Nella riflessione medievale l’amor fole era il desiderio irresistibile del piacere amoroso, quel desiderio assoluto che annullava tutte le potenzialità dell’individuo, portando il singolo, o la coppia di amanti, a trasgredire qualsiasi etica morale, familiare e sociale. La più famosa leggenda che attesta la follia dell’amore assoluto e colpevole è il mito di Tristano e Isotta.
Tristano e Isotta: il mito
La storia d’amore tra Tristano e Isotta si incentra su una delle tematiche più antiche e affascinanti di sempre: il binomio Eros-Thanatos. L’amore tra i due giovani, nato per aver bevuto un filtro magico, diventa esaltazione dell’eros vissuto come passione senza freni, che sfugge al controllo della ragione: la volontà viene neutralizzata e il pathos conduce direttamente all’epilogo tragico della vicenda.
La storia racconta di come il nobile Tristano, cresciuto dallo zio, re Marco di Cornovaglia, parta per l’Irlanda con l’intento di liberare la sua patria dalla sottomissione al re nemico. Nella Terra Verde, il coraggioso cavaliere incontra Isotta, destinata attraverso una serie di ingranaggi della vicenda a sposare re Marco. Un’ancella probabilmente sbadata, un vin herbez e la casualità del destino scatenano la passione tra i due giovani.
Incontri fugaci, segreti e tradimenti alimentano e fanno da contorno ad una delle più intense storie d’amore della letteratura di tutti i tempi. La bella Isotta, divenuta moglie del re della Cornovaglia, non rinuncia al suo amore. La regina divide il binomio cuore e corpo, riservando il cuore all’amante e il corpo ad entrambi. Inconsciamente entrambi gli amanti sono vittime della forza indomita del potere magico del filtro che li costringe ad una rage, un legame di amore fole, frenesia che sconfina nella perdita della ragione.
“Perché Amore non si può nascondere.
Non possono aspettare sempre l’occasione buona,
gli tocca di stare insieme il più possibile.”
La follia d’amore
L’Amor, che li lega, diventa l’eros che spinge gli innamorati a ricercare ossessivamente l’unione fisica con l’oggetto della loro passione. Re Marco, tradito e ferito dalla moglie che ama e dal nipote che considera suo erede, ordisce ai loro danni la trappola del fior di farina, astuto stratagemma per cogliere gli amanti nell’atto della passione. L’inganno, il tradimento e il dolore inflitto al loro re, non inducono gli amanti a porre fine al loro malsano amore. L’assoggettamento al potere magico del filtro impedisce a Tristano di rinunciare ad Isotta per rispettare il suo re.
Isotta rappresenta l’elemento in comune, l’oggetto conteso da due uomini innamorati. Marco, annebbiato d’amore per la moglie, continua a scoprire la sua infedeltà e continua a perdonare i suoi tradimenti.
Sospesa tra le decisioni dei due uomini della sua vita, la regina di Cornovaglia è una donna che vive una doppia realtà amorosa, la moglie e l’amante. Nella figura dell’amante prende forma la rappresentazione dell’amore-passione destinato a finire, nella figura della moglie si concretizza l’amore nuziale rispettoso delle regole e della tradizione sacra del matrimonio. Le due entità della bella regina rappresentano due modi opposti in cui si manifesta e si vive l’amore: la passione erotica e l’amore coniugale, due modi diversi di vivere l’eros, consapevolmente inconciliabili.
Tristano invece rappresenta l’eroe attivo e coraggioso, il principe che tradisce la patria e il suo re pur di inseguire la follia dell’eros adultero. Arguto, spregiudicato e passionale, si ritrova vittima delle sue stesse azioni, continuamente nell’insicurezza del fuggiasco e nell’incertezza della morte.
Eros e Thanatos
Placati gli effetti della bevanda magica, il legame che unisce Tristano ed Isotta si trasforma ulteriormente. La trasmutazione dell’amore adultero e folle nasconde una trasformazione speculare dei due amanti: prende forma l’essenza indomita dell’eros razionale e si evolve nell’amore mitico ed idealizzato, che affronta qualsiasi ostacolo. Le vicissitudini affrontate dai due innamorati rappresentano le infinite prove a cui l’amore è sottoposto.
Sebbene alla fine diverse versione della leggenda tristaniana, quella anglosassone di Thomas d’Inghilterra e quella normanna del giullare Béroul, narrano di come l’eros folle fatalmente sia proteso a non godere della felicità, il mito di Tristano e del suo tragico amore con forza prorompente si impone nella letteratura di tutti i tempi e in tutte le culture. Si concretizza l’ideale dell’Amore come prototipo di essenza assoluta e totalizzante per cui vale la pena sacrificare e rischiare la vita, andando in contro alla morte come voleva la tradizione del binomio mitico Eros-Thanatos.
Completamente opposto rispetto al concetto di fin amor, l’amore perfetto che rispetta le regole del contesto cortese, l’eros, che conduce all’errore e al dolore, si connota come passione (dal latino patior, ovvero “soffrire”): i due amanti sono colpevoli di fronte alla società e agli occhi di Dio, ma sono innocenti l’una nei confronti dell’altro, poiché vittime senza ragione della potenza del filtro magico che li costringe all’amore adultero.
Di fronte alla bellezza e all’intensità dei sentimenti degli amanti e della loro condizione nobile, la metafora dell’amore che può durare oltre la morte non conosce ragioni: Thomas conclude il suo romanzo con l’idea “romatica” dei corpi addormentati insieme nel sonno eterno della morte, cuore su cuore.
“Se con te non ho la vita
insieme a te la morte posso avere!
La morte mi consola dal dolore.
La vita per amore hai preso e ora
perdo la vita per amore. Sono
fedele nella morte come sono
stata fedele nell’amore, sempre.
Io ti sarò vicina!”. E sulla bocca
lo bacia e tra le braccia prende il corpo,
cuore su cuore, petto contro petto,
labbra su labbra. In gran silenzio
come Tristano è immobile. La quiete
della morte per sempre l’addormenta.
Valentina Labattaglia
Bibliografia:
- Béroul, Tristano e Isotta, Edizione dell’Orso, Alessandria 2013
Thomas, Tristano e Isotta, Garzanti Editore, Milano 1996
Varvaro, “L’adulterio e il filtro”, in Il “Roman de Tristan” di Béroul, Einaudi, Torino 1963