Un racconto mitologico
Scilla e Cariddi: mitologia e leggenda si incontrano fino a fondersi.
Numerose sono le leggende riguardanti l’affascinante regione della Calabria, ma c’è una in particolare che merita esser rimembrata; una leggenda che accompagna da sempre la storia di questa regione, legandola profondamente a quella della Sicilia. Due terre divise da un piccolo e rinomato stretto, ma che attraverso la mitologia e le credenze popolari, si uniscono donandoci uno dei racconti più intriganti della nostra penisola.
Lo Stretto in questione è proprio quello di Messina, nonché il luogo che farà da scenario alla tanto conosciuta e amata leggenda di cui parleremo, ovvero quella riguardante Scilla e Cariddi.
Scilla e Cariddi
Le coste del famoso Stretto di Messina erano abitate da due creature spaventose, Scilla e Cariddi; due mostri marini che terrorizzavano e ostacolavano i marinai che, con le loro imbarcazioni, si trovavano malauguratamente a dover imboccare l’entrata di quel preciso tratto di mare.
Scilla, letteralmente colei che dilania, occupava il lato calabro. Molti potrebbero pensare che ella sia stata sempre destinata a questo triste destino, ma non è così. Scilla, pur essendo conosciuta da tutti per la sua ferocia e mostruosità, in passato era una graziosa ninfa che amava passeggiare in riva al mare e dilettarsi assieme alle altre Naiadi.
Figlia di Forco, una divinità marina, e di Crateide, questa incantevole fanciulla era ammirata e amata da tutti. La sua bellezza era tale da non poter sfuggire agli occhi attenti dei giovani ragazzi. Innumerevoli quindi erano i corteggiatori che si prostravano ai suoi piedi con la speranza di veder ricambiato anche solo uno sguardo, ma Scilla, bella e fiera, non amava concedersi facilmente.
Tra i tanti spasimanti vi era Glauco, una divinità marina. Egli era perdutamente innamorato della giovane ninfa, ma avendo potuto constatare con i suoi occhi che era difficile, se non impossibile, far breccia nel suo cuore, decise di rivolgersi alla potente maga Circe. Quest’ultima però, provando un forte sentimento per Glauco, riversò la sua gelosia contro Scilla. Così, con l’aiuto della magia e di alcune erbe malefiche, trasformò la ninfa in un mostro a dodici zampe con sei teste di cane, nelle cui bocche spuntavano tre file di denti.
Scilla, vergognandosi del suo orribile aspetto, decise di nascondersi in una spelonca dello stretto di Messina, dal lato opposto a quella di Cariddi, scaricando tutta la sua rabbia e rancore nei confronti dei marinai che osavano avvicinarsi.
Cariddi, letteralmente colei che risucchia, occupava invece il lato siculo. Figlia di Poseidone e Gea, la Madre Terra, era sempre stata una fanciulla ghiotta e dotata di grande voracità.
Un giorno, Eracle si trovò ad attraversare lo Stretto con le mandrie di Gerione e Cariddi, perennemente affamata, ne approfittò per divorare subito alcuni dei suoi buoi. Eracle quindi si rivolse a Zeus affinché potesse punirla nella maniera più adeguata e consona. Il Re dell’Olimpo decise così di esaudire la richiesta dell’eroe, scagliando uno dei suoi fulmini contro Cariddi. Ella cadde in mare e fu costretta ad inghiottire tre volte al giorno enormi quantità di acqua che rigurgitava formando dei grandi e pericolosi vortici, causando spesso il naufragio dei naviganti.
Una storia, tante storie
Vi è un’altra versione della leggenda in cui si narra che la ninfa Scilla invece di far perdere la testa al giovane Glauco, con la sua bellezza e grazia, riuscì a far innamorare Poseidone. Sfortunatamente per Scilla, il dio era già sposato con Anfitrite, nonché madre di Tritone. Anche in questo caso la gelosia è il motore d’azione della vicenda, infatti sarà proprio la moglie del dio del mare a compiere quell’azione che porterà alla terribile trasformazione di Scilla.
Come ogni leggenda che si rispetti, quindi, anche per questa vi sono alcune versioni alternative che si affiancano alla storia originale o quella più conosciuta. Cambiano i protagonisti, le dinamiche, ma il succo del racconto è sempre lo stesso; un racconto ben noto ad ognuno di noi e che ha accompagnato la nostra crescita facendoci sospirare ed emozionare.
Luna Scotti
Sitografia