Il cinema fu definito già dai suoi esordi nel 1921 come “settima arte“. La settima arte in quanto produce una perfetta sintesi tra l’estensione dello spazio e la durata del tempo, in quanto in esso compaiono caratteristiche proprie della letteratura, assume i connotati del teatro, un aspetto filosofico e attributi improntati alla pittura, alla scultura, alla musica. Come disse Federico Fellini, “arte figurativa in movimento”, perché il cinema è la prima arte in cui è l’oggetto a muoversi, mentre lo spettatore sta fermo. Rende vivo un mondo parallelo nel quale l’individuo si immedesima, dimenticando la consapevolezza della finzione. Il cinema è nato come arte, e in quanto arte deve essere protetto, tutelato.
Ma tutte queste considerazioni probabilmente possono conservare la loro veridicità nel momento in cui si continua a mantenere eretto il muro di separazione tra cinema e televisione: il primo si fondava sulla qualità della pellicola, su cui lo spettatore riusciva a concentrarsi all’interno della sala buia dove avveniva la proiezione, dotato di un linguaggio filmico particolare che necessitava di essere compreso; la televisione mostra l’avvenimento nel momento stesso in cui avviene, è realtà proiettata non realtà alternativa, ponendo in secondo piano la qualità dell’immagine e il registro linguistico, che tanto più rientra nel quotidiano e nel comprensibile a tutti, meglio è.
Il cinema ha cessato di essere un’arte nel momento in cui ha smesso di essere un viaggio in un universo differente, quando si è svuotato di tutti i contenuti culturali iniziando a preferire i contenuti di intrattenimento. Non è più una riflessione, ma qualcosa di effimero per impegnare il tempo: punta principalmente sugli impulsi istintivi presenti in ciascuno di noi, e per questo motivo ci si ritrova con una serie di filmetti e filmacci – al di là della crisi del settore – in cui abbondano scene di sesso e violenza, a scapito di quelle invece più gradevoli e significative. C’è il cinema d’autore e il cinema di consumo, quello fatto per soldi, per far cadere lo spettatore nella “trappola” del botteghino: non importa la qualità della pellicola, l’importante è vendere il biglietto.
E la grossa e luminosa insegna del cinema di consumo non può che brillare maestosa sullo spettacolo che puntualmente si ripresenta sotto Natale, il cinepanettone, quel perfetto mix di volgarità, luoghi comuni e sterilità strutturale che probabilmente non è neanche più classificabile come intrattenimento, ma come atto punitivo. Gli innumerevoli “Natale a...” che quest’anno si spostano dalle rive del Nilo e dai grattacieli di New York per andare a Gomorra. La Gomorra di Saviano e della serie tv di Sky, la Gomorra del film di Garrone e la Gomorra vera, quella delle strade di un popolo che vi ha versato migliaia di lacrime. La Gomorra delle storie vere di violenza ora è l’oggetto di una squallida commedia, che pur volendo basarsi sull’ossimoro delle due parole stesse del titolo “Natale a Gomorra – Pallottole e Champagne” ha ben poco di divertente.
Natale a Gomorra, cosa aspettarsi?
Non si tratta di black humor, nè di parodia televisiva (ricordiamo “Gli effetti di Gomorra – La Serie sulla Gente“), si tratta di cattivo gusto, di volgarità pura, di un eccesso che riproponendosi sempre uguale a se stesso ha consumato tutto ciò che vi era di consumabile e ha dovuto invadere anche il terreno della tragedia, senza possibilità di risollevarsi. Un’idea che può sembrare vincente agli occhi di un “imprenditore” che sfrutta l’ormai consolidata tecnica della strada già percorsa, ed è solo uno dei tanti il caso della rappresentazione artistica degli orrori camorristici.
A peggiorare la situazione c’è il fatto che il film verrà girato in 3D, “per provare a tenere testa ai blockbuster americani”. Cosa ci sarà mai da vedere in tridimensionale in una commedia ancora non c’è dato sapere, si può solo immaginare quanto questo dettaglio possa addirittura togliere quel che restasse di “piacevole” in una delle tante banalità natalizie targate De Laurentiis ambientata in uno scenario che, di comico, non ha assolutamente nulla.
«Natale a Gomorra» avrà come protagonisti Lillo e Greg, gli stessi degli ultimi tre film natalizi prodotti da Aurelio e Luigi De Laurentiis: «Colpi di fulmine», «Colpi di fortuna» e «Un Natale stupefacente». E dal cinepanettone dello scorso anno (6 milioni di euro al box office) tornerà anche il giovane regista Volfango De Biasi. Non si sa nient’altro su questo film, se non che le riprese inizieranno in estate in location non annunciate.
L’unico dato consolante è quello del box office: la commedia italiana – Siani a parte – è in caduta libera, segno di un pubblico ormai stanco del visto e rivisto, un pubblico educato dalle nove produzioni Sky e da quelle americane, che inizia ad avere nuove esigenze.
Camilla Ruffo