Il 22 aprile scorso è uscito “Avergers: Age of Ultron”, in cui il prolifico Robert Downey Jr dà ancora una volta la sua allegra interpretazione di Tony Stark alias Iron Man. Mentre su un binario prosegue dunque la sua vita da supereroe Marvel, dall’altra si può notare il suo impegno per ruoli di spiccata levatura, come nel recente The Judge. Ma guardiamo meglio…
Robert Downey Jr… bipartito
Sembra che la carriera di Robert Downey Jr sia aderente in modo inesorabile alla sua vita privata, ed è ben più evidente che in molti dei suoi colleghi: non nasconde di aver dovuto affrontare una disintossicazione attorno ai primi anni 2000. Non solo: sembra che questa sua carriera sia bipartita nel periodo pre-Iron Man e in quello che chiameremo periodo Marvel, quest’ultimo colpevole probabilmente di averlo trascinato in una spirale da cui non uscirà presto, ma che a tutti gli effetti è collegato alla sua rinascita e ascesa all’amore del pubblico.
Lungi dall’intento di questo articolo è sondare il passato dell’attore, già dichiaratamente superato in tutta la sua oscurità di difficili rapporti con il padre, di droga e di alcol. Non che i lavori dell’epoca siano tutti da buttare: fanno parte di un cammino. Imperdonabile dimenticare la sua interpretazione di Charlie Chaplin in Charlot (Richard Attenborough – 1992), ad oggi ancora citata come la migliore di quelle dedicate al cineasta. Oppure, non si può lasciare da parte Harry Lockhart, piuttosto allucinato, sbatacchiato di qua e di là in Kiss Kiss Bang Bang (Shane Black – 2005).
Per numero, i ruoli che Robert Downey Jr può elencare nel suo curriculum hanno poco da invidiare a chicchessia. Ma… domanda: a quale ruolo in realtà lo si collega d’istinto?
Iron Man & Sherlock Holmes
C’è poco da fare gli snob: Robert Downey Jr deve il suo enorme successo a un cinecomic. La sua natura di attore di nicchia all’epoca dell’uscita in sala di “Iron Man” venne immediatamente messa da parte, e Iron Man salì ai vertici dei bastardi dal cuore retto più idolatrati di sempre, tanto da indurlo a firmare non solo per una trilogia del suo personaggio (“Iron Man” di Jon Favreau – 2008; “Iron Man 2” di Jon Favreau – 2010; “Iron Man 3” di Shane Black – 2013) ma anche per due film in cui figura come co-protagonista (“The Avengers” di Joss Whedon – 2012; “Avergers: Age of Ultron” di Joss Whedon – 2015), l’ultimo dei quali è da poco uscito in sala provocando un’onda d’urto di reazioni piuttosto notevole.
Meno eclatante e comunque divertente è il secondo ruolo che marchia in modo indelebile Robert Downey Jr: Sherlock Holmes (“Sherlock Holmes” – 2009; “Sherlock Holmes – Gioco di Ombre” – 2011). Ora, il personaggio pare sia stato riscoperto contemporaneamente da più di un regista, subendo nel giro di qualche anno varie reinterpretazioni che oscillano tra l’oltraggio a Sir Arthur Conan Doyle e lo svecchiamento geniale. Fatto sta che più di un fan ha abiurato, definendo l’operato di Guy Ritchie un autentico tradimento. Per contro, i due film, lontani dal voler essere più che dei blockbuster d’azione con qualche citazione alle care vecchie trame, sono delle pellicole apprezzabilissime. Robert Downey Jr, accanto a Jude Law, ha il suo solito mezzo sorriso ad animare ogni inquadratura, e, infuso in ogni movimento, un autentico divertimento che sembra voler chiedere di prenderla alla leggera e di mettersi a giocare insieme a lui con uno strambo Sherlock Holmes.
Come essere attore
Robert Downey Jr non è di quegli attori che disperdono se stessi nella parte, che annullano tutto di sé per diventare qualcun altro, e questo può essere piazzato al primo posto fra i contro del suo essere attore. Oppure, può essere annoverato semplicemente tra i tanti modi che gli artisti hanno di approcciarsi ai personaggi, e riconoscere comunque che il talento di cui gode questo artista nello specifico è grande.
Insomma Robert Downey Jr rimane sempre Robert Downey Jr, benché, certo, cambiando il contesto specifico nel quale è calato il personaggio, cambia l’esperienza di cui quest’ultimo mostra le conseguenze e il suo atteggiamento verso gli eventi. Ma è sempre riconoscibile l’espressione ridacchiante sotto la maschera seria tipica del nostro Robert, o la luce disincantata e ironica negli occhi scuri. Insomma, l’attore conserva la propria indole profonda e la inserisce, intatta, all’interno del personaggio senza permettere che questo la contamini, ma al massimo concedendogli di fornirgli un paio di occhi con cui guardare, filtrare ed interpretare le vicende di cui è eroe.
Al contrario che essere limitante, questo permette di osservare quanto Robert Downey Jr sappia piegare e manipolare a piacere la propria persona, immedesimandosi nell’ambiente e risultando sempre e comunque figlio del luogo e del momento storico caratteristici della sua parte.
È così che Hank Palmer di “The Judge” (David Dobkin – 2014) rimane inconfondibilmente Robert, con il suo misto di dolcezza e di sarcastico cinismo, ma è il Robert che sarebbe esistito se fosse stato un avvocato dell’Indiana cresciuto con quel padre giudice (Robert Duvall) e quei fratelli. Allo stesso modo, Paul Avery di “Zociac” (David Fincher – 2007) è il Robert che il mondo avrebbe se fosse diventato giornalista di cronaca nera, e così via per ognuno dei suoi ruoli migliori. Tutto questo gli impone di essere estremamente sincero con il pubblico, perché ad essere davvero evidente è quanto una parte lo abbia convinto o no: nel primo caso, la genuinità di azioni e reazioni sarà impareggiabile. E nel secondo caso… si intuisce.
Chiara Orefice