Lo slasher movie è uno tra i sottogeneri più prolifici dell’horror, nonché uno dei filoni più amati dagli spettatori di tutto il mondo. Nonostante queste pellicole siano molto diverse tra loro, presentano degli elementi distintivi ben precisi dal punto di vista narrativo. Il filone è stato oggetto di numerosi studi, come anche di molte critiche, per via dei suoi contenuti espliciti e violenti. Vediamone nel dettaglio le caratteristiche attraverso una disamina dei i migliori film slasher, dai capostipiti del genere al recente X di Ti West.
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Lo slasher movie: teoria e caratteristiche
Il termine slasher si traduce letteralmente dall’inglese come “tagliatore” e nasce ufficialmente negli anni Ottanta negli Stati Uniti. Pur situandosi all’interno del genere horror, questa tipologia di film si allontana dall’elemento magico/sovrannaturale per focalizzarsi al contrario sulla suspense. I protagonisti sono in genere un gruppo di ragazzi, perseguitato da un assassino, spesso mascherato. È chiaro che qui la tensione non è generata dal sovrumano, quanto da una situazione potenzialmente ordinaria in cui si susseguono una dopo l’altra morti violente.
Una tra le caratteristiche distintive dello slasher è proprio l’eccesso che, in questo caso, si traduce in immagini e situazioni sempre più cruente. La suspense è data da un alto contenuto di violenza e da lunghe sequenze di tortura e uccisioni. Il grande successo di pubblico di questi film è sicuramente ascrivibile ad un grado superiore di identificazione con i protagonisti, che vivono una quotidianità molto simile a quella degli spettatori. Tuttavia, una parte della critica ha bollato lo slasher come genere fortemente reazionario e conservatore, con riferimento a particolari dinamiche narrative.
Prime fra tutte, il binomio sesso-morte e la gioventù come focus principale. In questo senso, le trame canoniche dei film slasher rappresenterebbero una condanna all’ideologia libertina giovanile nata tra gli anni Sessanta e Settanta. I protagonisti (e soprattutto, le protagoniste) che vivono la propria sessualità in maniera aperta e disinibita vengono puniti e uccisi dal maniaco. A questo proposito, un altro elemento chiave del genere slasher potrebbe essere ricondotto alla caratterizzazione dei personaggi femminili e, in particolare, a quella dell’eroina finale.
Molta critica ha sottolineato come le scene di violenza estrema siano, spesso e volentieri, indirizzate verso queste ultime. Questo discorso apre una parentesi su un certo tipo di voyeurismo legato alla rappresentazione delle donne sul grande schermo per il puro piacere maschile. Allo slasher si deve anche l’introduzione della figura della cosiddetta final girl, l’ultima sopravvissuta alla follia omicida del maniaco. Non è un caso che si tratti quasi sempre della più timida del gruppo, solitamente una vergine, il che riconduce alla questione del binomio sesso-morte già menzionato.
Tuttavia, nel corso degli anni Ottanta e Novanta, la figura femminile nello slasher ha subito un cambiamento radicale. Molti talentuosi registi che si sono cimentati nel genere hanno, di volta in volta, codificato e decodificato le dinamiche narrative di questi film, dando luogo ad interessanti riflessioni.
La lista dei migliori film slasher parte dagli antesignani del genere: L’occhio che uccide di Michael Powell, datato 1960, e Psycho di Alfred Hitchcock dello stesso anno. Si prosegue con il suo capostipite, Non aprite quella porta di Tobe Hooper, 1974. Successivamente, verranno analizzati i film che hanno fatto la storia del genere: Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter (1978), Venerdì 13 di Sean S. Cunningham (1980) e il famosissimo Scream di Wes Craven, datato 1996. Chiude la lista X: A sexy horror story di Ti West, uscito nel 2022.
I migliori film slasher: gli antesignani del genere
I due film qui menzionati non sono slasher, o almeno non ancora. L’occhio che uccide di Michael Powell e Psycho di Alfred Hitchcock escono entrambi nel 1960, a pochi mesi di distanza. Il genere non è ancora nato, eppure queste pellicole ne riportano molte caratteristiche, tali da essere considerate retrospettivamente come le grandi antesignane del filone.
La figura dell’assassino psicopatico, l’antagonista principale dello slasher, è molto diversa dagli altri mostri dell’horror. Eppure, sul finire degli anni Cinquanta, l’immaginario sul serial killer si fa sempre più vasto, a partire dalla cronaca, che riporta le macabre vicende di Ed Gein. Non si tratta più di personaggi sovrumani, come vampiri, licantropi e zombie, ma di mostri spaventosamente reali che cominciano ad invadere lo schermo.
