James Senese ci ha aperto le porte di casa sua − cosa più unica che rara − e per un’oretta abbondante ci siamo ritrovati faccia a faccia con lui, uno dei musicisti più influenti dell’intero panorama musicale nazionale. Un uomo umile, un figlio di Napoli, un figlio della musica vera, un figlio di quel linguaggio (come spesso l’ha chiamato lui durante l’intervista) che ha come obiettivo la ribellione, la rivoluzione.
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“Il mio sax porta le cicatrici della gioia e del dolore della vita.” Cosa vuol dire per James Senese questa cosa?
Per me è una frase naturale. Suonare è un modo come un altro per capire la società. Io non faccio la musica tanto per farla. ha uno scopo: capire la società com’è fatta. Il male domina dappertutto e io cerco di stare dall’altra parte. Dalla parte di quelli che provano a debellarlo, quel male, tramite la musica.
Da cosa è partita questa cosa di mischiare l’influenza del sound proveniente dall’America con la musica napoletana?
Non è un vero e proprio mischiare. E più che altro un fatto naturale. Je so’ figlio ‘e american’ e figlio ‘e napulitan e quindi credo sia dovuto a un fatto di DNA. E poi io non ho copiato mai nulla. Ho ascoltato, certo, come tutti i miei colleghi musicisti, quello che mi interessava, ma per me è stato un fatto naturale creare un nuovo linguaggio musicale. Ma di dominante cosa c’è? Napoli e la nostra cultura. La città dove sono nato è la parte dominante di me, ma ogni tanto c’è anche l’altra parte che mi richiama.
Come nasce il James Senese musicista? Quali sono stati i primi approcci alla musica?
Io mi ricordo che a 12 anni abitavo a Miano vecchia. Nel palazzo dove abitavo c’erano già dei ragazzi − più grandi di me − che suonavano vari strumenti. Un ragazzo suonava la chitarra e ho capito che avrei dovuto seguire quella strada. Con il sax invece è stato diverso: quella è stata una scelta precisa. Il sassofono lo sentii per la prima volta al jukebox e ricordo che pensai: questo è il mio strumento, senza neanche sapere cosa fosse. Mia madre me lo regalò a 14 anni. Ricordo che quando lo andai a scegliere, il negoziante mi disse: accattati chistu ccà, perché per ora ti serve per fare pratica, per studiare. In realtà era un sassofono ministeriale, quello usato dalle bande, e aveva circa dieci tasti in meno. Ma da quel momento divenni un fanatico del sassofono. Mi appassionai davvero in modo tremendo.
E poi arrivarono i Napoli Centrale…
Il primo album dei Napoli Centrale nasce dopo aver sciolto il gruppo degli Showmen. Quando abbiamo raggiunto il successo con questo gruppo avevamo diciott’anni, e fu una cosa pazzesca. Poi per sette, otto anni, suonammo insieme, finché Mario Musella, il cantante, non decise di lasciarci troppo presto. Io e il batterista − Franco Del Prete − decidemmo di continuare la nostra storia. Eravamo molto amici io e Franco e da lì abbiamo deciso di tagliare totalmente con il passato. Volevamo andare su un’altra dimensione: Napoli Centrale. Nel giro di un anno avremmo rivoluzionato il mondo della musica.
Poi nel 1977 entra a far parte anche un altro giovane nei Napoli Centrale: Pino Daniele. Che ricordi ha di quel periodo?
Pino mi chiamò a casa. Mi disse che i Napoli Centrale lo facevano impazzire, voleva conoscermi e voleva suonare con noi. Io gli dissi: Fai ‘na cosa, dato che in questo momento noi stiamo cercando un bassista, vieni a casa mia. Lui venne, e per un fatto proprio di alchimia che si creò tra me e lui, io gli dissi: «Tu suon’ a chitarra, però accattat’ ‘o basso e vieni a sunare cu’ nuje». E da lì partì alla grande. Io ho insegnato tante cose a Pino, e quando fu costretto per un discorso discografico a lasciare Napoli Centrale, continuammo a restare in contatto, perché non si era creata solo una grandissima amicizia: io e lui musicalmente ci capivamo davvero. Proprio per questo suonai nel suo grande successo: Nero a Metà. Da lì non ci saremmo lasciati più.
E che aria si respirava durante quelle sessioni di registrazione?
Come un uomo e una donna che si amano!
Ha mai pensato di intraprendere una carriera da solista?
Io non ho mai pensato di fare il solista. Bisogna capirla bene ‘sta cosa. Fu la casa discografica a dirmi: fai James Senese, ma in realtà è sempre esistita solo Napoli Centrale. E ora ti spiego cosa intendo: eravamo io e Franco Del Prete, io facevo le musiche e Franco i testi. Poi, dato che le mie apparizioni − anche con Pino − mi portarono tanto successo, è uscito fuori il nome di James Senese più di tutti. Però p’o sistema è stato molto più facile dire che mi fossi allontanato dai Napoli Centrale, quando non era assolutamente vero. I Napoli Centrale non si sono mai sciolti!
E ora cosa c’è in ballo? A cosa stanno lavorando James Senese e i Napoli Centrale?
Uscirà il disco nuovo. Sono un paio di anni che ci sto lavorando. Fra una settimana entriamo in sala e tra un mese finiremo di registrare. Il disco uscirà a settembre e sarà un disco come sempre rivoluzionario, con niente di scontato. Sarà una sorpresa e cambierà anche una parte del linguaggio. C’è un discorso di ribellione alla base, come sempre in tutti i nostri dischi. E poi ci sarà una sorpresa nel cantato che poi ascolterete.
Lascio la casa di James Senese consapevole del fatto che ‘nu guaglione di 22 anni come me ha avuto una grande occasione. Ma la cosa che più mi ha impressionato di questa chiacchierata è che questo vecchio leone del sound non è stanco di ribellarsi, non è stanco di fare ‘a rivoluzione.
Pagina facebook di James Senese/Napoli Centrale: https://www.facebook.com/jamessenesenapolicentrale?fref=ts
Sito web James Senese: http://www.jamessenese.it/
Raffaele Cars
Foto di Marianna Fioretti