Giordano Bruno compose nel 1582 una commedia filosofica molto particolare: Il Candelaio. Non fatevi ingannare dal titolo, poiché non stiamo parlando… di candele! Questo termine, infatti, se ripreso nella sua accezione dialettale napoletana, è una delle forme spregiative con cui venivano etichettati gli omosessuali.
Quest’opera, che è stata trattata molto male nel corso del tempo, né tanto meno fu compresa dalla società che ne vide i natali, rappresenta, invece, la rottura con gli schemi tradizionali della commedia rinascimentale e anticipa la rivoluzione che Goldoni opererà in campo teatrale due secoli dopo.
Di fronte alla linearità della trama unica, così come si era sempre fatto, Giordano Bruno oppone un plot più articolato, che vede l’alternarsi di tre vicende principali. I protagonisti di tutte e tre le storie vengono presi in giro, possiamo dire; Bruno se ne fa beffa attraverso l’uso dell’alter ego letterario, in questo caso interpretato dal personaggio di Gioan Bernardo, un pittore che in qualche modo è in contatto col resto del cast, l’unico che alla fine ha una sorta di lieto fine.
Il Candelaio: trama e personaggi
“Accademico di nulla Accademia detto il fastidito, in tristitia hilaris in hilaritate tristis” [1]
C’è un uomo, Bonifacio, chiamato Il Candelaio in virtù dei suoi gusti sessuali, sposato però con una certa Carubina. Inaspettatamente proprio lui si dichiara innamorato di un’altra donna, Vittoria, che per vivere fa la prostituta. Il suo intento non è pagarla, non vuole nessun servizio da lei, e perciò non può presentarle un gruzzoletto di monete, bensì vuole conquistarla, ma come? Bruno offre un escamotage divertente a questo punto: mette in bocca a Bonifacio tutti i più mielosi versi di stampo petrarchesco.
Parallelamente si snodano anche le vicende dell’alchimista Bartolomeo, una povera vittima della cupidigia, deciso più che mai a trasformare tutto in oro manco fosse un Frankenstein ante litteram; e, infine, troviamo un grammatico di nome Manfurio, il quale non riesce a sottrarsi a un linguaggio pregno di latinismi che lo fanno risultare noioso e pedante.
Su tutti domina la figura di Gioan Bernardo, alias Giordano Bruno, il quale, servendosi dell’aiuto di ladri e bagordi, se ne va in giro a picchiare la gente, compresi gli stessi protagonisti. La chicca finale, il pittore- bullo, quanto è vero il detto per cui una cosa trascurata diventa di qualcun altro, conquista Carubina, la moglie del candelaio.
La filosofia del mondo
Già il linguaggio usato ne Il Candelaio è indice di mutamento; Bruno non sceglie uno stile equilibrato, anzi, egli propone un lessico piuttosto composito, mixando insieme sia latinismi che espressioni dialettali toscane e napoletane. La combinazione di elementi a metà tra il dotto e il faceto rispondono all’esigenza di una scrittura concepita da Bruno in maniera ben più libera rispetto agli schemi chiusi del passato. La scrittura, e quindi la letteratura, in Giordano Bruno assume un ruolo fondamentale in quanto essa è potenzialmente capace di descrivere la realtà per quella che è, scandagliando la verità che si cela dietro l’apparenza.
Il mondo è una specie di Giano bifronte, dunque, dove ogni cosa ha in sé il suo contrario. Così il confine tra la saggezza, ad esempio, e la follia diventano labili, e Giordano Bruno l’ha capito fin troppo bene; il suo è un invito universale, il cui scopo è di rivalutare le proprie posizioni, poiché nulla è come sembra, niente è definitivo.
Ma paradossalmente, proprio l’impossibilità di definire il concetto di saggezza, in maniera standard potremmo dire, ha convinto Bruno che il mondo, alla fine, deve essere lasciato così com’è, con le proprie contraddizioni e i propri particolarismi. Se tutto è dominato dal contrasto dei contrari, se tutto è in mano al lato cupo e negativo di ogni cosa, allora questo mondo è davvero senza speranza. I fatti descritti ne Il Candelaio sottintendono proprio questa visione: la realtà è sotto il giogo delle pulsioni.
Eppure dietro quest’apparente visione pessimistica del mondo, Bruno si sofferma di nuovo sull’idea della saggezza: se ogni persona si fermasse a ragionare, se riuscisse a svincolarsi da insegnamenti predefiniti e scolastici e usasse la propria intelligenza, riuscirebbe a vivere meglio. L’ideologia di fondo è sicuramente molto cinica, ma invita a riflettere; essa è sprezzante nei confronti dei mali altrui perché, alla fine, questi ultimi dipendono dalla stupidità personale e dall’incapacità di usare la testa.
Roberta Fabozzi
[1] Frontespizio de Il Candelaio