L’occhio che uccide, Michael Powell, 1960
Adattamento della sceneggiatura di Leo Marks, L’occhio che uccide è oggi considerato un grande cult per gli amanti del genere. Al tempo, il film fu un clamoroso flop e rappresentò la fine della carriera di Powell. La pellicola è stata recuperata nel corso degli anni Settanta ed è stata elogiata da registi del calibro di Martin Scorsese e Francis Ford Coppola.
La trama ruota intorno a Mark Lewis, un cineoperatore interpretato da Carl Boehm. Il protagonista comincia ad uccidere giovani ragazze con un pugnale montato sulla cinepresa, in modo tale da riprendere il momento della morte. La sua ossessione è legata ad un trauma infantile causato dal padre, uno psicologo che lo utilizzava da bambino come cavia per i suoi esperimenti.
Le ragioni dell’insuccesso del film sono dovute non soltanto alla brutalità del contenuto, ma soprattutto alla sovrapposizione tra il punto di vista dello spettatore e quello di Mark. L’occhio che uccide è stato forse il primo horror a mettere l’audience nel point of view dell’assassino. Allo stesso modo di La finestra sul cortile di Hitchcock, il film riflette sull’essenza stessa del cinema e della visione.
L’occhio che uccide sarebbe da considerare un thriller psicologico più che un horror vero e proprio. Ma, a ben vedere, alcune dinamiche narrative si inseriscono perfettamente nel filone che oggi definiamo slasher. Il discorso sul voyeurismo cinematografico, che pure Hitchcock aveva trattato tante volte, ha qui un senso completamente diverso. Non si tratta solo di riprendere e di guardare, ma di fermare su pellicola la paura.
Mark uccide le sue giovani vittime con uno specchio montato sopra la macchina: vuole catturare il loro terrore e vuole che loro stesse si guardino nel momento della morte. Il piacere del guardare del protagonista è lo stesso che prova lo spettatore dell’horror nell’assistere ai brutali omicidi nella finzione del cinema. La sottile e raffinata analisi di Powell è, in realtà, il punto di partenza di ogni slasher che si rispetti, il genere horror che più di tutti si presta al gioco metacinematografico.
Psycho, Alfred Hitchcock, 1960
Uscito pochi mesi più tardi di L’occhio che uccide, l’ormai famosissimo Psycho è annoverato tra le pellicole iniziatrici del genere. Al contrario di ciò che successe per Michael Powell, il film rilanciò la carriera di Hitchcock, che ottenne un enorme successo di pubblico e critica.
Ispirato all’omonimo romanzo di Robert Bloch, la storia di Psycho ruota intorno al personaggio di Norman Bates, che vive in un isolato motel insieme alla madre morta. La protagonista, Marion, è una segretaria per un’agenzia immobiliare ma fugge con quarantamila dollari e finisce casualmente al motel di Bates. Qui verrà brutalmente assassinata. A questo punto inizierà l’indagine sulla sparizione della ragazza da parte della sorella Lila e del fidanzato Sam.
Ritroviamo due motivi già presenti ne L’occhio che uccide: la figura del serial killer e una presenza genitoriale disfunzionale che porta il protagonista ad uccidere. Il trauma di Norman, però, è legato ad un complesso edipico per cui assume la personalità della madre ogni volta che compie un omicidio. Inusuale è anche la scelta di far morire l’apparente protagonista femminile quasi all’inizio del racconto, un’espediente che utilizzerà anche Wes Craven nel famosissimo opening di Scream.
La sequenza della doccia, costruita ad arte da Hitchcock, fornisce forse una delle analogie più evidenti con il genere slasher. Sebbene non si veda quasi nulla, tutta la scena si basa fortemente su quel binomio sesso-morte che sarà poi tipico del filone. Non è un caso che sia diventato quasi un motivo ricorrente far attaccare le protagoniste dal killer mentre sono intente a cambiarsi o a lavarsi. La pulsione erotica che prova Norman nei confronti di Marion, poco prima di compiere l’omicidio, è la stessa che prova lo spettatore durante la visione. I personaggi femminili svestiti e sventrati rappresentano corpi erotici al servizio del voyeurismo maschile.
