Un po’ tutti noi oggi ci siamo imbattuti, sulla home page di Google, nel grazioso doodle dedicato a Bartolomeo Cristofori. Cembalaro alla corte medicea, nasceva trecentosessant’anni fa. Trentacinquenne, per quanto ne sappiamo − era il 1690 −, realizzò il suo primo gravicembalo col piano e forte: conservato al Museo Bardini di Firenze, si considera quell’esotico strumento a tastiera come il primo pianoforte della storia… almeno in senso lato.
In effetti il doodle ci tiene a farci ricordare, con un pratico controller, la peculiarità di quello strumento realizzato da Cristofori: poter produrre una vasta gamma di intensità sonore a seconda della quantità di moto − da cui, impropriamente, gravicembalo − trasferita sul tasto. Una conquista decisiva che prometteva di far sì che il fortepiano si sostituisse all’altro cordofono a tastiera che, dai tempi di Leonardo fino ad allora, l’aveva fatta da padrone: il clavicembalo.
Pianoforte vs clavicembalo: una partita difficile
Quello strumento, che oggi sono in molti a trovare gracchiante, asettico e ridicolmente pomposo, può essere considerato tuttavia strumento principe del Barocco musicale (1600-1750), che a sua volta ha per ultimi e sommi principi Georg Friederich Handel e Johann Sebastian Bach. Non è un caso che entrambi questi musicisti fossero reputati grandi virtuosi del clavicembalo che vantava un repertorio, da salotto e da concerto, per amatori e per professionisti, veramente invidiabile. Il clavicembalo dominava la scena musicale europea dall’Inghilterra − in cui Handel fu trascinatore delle folle − fin giù in Italia, forse la patria verace dello stile clavicembalistico − maestri i napoletani e, a debita distanza, Domenico Scarlatti − di cui le altre nazioni si sarebbero solo in seguito appropriate.
Sintesi e astrazione di quel linguaggio − di cui dovremmo andar fieri −, il Concerto nach Italianischen Gusto, alla maniera italiana, BWV 971, rappresenta forse uno degli ultimi e più alti monumenti al Barocco e al clavicembalo composti da Bach (1735).
In realtà scalzare il clavicembalo dal suo trono si era rivelato compito difficile, al punto che lo stesso Cristofori non godette dei proventi e della fama dovuti a quella sua invenzione (era morto nel 1731). La sua intuizione, che era quella di sostituire alla tecnologia a plettri, che produceva un suono pizzicato e di intensità fissa, quella a martelletti cui noi oggi siamo tanto avvezzi, trovò terreno fertile presso i costruttori di Londra, di Vienna e della Sassonia, dove l’organaro Gottfried Silbermann sottopose a più riprese a Bach i suoi fortepiani. L’allora stimato Director Musice di Lipsia sembra che abbia apprezzato i perfezionamenti tecnologici eseguiti nel corso degli anni − pare − su suo suggerimento. Tanto li approvò che proprio al pianoforte improvvisò quel ricercare a tre voci sul Thema regium che sta in apertura de L’Offerta Musicale − era il 1747, in mezzo alla collezione di fortepiani di Federico II di Prussia. Tuttavia Bach non predilesse quello strumento per alcuna sua composizione… nonostante che il doodle di Google porti, a mo’ di jingle, una celebre linea bachiana. Unica licenza all’onnipresente clavicembalo, ad uso domestico, se la concedeva per quella specie di primitivo antenato del pianoforte, il clavicordo, dalla meccanica però tanto precaria da rendersi inaffidabile in sede di concerto.
Quello strumento tanto confortevole per gli studioli tedeschi del Settecento − bastava chiudere il coperchio per trasformarlo in scrivania! − percuoteva le corde a mezzo di una linguetta di ottone, detta tangente, che, fungendo pure da capotasto, regolava anche l’altezza del suono emesso. Questa meccanica consentiva, da una parte, di ottenere più suoni da una sola corda ma, dall’altra, rendeva perfettamente ineseguibili alcuni accordi, limitando drasticamente le possibilità creative del musicista. Il suo suono precario e tenue e la possibilità di produrre un vibrato grazie alla permanenza della tangente a contatto con la corda per tutto il tempo che il tasto era premuto gli donavano tuttavia una dolcezza del tutto estranea al clavicembalo e che clavicembalisti raffinati del calibro di Couperin andavano spasmodicamente cercando.
Spettò a Cristofori il compito di ideare un sistema che percuotesse la corda ma lasciandola, immediatamente dopo, libera di vibrare: lo scappamento, il vero cuore dell’idea di Cristofori.
L’ascesa del pianoforte
Alla morte di Bach (1750) si pone tradizionalmente la fine dell’età Barocca e, con essa, quella del clavicembalo. Se già un suo figlio, Johann Christian, dedicò una certa produzione al fortepiano − il fratellastro Carl Philip Emanuel predilesse il clavicordo − a Vienna avrebbe ben presto preso a spopolare quel nuovo strumento che si stava rivelando la sorgente di un ignoto mondo sonoro che era pronto a uscire dai salotti degli intenditori.
Mozart avrebbe dedicato al pianoforte ventitré funambolici concerti per farsi un nome a Vienna. Per l’incomparabile rapporto sforzo/risultato, questo strumento ben presto sarebbe entrato nei salotti benestanti ad essere lo strumento amatoriale per eccellenza: tra il 1790 e il 1800 Vienna ospitava trecento pianisti e seimila studenti di pianoforte. In tutta Europa si scrivevano fiumi di partiture didattiche dedicate. Di pari passo con lo sviluppo tecnico veniva l’aumento della gamma di suoni e l’ingigantimento delle possibilità espressive. Beethoven vi avrebbe trovato la materia prima per il riversamento della sua inesauribile e profetica fantasia creatrice: il Romanticismo stava iniziando e il pianoforte ne era il vero protagonista.
Ancora c’è da attendere un secolo per la nascita, grazie alla Stenway & Sons, del pianoforte da concerto moderno, a telaio metallico, quegli ottantotto tasti che tutti noi oggi conosciamo e che molti di noi tengono − almeno in versione verticale − nelle nostre case: tutto merito di Cristofori! Cosa non insegnano i doodle…
Antonio Somma
Fonti
Fonte immagini: google.it
Fonte video: youtube.com