Sul fatto che Nerone non abbia provocato l’incendio del 64 d.C. è ormai concorde buona parte del mondo accademico. L’accusa rientrerebbe in un programma di screditamento non solo del quinto imperatore di Roma, ma di tutto l’istituto imperiale da parte di una classe senatoria sempre più nostalgica del suo potere, come approfondito in questo articolo. Tuttavia, l’immagine di Nerone continua a suscitare grande interesse da parte di scrittori, sceneggiatori e fumettisti. È infatti lui il vero protagonista di Murena, fumetto franco-belga ideato da Jean Dufaux e disegnato dal prematuramente scomparso Philippe Delaby. I due autori hanno fatto un immenso lavoro di documentazione e ricerca per presentarci quello che potrebbe essere considerato a tutti gli effetti un capolavoro.
Attenzione: ciò che segue contiene spoiler.
Murena: tra il Nerone “cattivo” e il Nerone “buono”
I due cercano di mantenere una “via di mezzo” tra il Nerone piromane e il Nerone magnanimo riconsegnato alla Storia. È chiaro il loro intento di essere quanto più possibile accurati senza privarsi di scene ad alto contenuto evocativo che sono proprie del Nerone “cattivo”.
Un esempio: Svetonio ci riferisce che Nerone aveva violato la vestale Rubria (le vestali hanno l’obbligo alla verginità per tutta la durata del servizio, che dura 30 anni), e questa immagine è stata ripresa anche in Murena per l’impatto emotivo ed erotico che una simile scena poteva avere.
Ma una nota alla lettura ci riporta alla realtà: gli autori non credono veramente che un episodio simile abbia effettivamente avuto luogo, visto il rispetto che Nerone aveva verso tutti gli aspetti del culto romano. Potete trovare la scena nel volume 7, Storia di fiamme.
Un altro esempio è fornito dalla vicenda di Locusta, che viene uccisa da Agrippina nel volume 3, La migliore delle madri. In una nota, viene subito chiarito che è una libertà narrativa. Locusta, infatti, morirà sotto Galba, successore di Nerone.
Tuttavia, c’è una cosa che colpisce più della storyline. È Roma, nei suoi aspetti fisici e “mentali”.
Roma rediviva
Delaby non si limita a disegnare Roma, le ridà vita attraverso la carta. Che si tratti di un’insula (sorta di palazzo ante-litteram estremamente insicuro e antigienico) o di una semplice strada, Delaby la disegna come se l’avesse vista di persona (ipotesi non del tutto campata in aria, visto che siti come Pompei, Ercolano e Ostia sono ancora in ottimo stato e aperti al pubblico). Ottima anche l’accuratezza nel disegnare i vestiti e le lotte tra i gladiatori, abbastanza frequenti. Perfino la ricostruzione degli antichi WC è perfetta.
Ma questa precisione a nulla servirebbe se gli autori non avessero praticato una profonda “immersione” nella mentalità romana, grazie all’aiuto di un’imponente base documentaria. C’è di tutto, dalla libertà dei costumi sessuali (qui un approfondimento sul tema) alle pratiche stregonesche della sopracitata Locusta, dagli immancabili banchetti nelle domus alle corse delle quadrighe nel Circo Massimo.
Unico neo? Nel volume 3 viene usato il pollice verso per decretare la morte di un gladiatore, e una nota alla lettura ribadisce il concetto. Alberto Angela, nel suo Una giornata nell’antica Roma, ci dice:
Contrariamente a quanto siamo abituati a pensare, il sistema del pollice verso o dritto, in realtà, non è né diffuso né universale. Qui ad esempio nessuno lo usa. Per decidere la sorte dello sconfitto si usa la voce, urlando parole precise: mitte, cioè “liberalo”, oppure iugula, letteralmente “tagliagli la gola”
Un’altra fonte, presa da Wikipedia e quindi meno affidabile, ci dice che i gestì venivano sì utilizzati, ma pollice alzato significava morte (simbolo della spada sguainata) mentre per salvare la vita si usava il pugno chiuso (simbolo della spada rinchiusa nel fodero).
Questo, tuttavia, non toglie nulla ad un’opera in sé magnifica.
Roberto Leone