Il successo di Psycho fu tale da diventare uno tra i film più copiati della storia del cinema. Entrato ufficialmente nell’immaginario dell’orrore, in tantissimi cercarono di riproporne tematiche e stilemi, influenzando in maniera indelebile lo slasher che sarebbe nato a distanza di vent’anni.
I migliori film slasher: Non aprite quella porta, Tobe Hooper, 1974
Nonostante il termine slasher sia stato ufficialmente coniato negli anni Ottanta, l’anno di nascita del genere può essere considerato, a ragione, il 1974. L’uscita di Non aprite quella porta di Tobe Hooper rappresentò una decisiva inversione di rotta e una nuova concezione di horror che aprì definitivamente la strada ai successivi.
I protagonisti sono un gruppo di ragazzi, composto da: Sally, il fidanzato Jerry, il fratello Franklyn e gli amici Pam e Kirk. I giovani decidono di partire a bordo di un furgoncino per una vacanza ma, ritrovatisi senza benzina, sono costretti a fermarsi vicino la casa dei nonni di Sally e Franklyn. È lì che si ritroveranno in balia di una famiglia di cannibali che li uccideranno uno dopo l’altro.
Girato con un budget bassissimo, Non aprite quella porta ebbe uno straordinario successo al botteghino, nonostante fosse stato in ogni modo ostacolato dalla censura. Ritroviamo qui molti dei cliché tipici dello slasher: il gruppo di ragazzi protagonista, l’assassino mascherato, l’eroina finale sopravvissuta alla follia omicida. Il motivo del serial killer, qui chiaramente ispirato ad Ed Gein, come anche della famiglia disfunzionale, era già presente negli antesignani.
Ma Non aprite quella porta segna uno spartiacque nell’introduzione fondamentale di alcuni percorsi narrativi: la caratterizzazione del killer e della final girl. Sally può essere considerata come la prima tra le eroine dello slasher. L’unica sopravvissuta è un personaggio femminile che riesce a salvarsi, a scapito di quelli maschili, grazie a resistenza, astuzia e capacità. Tutte queste caratteristiche saranno presenti, in egual modo, nelle successive final girls. La sequenza finale la vede vera detentrice dello sguardo, nel momento in cui, dopo essersi salvata dal killer scappando su un pick-up, scoppia in una folle risata. L’eroina è riuscita a sopravvivere ma non è più la stessa e l’assassino è ancora in circolazione.
Qui è chiaro un altro elemento distintivo del filone, ovvero la serialità. Molti slasher sono saghe e saranno composti da una lunga serie di sequel e remake, di cui molte vanno avanti fino ai giorni nostri. I finali non mostreranno mai la minaccia definitivamente allontanata ma lasceranno sempre lo spettatore in uno stato di sospensione e in attesa di un film successivo. Non aprite quella porta darà vita ad una serie cinematografica di quattro film, andata avanti fino al 1994. Seguirà il remake di Marcus Nispel del 2003 e due film successivi, di cui un prequel e un sequel. L’ultima rilettura risale al 2022, diretta da David Blue Garcia.
Dall’altra parte c’è l’antagonista: il famoso Leatherface, “faccia di cuoio”. I nuovi cattivi dello slasher affascinano il pubblico e mettono definitivamente in ombra i vecchi mostri degli anni Cinquanta. Leatherface possiede tutte caratteristiche dei successivi assassini: maschera inquietante, forza sovrumana e un’arma distintiva. Questi mostri, però, sono in un certo senso più vicini al pubblico, il risultato di traumi, se non condivisibili, almeno comprensibili.
Qui sta tutta la forza potenziale dello slasher e il suo appeal sul grande pubblico: la minaccia non è più confinata nel sovrannaturale e non è mai stata tanto vicina a noi.
I migliori film slasher: Halloween – La notte delle streghe, John Carpenter, 1978
Tra i migliori film slasher non può mancare il successivo Halloween di John Carpenter, che segna la nascita definitiva del genere. È qui che i percorsi narrativi si canonizzano in maniera precisa. Scritto in collaborazione con Debra Hill, il film è stato presentato come un horror a basso budget e ha riscosso un successo tale da dare vita ad un vero e proprio franchise.
