Realizzare un film politico nel ’68, che ponga tra le sue riflessioni intuibili alla prima visione, la denuncia al potere costituito e al suo esercizio, può essere un’azione molto pericolosa e si può andare incontro a spiacevoli sorprese. Quando, però, una pellicola come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto riesce per le sue caratteristiche estetiche, cinematografiche e narrative, ad uscire da una riduttiva attribuzione di film politico, sovversivo e pericoloso per l’ordine pubblico, allora accade che lo stesso film venga assolto dal processo di censura, esca nei cinema di tutto il mondo e sia premiato con il premio speciale della giuria al festival di Cannes e gli venga assegnata la statuina agli Oscar come miglior film straniero, divenendo uno dei film italiani più conosciuti a livello internazionale, fonte d’ispirazione per altre opere degne di nota, rendendo Elio Petri un maestro di cinema a tutti gli effetti.
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto fa parte di una trilogia composta da La classe operaia va in paradiso e La proprietà non è più un furto, la quale nasce dal sodalizio artistico tra il regista romano e lo sceneggiatore Ugo Pirro. Un sodalizio tra i due che nasceva da una necessità di raccontare i cambiamenti in corso nella società italiana sullo sfondo della lotta di classe nelle sue varie espressioni. I due, riuscirono però sia dal punto di vista cinematografico e tecnico, sia dal punto di vista narrativo, a rendere questo film un’opera universale, che uscisse da una precisa dimensione storica e temporale che diventa in questo film la cornice di una riflessione ben più grande, che passa da “macro-questioni”di riflessione politica, quindi la giustizia, lo stato, il potere, addentrandosi poi nell’analisi psicologica di un personaggio, che diventa protagonista e vittima di questo sistema, in un crescendo di clima grottesco e surreale. Un’operazione che non sarebbe riuscita senza la memorabile interpretazione di Gian Maria Volonté.
La trama
Il dottore (Gian Maria Volonté), capo della squadra omicidi di una grande città, viene promosso per i suoi meriti a dirigente dell’ufficio politico della questura. Proprio in questo giorno però, egli uccide la propria amante, Augusta Terzi (Florinda Bolkan), che lo tradiva con un giovane e dalla quale si sente deriso. Ma il dottore invece di nascondere le prove del suo delitto, le moltiplica, certo di essere al di sopra di ogni sospetto in vista del suo potere. Di fatto le indagini della polizia non lo sfiorano neppure e il dottore appare insospettabile. Al culmine della sua fantasia il dottore, dopo essersi autodenunciato ai propri superiori, immagina che questi ultimi si presentino in casa sua ed essendo interessati ad evitare lo scandalo piuttosto che far prevalere la giustizia, smantellano una ad una le prove di colpevolezza che il dottore stesso ha fornito nell’autodenuncia, dimostrando che egli è al di sopra di ogni sospetto.
Elio Petri, tra il grottesco ed il sogno
Del film di Petri salta subito all’occhio il suo tono grottesco e surrealistico. Questa atmosfera viene accompagnata dalle musiche di Ennio Morricone (che formerà con il regista romano uno dei più produttivi connubi del cinema italiano), che hanno anche il compito di accompagnare i movimenti e i gesti del dottore e della sua compagna. Le inquadrature di Petri sono eleganti e precise; egli alterna primi piani a dettagli e particolari, che siano della scena o dei corpi. Tutto ciò all’interno di una narrazione lineare che si alterna a flashback, i quali mostrano la natura grottesca, che qualcuno definirebbe infantile, del potente dottore. Una dimensione onirica che raggiunge il culmine nei minuti finali del film. È qui infatti che il sogno mostra qualcosa che la realtà non può mostrare allo spettatore e al pubblico e così con la fine del sogno e l’arrivo dei superiori nella realtà, le persiane si abbassano rendendo la confessione celata, così che la realtà non superi la fantasia.
Un film universale
Nello scrivere la sceneggiatura di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Pirro fu particolarmente influenzato dall’opera di Bertolt Brecht, mentre Petri si interessò soprattutto alle teorie psicoanalitiche freudiane e allo stile di Franz Kafka (una citazione del quale appare nel finale della pellicola, come tributo allo scrittore boemo), soprattutto il tipico personaggio kafkiano e la situazione che si trova a vivere, che hanno avuto una certa influenza nella costruzione psicologica del Commissario e della vicenda narrata. C’è chi inoltre ha visto in quest’opere anche un’influenza dostoevskijana, soprattutto per il tema della sfida di un individuo, attraverso l’assassinio, alla giustizia. Insomma, l’opera di Petri riesce concretamente a porsi come un’opera universale, non legata per fortuna, solo ed esclusivamente all’aggettivo “politico”, riuscendo così ad essere ancora oggi e forse anche in futuro, più attuale che mai.
Roberto Carli