L’anima sola compie qualcosa in questa vita: il resto è fumo.
Si tende a credere che lo Spirito di Natura esita in virtù di un sublime insito negli elementi costitutivi della terra. Vengono chieste grazie d’amore alla Luna, una corsa muove con il sospiro dell’onda. Ma questo è solo un aspetto del Creato, un frammento che elude la nostra coscienza. Lo Spirito di Natura esplode nell’universo individuale dei Commedianti Tragici di George Meredith.
Commedianti Tragici, tra storia e finzione
La vicenda potrebbe sembrare abbastanza ordinaria, un’educazione e un viaggio sentimentale giocati sullo sfondo dei tumulti sociali del XIX secolo. L’audace Clotilde ruba il cuore del giovane idealista Alvan, un fuoco che andrà a spegnersi nel compromesso della diversità. Di queste storie se ne possono leggere in de Musset, nel Tarchetti, nello stesso collega di Meredith, Thomas Hardy.
La grandezza dei Commedianti va individuata nella profondità dei suoi charachters. E credo sia giusto usare questo anglicismo; Clotilde e Alvan non sono personaggi, ma veri “caratteri”, delle anime composte a strati. Nel primo caso, la donna è cinta dal un virgineo manto, gusto che nasconde una pretesa di libertà alimentata da vigile analisi; nel secondo caso, siamo nel pieno del Romanticismo, si respira un impeto e un fuoco alla Goethe. Non a caso, il personaggio di Alvan, come l’intero romanzo, nasce da cause reali, la morte di Ferdinando Lassalle; questi, allievo di Marx ed Engels, rovinò durante un misterioso duello.
Il ragionato impulso
Meredith riesce ad ingannare il tono pretenzioso dei suoi contemporanei. Egli rigetta le frasi agghindate e l’oro notturno della moda. Il suo è un intento da medico e filosofo. Nei Commedianti non emerge la passione, ma un ragionato impulso. Alle spalle dei suoi eroi, Meredith ritiene per certa la presenza di un ordine. Si badi, non un fatale destino, ma uno stoico ritorno, una legge immutabile.
Mia cara, quell’astro che ci dovrà illuminare, noi due, va considerato da tutti i lati; e io sono già stato sul rovescio della luna, ne ho veduto l’altra faccia: un volto tutto solcato di rimpianti, di sogni morti, di passioni incenerite, illusioni sfiorite, e così via, e così via! – Senza sole, senza acqua, senza nemmeno un fiore! E’ la vecchia terra vulcanica, che cresce una sola erba amara.
La vita e la Natura
Il titolo dell’opera lascia spazio a diverse interpretazioni. Lo si potrebbe intendere come una farsa, una paralisi del sentire; potrebbe coprire una metafora utopica o una tacita rassegnazione al futuro. Sarà invece lo stesso Meredith a delucidare sulla questione. Quasi alla fine dell’opera, egli scrive:
Un commediante tragico: vale a dire, un uomo dalle pretensioni grandiose, un ingannator di se stesso, una di quelle figure lividamente grottesche delle quali non ci è concesso ridere, ma che dobbiamo contemplare, per distinguere il punto dove il loro carattere tocca una nota dissonante con la vita: ché altrimenti, quale appare riflessa nella loro vicenda, la vita potrebbe sembrare un che di diabolicamente incline per accessi a darsi a gesticolazioni isteriche, e piombar negli abissi.
Pochi autori furono tanto chiari nell’esprimere un messaggio. E questo messaggio vola come una freccia, appena curvata dal vento. Questi sono gli eroi del nuovo secolo, coloro che respingono la delusione con un pugno di fiamma. Tale la natura: una fonte e una bufera riflessi nell’impeto di un amore individuale.
Silvia Tortiglione
Fonti: Commedianti Tragici, George Meredith; traduzione di Alberto Rossi