La notte di Halloween del 1963, nella cittadina di Haddonfield, il piccolo Michael Myers uccide a coltellate sua sorella Judith. Dopo l’omicidio, il bambino viene rinchiuso in un istituto psichiatrico ma riuscirà a scappare quindici anni più tardi, alla vigilia del 31 ottobre. Dopo aver ucciso un meccanico e aver rubato i suoi vestiti, ritorna nella sua città natale. Michael si mette sulle tracce della studentessa Laurie Strode, interpretata da una giovanissima Jamie-Lee Curtis, e delle sue amiche, Annie e Lynda. Durante la notte di Halloween, mentre le ragazze fanno da babysitter, l’omicida ucciderà entrambe e i loro rispettivi fidanzati. L’unica a salvarsi sarà Laurie, aiutata dal Dottor Loomis, lo psichiatra che aveva in cura Michael.
Il film di John Carpenter rappresenta una decisiva evoluzione del genere slasher, da forma embrionale a forma compiuta. Il personaggio di Michael sarà un modello imprescindibile per i successivi killer. La prima e virtuosistica sequenza, in cui il bambino uccide la sorella, è un long take[1], significativamente tutto in soggettiva. Lo spettatore assume, attraverso l’inquadratura, il punto di vista di Michael, il cui volto viene svelato solo alla fine della scena. Il villain si presenta subito come incarnazione di un male connaturato, senza una vera e propria fonte. I suoi tratti accentuano questa caratteristica: la maschera bianca, il coltello da macellaio e la forza al limite del sovrumano che gli permette di sopravvivere in circostanze impossibili.
Il binomio sesso-morte in Halloween diventa motivo centrale e caratterizzante. Michael sembra essere affetto da una vera e propria sessuofobia, che lo porta a perseguitare e a uccidere adolescenti in piena crisi ormonale. Non è un caso che molte delle vittime vengano uccise appena dopo un rapporto sessuale. Il piccolo Michael uccide la sorella Judith e l’amica di Laurie, Lynda, proprio dopo essere state insieme ai loro rispettivi fidanzati.
In questo senso, molti critici hanno visto nell’opera di Carpenter un forte intento moralizzatore, tesi avvalorata anche dalla caratterizzazione di Laurie. Il personaggio di Jamie-Lee Curtis è molto diverso da quello delle sue sfortunate coetanee e, diversamente dalle sue amiche, non ha una vita sessuale attiva. La figura del killer, quindi, avrebbe il compito di punire l’ideologia libertaria e disinibita degli adolescenti, ed il motivo per cui la protagonista sopravvive è proprio legato alla sua castità.
Il personaggio di Laurie, però, contraddice questa insita passività, presentandosi come il primo esempio compiuto di final girl. La protagonista non è solo l’unica a riuscire a tenere testa al killer, ma anche la sola a vedere la minaccia, ignorata invece dalle sue coetanee. Interessante è che la scelta dell’attrice sia ricaduta proprio su Jamie-Lee Curtis, figlia di una tra le prime reginette dell’horror, Janet Leigh, che interpreta Marion Crane in Psycho.
Halloween sarà comunque il primo slasher a trasformarsi in vera e propria saga, la cui fortuna arriva fino ai giorni nostri. La serie originale comprende ben otto film, di cui l’ultimo datato 2002. Il franchise prosegue con i remake di Rob Zombie del 2007 e del 2009, e con l’ultima trilogia sequel firmata David Gordon Green. Il capitolo conclusivo, Halloween Ends, è uscito nelle sale nel 2022.
I migliori film slasher: Venerdì 13, Sean S. Cunningham, 1980
Il successo di Halloween indusse molte produzioni a riprodurne gli stilemi. Gli anni Ottanta diventeranno l’epoca d’oro degli slasher: escono film cult come Venerdì 13 di Sean S. Cunningham e Nightmare – Dal profondo della notte di Wes Craven.
1958: Al Camp Crystal Lake una coppia di guardiani viene uccisa da un misterioso assassino. La trama si sposta al 1980, quando un gruppo di ragazzi, tra cui Alice, si dirige al campo per lavoro in attesa della riapertura. I giovani, di nome Marcie, Jack, Ned e Annie, fanno la conoscenza del proprietario del campeggio: Steve Christy. Durante la notte, il killer ucciderà i malcapitati uno dopo l’altro finché non rimarrà soltanto Alice. La ragazza chiede aiuto all’ex cuoca del campo e amica di Steve, Pamela Voorhees, che tuttavia si rivela la vera responsabile degli omicidi. Il suo intento era infatti quello di vendicare suo figlio Jason, annegato anni prima al lago. Alice riesce ad uccidere Pamela e il film si chiude con il misterioso ritorno di Jason.
