Un evento quasi unico che riempie d’orgoglio (e di speranza) il cinema tricolore: Matteo Garrone, Nanni Moretti e Paolo Sorrentino in gara sulla Croisette per la prima volta dopo vent’anni. L’ultima volta, infatti, fu nel lontano 1994 quando i registi italiani che concorsero al 47° edizione del Festival di Cannes furono Mario Brenta con “Barnabo delle montagne”, Aurelio Grimaldi con le sue “Le buttane”, Giuseppe Tornatore con “Una pura formalità” e, ancora una volta, Nanni Moretti con “Caro Diario” (Vincitore della Palma d’oro alla miglior regia). Ed è la prima volta in assoluto che i registi diffondono una dichiarazione “collettiva”. Subito dopo la conferma da Parigi, i tre moschettieri diffondono una foto di gruppo destinata a fare storia (con un sorridentissimo Moretti centrale), dichiarando in un comunicato congiunto:
“Siamo felici e orgogliosi di rappresentare l’Italia in concorso al prossimo Festival di Cannes. Siamo consapevoli che è una grande occasione per noi e per tutto il cinema italiano. I nostri film, ognuno a suo modo, cercano di avere uno sguardo personale sulla realtà e sul cinema; ci auguriamo che la nostra presenza a Cannes possa essere uno stimolo per tanti altri registi italiani che cercano strade meno ovvie e convenzionali”.
I nostri film a Cannes
I film in gara per quest’anno sono rispettivamente “Tales of Tales“, “Mia madre” e “Youth“.
Il primo film è di Matteo Garrone (già regista di “Gomorra” e “Reality”), “Il Racconto dei racconti” è stato definito “un grande affresco in chiave fantastica del periodo barocco“. Un viaggio per l’Italia attraverso luoghi fatati e misteriosi, giardini, ville e castelli, ambientato nel 1600 e liberamente tratto da “Lo Cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille” di Giambattista Basile, autore napoletano del XVII secolo, precursore di tutta la letteratura fiabesca dei secoli successivi. L’opera è un racconto di cinquanta fiabe in lingua napoletana (a cui resta sempre fedele il regista) scritte tra il 1634 e il 1636, e il film si struttura su tre storie diverse -relative a tre diversi sovrani- che si intrecciano: Salma Hayek nel primo episodio, Vincent Cassel nel secondo e Toby Jones nel terzo. Il film è girato in lingua inglese e lo stesso regista, al momento delle riprese, dichiarò pubblicamente di “non sapere neanche lui cosa stesse facendo“: “questo film è ancora un’incognita.- ha dichiarato- Di sicuro è un tentativo di partire dal fantastico per arrivare al contemporaneo, a differenza degli altri, in cui partivo dal contemporaneo per arrivare al fantastico.” Un viaggio senza censure attraverso luoghi e storie fatate, un percorso che punta tutta la sua bellezza sul visivo lasciando alla sceneggiatura quel poco di non-detto che basta a creare un’opera perfettamente equilibrata.
E anche “Youth“, il film di Paolo Sorrentino che gioca la sua partita a Cannes, può essere interpretato nella stessa ottica.
Anche questo un viaggio, nei luoghi e soprattutto nel tempo, un viaggio introspettivo che si pone in maniera complementare con quello di “La grande bellezza” che gli ha procurato un Oscar l’anno passato. Il film racconta della storia di Fred e Mick, due uomini d’arte (uno è un direttore d’orchestra in pensione, l’altro un regista in attività), che si trovano insieme a riflettere sul futuro mentre osservano le stranezze giovanili dei loro figli e degli altri ospiti dell’hotel, in un percorso immaginifico attraverso i luoghi e il tempo, in cui tutto sembra allo stesso tempo immutabile ed effimero. Un’altra opera tutta incentrata sull’io che Sorrentino riesce a far emergere attraverso l’utilizzo della sua macchina da presa, anche questo in lingua inglese, ha un cast d’eccezione con Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano e Jane Fonda.
Il film di Nanni Moretti, invece, è anche questo a sua volta introspettivo, soggettivo e universale in perfetto stile del regista, e si intitola “Mia Madre“. L’alter-ego morettiano è Margherita Buy, mentre il regista interpreta il fratello della stessa, che è costretta ad affrontare un periodo di crisi creativa nel suo lavoro di regista e le difficili condizioni fisiche della madre, “cronaca dolente e coraggiosamente autobiografica di un evento cruciale nella vita di ognuno” (LaStampa.it). Un film che porta sullo schermo non un complesso edipico, ma la sofferenza nuda e cruda e lo smarrimento di un figlio di fronte al venir meno della propria madre, la madre del regista che è però anche troppo simile alla madre di ognuno di noi.
La sessantottesima edizione della rassegna di Cannes, dedicato al cinema dei fratelli Lumière, si svolgerà dal 13 al 24 maggio 2015 e ha diviso il pubblico: da un lato chi si riempie di orgoglio patriottico e della speranza di una rinascita del cinema italiano, ormai affondato poiché affidato a narrazioni quasi sterili che provavano lo sbarco al botteghino attraverso personaggi comici che impedivano la diffusione del film su scala mondiale, la categoria di tutti coloro che vedono in questo trio delle meraviglie la speranza di far rivivere i tempi d’oro del cinema italiano di Fellini, De Sica e Pasolini; dall’altra il pubblico parigino, che punta il dito contro la candidatura di film italiani ma girati in lingua inglese come quelli di Sorrentino e Garrone. A queste accuse il direttore del festival, Fremaux, risponde fermamente: «L’inglese, che ci piaccia o no, è ormai l’esperanto mondiale». Né Sorrentino né Garrone, ribadisce Fremaux, «girano in lingua inglese per piacere al mercato anglosassone, e la coerenza, come ha fatto notare il presidente del Festival Pierre Lescure, non è nella lingua, ma nel «progetto artistico».
Camilla Ruffo