” Signori, sono innocente di tutto ciò di cui vengo incolpato. Auguro che il mio sangue possa consolidare la felicità dei francesi. ” Queste sono ricordate come le ultime parole del sovrano di Francia Luigi XVI ghigliottinato il 21 Gennaio 1793 in piazza della Rivoluzione a Parigi.
Di sicuro la morte di Luigi XVI è passata alla storia come la più nota e e discussa delle defenestrazioni politiche, nonché primo vero atto sul continente europeo finalizzato alla decostruzione della sacralità e intangibilità del potere regio di stampo assolutistico, imponendo, quindi, per la prima volta un principio di responsabilità politica .
Ma come ci si è arrivati a tale condanna? Perché condannarlo a morte dopo 4 anni dalla presa della Bastiglia e l’inizio della Rivoluzione francese?
La strada verso la Rivoluzione
Il processo di eventi e fatti che ha visto il sovrano salire sul patibolo è stato lungo e tortuoso. Un primo importantissimo elemento di giudizio fu la forte politica reazionaria attuata prima e dopo gli Stati generali. Davanti all’aumentare del malcontento cittadino a Parigi e per la sicurezza e la tenuta degli Stati generali, il sovrano fece convergere nella capitale vari reggimenti dell’esercito. Questi ultimi furono protagonisti di vere e proprie mattanze contro diversi focolai di protesta divampati nei quartieri parigini, tra cui quello di Saint-Antoine dove perirono più di 300 persone.
La più assoluta intransigenza del sovrano a cercare un dialogo con i rappresentanti del terzo Stato costrinse gli stessi, esuli dal dibattito, a riunirsi al campo della palla corda, dove giurarono di rimanere uniti fin quando la Francia non avesse avuto una propria Costituzione; tale atto insieme all’ordine dato dal re di puntare i cannoni della Bastiglia sulla città fecero scattare la Rivoluzione.
La politica conservativa del re non si consumò in queste fasi iniziali del processo rivoluzionario, anzi, si può affermare, con una certa sicurezza, che l’accusa e poi la condanna contro il re furono mosse soprattutto per la sua linea politica successiva atta a minare e a sabotare i primi risultati rivoluzionari.
Tra il 5 e il 6 Ottobre 1789 una grande folla, tra cui si contavano soprattutto donne, si diresse a Versailles guidata dal generale Lafayette. Luigi XVI si era infatti rifiutato di firmare e convalidare i primi atti dell’Assemblea Nazionale Costituente, tra cui si menzionavano l’abolizione dei diritti feudali, dei privilegi fiscali della nobiltà e del clero e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Dalla fuga all’arresto
Nel Giugno del 1791 ci fu poi un maldestro tentativo di fuga di Luigi XVI e della famiglia; l’obiettivo era raggiungere il confine orientale della Francia a Metz, ma la carrozza del sovrano fermatasi a Varennes per il programmato cambio dei cavalli. Egli trovò invece un mastro di posta, Jean-Baptiste Drouet, che riconosciutili li fece arrestare. Iniziò così tra i rivoluzionari una prima discussione sul futuro della monarchia e della persona di Luigi XVI; tra i favorevoli ad una costituzione monarchica ci furono i foglianti, tra i repubblicani vi erano invece i cordiglieri e giacobini.
Divenuto espressione del potere esecutivo con il varo della Costituzione del 1791, Luigi XVI fu accondiscendente alla dichiarazione di guerra, l’anno successivo, contro Prussia e Austria, per il solo fatto di sperare in una sconfitta francese che avrebbe dato vita, inevitabilmente, ad un processo di piena restaurazione monarchica. Intanto il sovrano continuò con la propria azione ostruzionistica opponendo il proprio veto al decreto che ordinava la deportazione degli ecclesiastici refrattari; di fronte a ciò l’area più politicizzata del popolo, i sanculotti il 20 Giugno 1792 assaltarono il palazzo del re costringendo lo stesso ad indossare il berretto frigio, simbolo dei sanculotti e in aggiunta a brindare alla rivoluzione.
Davanti a queste posizioni, i cordiglieri di Danton e i giacobini di Robespierre, divenuti ormai maggioranza nell’Assemblea, riuscirono ad imporre l’arresto di Luigi XVI, la sospensione dei suoi poteri. Infine convocarono una Convezione Nazionale eletta a suffragio universale che avrebbe dato una nuova Costituzione al paese.
La morte di Luigi XVI
Il 7 Novembre 1793 ebbe inizio il processo a Luigi XVI, durante le arringhe i più infervorati per una condanna del re furono Louis-Antoine Saint Just e Robespierre. Quest’ultimo affermò “Io esprimo, a malincuore, questa fatale verità, ma Luigi deve morire perché la Patria viva”.
Il 15 Gennaio 1793, tutti e 707 i deputati votarono unanimamente la colpevolezza del sovrano rispetto all’accusa di cospirazione contro la libertà. Con un margine abbastanza ridotto di voti, 387 contro 334, Luigi XVI fu condannato a morte per ghigliottina, condanna poi eseguita il 21 Gennaio 1793.
Dario Salvatore