Sebbene Venerdì 13 abbia interiorizzato ormai molti dei percorsi narrativi inaugurati da Halloween, c’è qui un elemento discordante. Il killer infatti non è una figura maschile, ma una donna. Il personaggio di Pamela Voorhees sarà presente soltanto nel primo film, mentre nei successivi ci sarà suo figlio Jason. La caratterizzazione dell’assassino presenta, come nel caso di Psycho, una sorta di confusione di genere. Come Norman Bates assumeva la personalità di sua madre al momento degli omicidi, Pamela è spinta ad uccidere dalla voce del figlio. Il classico killer dello slasher, dotato di forza e resistenza sovrumana, è qui una donna che assume caratteristiche maschili, sia nelle fattezze che nell’abbigliamento.
Al contrario, la final girl Alice rappresenta la parte femminile che, tuttavia, riesce ad avere la meglio sull’assassino. Come tutte le eroine dello slasher, la ragazza dimostra una grande tenacia a sa cogliere la minaccia imminente prima degli altri. Sulla scia di Halloween, Venerdì 13 inaugura una lunga ondata di slasher dalle regole più o meno codificate. Nel documentario Return to Crystal Lake: Making Friday the 13th, lo sceneggiatore Victor Miller racconta così la genesi del film.
Andai a vedere Halloween e cercai di capire di cosa avesse bisogno un buon film dell’orrore. Si comincia con un precedente malvagio. Un qualcosa di tremendo successo molto tempo prima. Quindi, bisogna avere un gruppo di adolescenti o poco più che si ritrovino in un ambiente in cui non possono essere aiutati dagli adulti. Un’altra cosa che ho imparato vedendo Halloween è che chi fa l’amore viene ucciso.[2]
Lo schema, a questo punto, è abbastanza chiaro. Venerdì 13 rimane, ad oggi, un grande classico e uno tra i migliori film slasher del periodo. La saga ufficiale proseguirà fino al 2001. Nel 2009 esce il reboot firmato Marcus Nispel ed è stata confermata una serie prequel in arrivo per il 2024.
I migliori film slasher: Scream, Wes Craven, 1996
Forte del successo di L’ultima casa a sinistra e Nightmare, Wes Craven firma uno dei suoi capolavori nel 1996 con Scream – Chi urla muore. Il film darà vita ad un nuovo ciclo del filone slasher a metà degli anni Novanta e ad una fortunatissima saga che va avanti fino ai giorni nostri.
Sceneggiato da Kevin Williamson, la storia di Scream si svolge in una piccola cittadina americana di nome Woodsboro. Qui una ragazza e il suo fidanzato, Casey Backer e Steven Orth, vengono brutalmente assassinati. Il misterioso killer comincia a perseguitare i ragazzi del liceo locale, tra cui Sydney Prescott, già sconvolta dalla perdita della madre. La giornalista Gale Weathers sostiene che l’assassino sia lo stesso della madre di Sidney, che ha accusato e messo in carcere l’uomo sbagliato. Si scopre che i killer sono in realtà due: Billy, il fidanzato della protagonista, e Stuart, un altro ragazzo del gruppo.
Scream non è soltanto uno tra i migliori film slasher mai realizzati, ma anche un raffinatissimo lavoro di decostruzione del genere. Wes Craven porta avanti un discorso metacinematografico e linguistico di indubbio spessore che riflette dall’interno sulle dinamiche del filone. Tutti i personaggi sono spettatori appassionati e grandi conoscitori del cinema horror, usano una grammatica specifica per comunicare ed elencano tutte le regole necessarie per sopravvivere.
L’opening del film ne è una prova lampante ed una tra le sequenze più iconiche dell’intera pellicola. La scena che precede l’omicidio di Casey, interpretata da Drew Barrymore, è una conversazione telefonica tra il killer e la ragazza, che rivela di essere fin da subito un’amante dei film horror. Lo stesso si può dire del gruppo di giovani protagonista, e dei due assassini, spinti ad uccidere da una passione ossessiva per il genere. Randy è il più cinefilo del gruppo e smaschera, di volta in volta, tutte le convenzioni tipiche dello slasher.
Ci sono delle regole precise che devono essere rispettate se si vuole sopravvivere in un Horror… Numero uno non si deve mai fare sesso, è proibito. Numero due mai ubriacarsi o drogarsi perché è il peccato per estensione della regola numero uno. E numero tre mai, mai e poi mai in nessun caso dire “torno subito” perché non si torna più [. . .] Se non rispetti le regole sei un uomo morto, ti ritroverò in cucina con un pugnale nel cuore. [3]
Paradossalmente, l’unica ad essere immune al fascino del cinema horror è la protagonista, Sidney. All’inizio presentata come una tra le final girls più classiche, il suo personaggio infrange la regola più importante di tutte: quella di non avere rapporti sessuali. Il gioco di rimandi e di citazioni in Scream è assai complesso. Il fine ultimo di Wes Craven è quello di distruggere e ricostruire un filone ormai bloccato nella banalità, attraverso un sottile gioco tra parodia e linguaggio.
