dei paparazzi le fa perdere l’equilibrio e cadere nel vuoto. La fine risulta quasi una sorta di contrappasso ed esprime tutta la caducità della fama.
I migliori film di Brigitte Bardot: Il disprezzo, Jean-Luc Godard, 1963.
L’ultima performance significativa in quest’analisi è quella de Il disprezzo, diretto da uno dei registi più conosciuti della Nouvelle Vague: Jean-Luc Godard. Il film è liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia e ruota intorno ad un classico matrimonio borghese in crisi. La Bardot qui interpreta Camille (Emilia, nella versione italiana), una donna che cerca invano di attirare le attenzioni del marito sceneggiatore Paul.
In linea con le politiche autoriali della nuova ondata, Godard è interessato soprattutto al rapporto tra vita e cinema e alla sua componente ontologica. In questo senso, la Bardot funge da strumento d’indagine e mira alla decostruzione sistematica della star e del mito.
B.B. viene spogliata dell’apparato che l’ha definita nei film precedenti. L’utilizzo della parrucca nera ad esempio, in una delle scene chiave del film, la priva uno degli elementi caratteristici del suo personaggio: i capelli biondi. Godard sfrutta a momento debito la nudità dell’attrice ma la depotenzia nella disarticolazione narrativa, tipica del suo cinema. Questo processo risulta abbastanza chiaro se si confronta la performance attoriale della Bardot con le interpretazioni precedenti. Il regista le impedisce di recitare naturalmente, le chiede di stare fuori dal personaggio: un metodo di lavoro che Brigitte fa fatica a sopportare.
Un giorno Godard mi disse che dovevo essere ripresa di spalle, camminando dritto davanti a me. Provai. Non andava bene. Gli chiesi perché. Perché la mia andatura non assomigliava a quella di Anna Karina. Insomma, dovevo imitare la mia controfigura… Non ci mancava che questo. Rifacemmo quella scena almeno venti volte. [9]
Dopo il 1964, la pressione su di lei comincia ad attenuarsi e la sex kitten subisce un’inevitabile declino al box office. Nel frattempo, le sue abilità recitative cominciano ad essere riconosciute dalla critica e dalla stampa americane. Il ritiro ufficiale dal cinema avvenne nel 1973, dopo aver girato il suo ultimo film: Colinot l’alzasottane, diretto da Nina Companeez. L’attrice continuerà a far parlare di sé ben oltre la fine della sua carriera cinematografica, confermandosi una delle personalità divistiche più controverse del cinema moderno.
Martina Pedata
Bibliografia e Note
[1] Brigitte Bardot, Mi chiamano B.B. Autobiografia (1996), trad.it. Bompiani, Milano 1997, p. 89.
[2] Brigitte Bardot, Mi chiamano B.B. Autobiografia, cit., pp. 136-137.
[3] Di star-vehicle parla Richard Dyer nel suo testo Star, Kaplan, Torino 2004, p.87: “I film sono stati spesso costruiti intorno alle immagini divistiche: le storie possono essere scritte su misura per una data star […] È questo che implica il termine veicolo”.
[4] Simone de Beauvoir, Brigitte Bardot: the Lolita Syndrome, “Kainos” n.8, 2008. (http://www.kainos.it/numero8/disvelamenti/debeauvoir.html)
[5] Roger Vadim, Bardot, Deneuve, Fonda, Rizzoli, Milano 1986, p.19
[6] Estratto di un articolo di Jean de Baroncelli su “Le Monde”, riportato in Brigitte Bardot, Mi chiamano B.B. Autobiografia, cit., p. 318.
[7] Brigitte Bardot, Mi chiamano B.B. Autobiografia, cit., p. 310.
[8] Brigitte Bardot, Mi chiamano B.B. Autobiografia, cit., p. 338.
[9] Brigitte Bardot, Mi chiamano B.B. Autobiografia, cit., pp.371-372.
Veronica Pravadelli, Le donne del cinema, dive, registe, spettatrici, Laterza, Roma 2014.
Alberto Scandola, Tra performance e presenza: la recitazione di Brigitte Bardot, “Acting Archives Review”, Anno IV, n.8, Novembre 2014.