Tre modi per non morire è lo spettacolo teatrale in scena al Teatro Bellini di Napoli dal 19 al 23 dicembre con il premio oscar Toni Servillo luci di Claudio de Pace produzione del Piccolo Teatro di Milano a cura di Giuseppe Montesano.
Tony Servillo in scena al Bellini con Tre modi per non morire
L’opera è un viaggio nella letteratura che disvela a teatro il pensiero dei classici sulla nostra contemporaneità.
Nell’era del progresso in cui vengono a mancare i capisaldi della civiltà sono loro: Baudelaire, Dante e i Greci a indicarci la via della vera modernità attraverso la rilettura del loro pensiero senza tempo trascritto dalla penna di Giuseppe Montesano e che si fa voce collettiva nella magistrale interpretazione del Maestro Servillo.
Sono ancora una volta i classici che ci insegnano l’arte di non morire, sono ancora una volta i greci che ci indicano il sentiero per sopravvivere alla “legge della foglia” che rende tutti gli uomini condannati alla precarietà dell’esistenza e alla caducità della vita, eccetto coloro i quali attraverso l’arte hanno il dono di sopravvivere alla morte ed eternarsi nella mente dei posteri.
Toni Servillo porta in scena un Baudelaire rivoluzionario che dialoga direttamente con il pubblico dell’entusiasmo rivoluzionario, del suo amore la compagna Jeanne Duval, della privazione della sua libertà a causa della madre che gli nega l’eredità paterna e della sua ribellione ad una società vigliacca.
“I fiori del male” sono un canto corale al quale prendono parte le diverse parti della personalità di Baudelaire nei personaggi di folli, sodomiti, prostitute e assassini:
“Tutto è verità, nei Fiori del male, perché le voci dei pazzi, delle lesbiche, dei nevrotici, delle puttane, degli assassini, delle sognatrici, dei sensuali, sono le voci di Baudelaire, e sono vere: ma lo sono nel senso in cui un romanziere mette tutte le parti di sé stesso in un romanzo distribuendole nei personaggi e nelle scene, facendo dire “Io” a un Io narrante che forse è quello meno vicino ai suoi veri Io e ai suoi veri altri Io.
È per questo che nei Fiori del male risuonano dovunque le voci degli altri, in una dialogicità non meno sfrenata che in Dostoevskij: ma quelle voci risuonano attraverso i mezzi della poesia, attraverso la tecnica della poesia, attraverso l’arte della poesia.
La realtà entra nei Fiori del male in maniera travolgente, ma parla attraverso la maschera della lirica: e canta, e quanto più canta strangolata dalla contraddizione, tanto più quel canto dice la verità”.
La prima parte de “I Fiori del male” dal titolo Spleen e ideale contiene un’opera: dal titolo Spleen, composta nel 1857 e considerata uno dei capolavori di Charles Baudelaire:
Quando il cielo basso e oppressivo pesa come un coperchio
sull’anima che geme in preda a lunghi affanni,
e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte,
una luce nera più triste di quella delle notti;
quando la terra si è trasformata in un’umida prigione,
dove la Speranza, come un pipistrello,
va sbattendo contro i muri la sua ala timida
e picchiando la testa sui soffitti marciti;
quando la pioggia distendendo le sue immense strisce,
imita le sbarre di una grande prigione,
e un popolo muto d’infami ragni
tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,
a un tratto delle campane sbattono con furia
e lanciano verso il cielo un urlo orrendo,
simili a spiriti erranti e senza patria,
che si mettono a gemere ostinatamente.
– E lunghi funerali, senza tamburi né musica,
sfilano lentamente nella mia anima;
vinta, la Speranza piange; e l’atroce Angoscia, dispotica,
pianta sul mio cranio chinato il suo vessillo nero.
Il termine spleen che deriva dall’inglese “milza”, indica uno stato d’animo di malinconia o di angoscia esistenziale che Charles Baudelaire magistralmente espresse attraverso le immagini poetiche dei suoi componimenti.
Leggere Spleen di Baudelaire dà nome al malessere che attanaglia l’esistenza umana come una prigione alla quale l’autore dà nome.
Tre modi per non morire. Baudelaire, Dante, i Greci
Servillo come un Caronte contemporaneo dopo aver rievocato a teatro la voce che lo scrittore francese Baudelaire ha reso eterna nel suo romanzo in poesia “I fiori del male”, ci traghetta nell’Inferno dantesco in cui è possibile ritrovare i personaggi della modernità, ma che nessuno spazio lascia agli ignavi.
Gli ignavi che il grande poeta aveva lasciato fuori, lì nell’antinferno, sono coloro che non hanno il coraggio di guardare la realtà delle cose.
Ma i Greci ci insegnano ancora una volta ad avere il coraggio di scandagliare la verità nuda e cruda nelle sue atrocità. I greci che con la catarsi teatrale riuscivano a parlare in pubblico di qualsiasi cosa, incesti, tradimenti, pedofilia, accoppiamenti zoofili e tutto l’incomprensibile e l’inaccettabile del variegato ventaglio delle declinazioni della sessualità umana.
Il teatro era il luogo ove non esisteva vergogna, pudore o censura per nessuna forma di mostruosità. Basti pensare al teatro di Eschilo che per mezzo delle risorse sceniche e dei racconti suscitava spavento e stupore al punto da provocare durante la rappresentazione delle Eumenidi, con l’apparizione dei membri del coro uno alla volta, una impressione tale (ekpléxai) nel popolo che si dice da svenissero i bambini e abortissero le donne. La poesia attraverso i classici accende un fuoco imperituro che illumina dall’oscurità i moderni. Resi fragili dal loro nichilismo possono prendere conoscenza di sé e della propria esistenza, ritrovare il lume della ragione e la via per ritornare vivi.
Chi è Giuseppe Montesano?
Scrittore e critico, è autore dei romanzi Nel corpo di Napoli (1999), A capofitto (2000), Di questa vita menzognera (2003) e Magic People (2005). Ha tradotto e curato opere di Dick, Savinio, Malaparte, Hesse, Dumas, Ottieri. Ha scritto Il ribelle in guanti rosa. Charles Baudelaire (2007), di cui ha curato anche le opere per I Meridiani, Lettori selvaggi (Giunti 2016) e Come diventare vivi. Un vademecum per lettori selvaggi (Bompiani 2018).
Rosa Auriemma