Il film ottenne un enorme successo e un altissimo incasso al botteghino. La saga prosegue con altri tre film, una serie Netflix e il requel con protagonista Jenna Ortega iniziato nel 2022, ancora in corso.
I migliori film slasher: X: A Sexy Horror Story, Ti West, 2022
Un breve cenno tra i migliori film slasher merita un’uscita recente. Si tratta della trilogia di X, inaugurata da Ti West nel 2022, con A Sexy Horror Story. La pellicola vede nel cast due attrici ormai vere e proprie reginette dell’urlo: Mia Goth e Jenna Ortega.
La storia è ambientata in Texas nel 1979. Una troupe composta da sei personaggi è in viaggio per girare un film hard in campagna. La location scelta è una tenuta sperduta nel nulla, che i ragazzi hanno prenotato per girare. Qui vengono accolti in malo modo dall’anziano proprietario, di nome Howard, che gli intima di non farsi vedere da sua moglie Pearl. La donna comincia a perseguitare i ragazzi, che moriranno uno dopo l’altro. L’unica a salvarsi sarà Maxine, aspirante attrice interpretata da Mia Goth, che ucciderà l’anziana e fuggirà sul furgone.
Ti West riprende il gioco metatestuale inaugurato da Scream e mette in atto una riflessione in bilico tra sessualità e violenza. La scelta di un sottogenere e di un’ambientazione precisa fornisce allo spettatore una fitta trama di rimandi: dal viaggio iniziale di Non aprite quella porta al paesaggio lacustre di Venerdì 13. Condendo il gore con un pizzico di pepe, il regista riesce a creare un universo spaventoso ma divertente in cui i malcapitati protagonisti sono la troupe di un porno. La regola ultima dello slasher viene contraddetta stavolta fino in fondo. La final girl, Maxine, è sicura di sé, sessualmente disinibita, quella che di norma sarebbe stata la prima vittima.
La repressione del desiderio e della sessualità femminile sembra essere la tematica centrale. In X, il killer è un’anziana signora, sessualmente repressa, che da ragazza ha rinunciato ai suoi sogni di gloria. È interessante notare come Mia Goth vesta i panni di entrambe, l’eroina e l’antagonista, grazie ad un impressionante lavoro di trucco. L’attrice ritornerà da protagonista nel prequel uscito nello stesso anno, dal titolo Pearl, che racconta la storia dell’assassina da giovane.
X: A Sexy Horror Story è una pellicola ironica e intelligente che rientra a pieno titolo tra le visioni obbligate per gli appassionati del genere. La trilogia proseguirà con il sequel, Maxine, la cui uscita è prevista per il 2024.
Martina Pedata
Note e Bibliografia
[1] Per long take si intende un’inquadratura di lunga durata senza stacchi di montaggio. Si distingue dal piano-sequenza perché, al contrario di quest’ultimo, non esaurisce per forza un intero episodio narrativo. Per approfondire: Gianni Rondolino, Dario Tomasi, Manuale del film, Linguaggio, Racconto, Analisi, Utet, Torino 2018, pp. 249-251.
[2] Valerio De Simone, Final Girl, L’eroina dell’Horror e dello Slasher, Aracne, Roma 2012, pp. 171-172.
[3] Citazione da Scream, Wes Craven, USA 1996.
- Michele Tetro, Roberto Azzara, Roberto Chiavini, Stefano Di Marino, Guida al cinema horror, dalle origini del genere agli anni Settanta, Odoya, Bologna 2021.
- Giancarlo Usai, L’occhio che uccide di Michael Powell, Ondacinema, 15/07/2015.
- Antonio Pettierre, Psyco di Alfred Hitchcock, Ondacinema, 04/09/2016.
- Eugenio Radin, Non aprite quella porta di Tobe Hooper, Ondacinema, 27/05/2018.
- Eugenio Radin, Scream di Wes Craven, Ondacinema, 14/03/2021.
- Rudi Capra, X: A Sexy Horror Story di Ti West, Ondacinema, 13/07/2022.