Fu nella Russia del 1881 che, per la prima volta nell’ Europa del XIX secolo, gli ebrei dovettero affrontare l’antisemitismo non semplicemente come un fastidio di routine, bensì come minaccia immediata alla stabilità del loro modo di vita.
Tra il 1881 e il 1882 la comunità ebraica dell’impero zarista fu sconvolta da un serie di violenti pogrom, talmente shockanti da risvegliare nell’ animo del “popolo eletto” quel sentimento d’insofferenza e persecuzione portatore di una volontà di esodo.
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La “zona di residenza” degli Ebrei in Russia
In quel periodo l’impero zarista ospitava una comunità ebraica di circa 5 milioni di individui, per la maggior parte costretti a vivere in una ben determinata superficie territoriale. La zona di residenza (Черта оседлости), comprendente le odierne Ucraina, Bielorussia, Polonia e parte delle province baltiche, rappresentava circa il 20% del territorio complessivo dell’impero.
Istituita inizialmente da Alessandro I nel 1804 e quindi definita ufficialmente da Nicola I circa trenta anni dopo, la zona di residenza impediva alla popolazione ebraica qualsiasi spostamento verso oriente, ma consentiva agli stessi di emigrare verso ovest, come vedremo che avverrà a fine secolo.
Concentrare la popolazione ebraica in un area circoscritta portava con sé numerosi problemi sociali, dalla spietata concorrenza tra i numerosi mercanti ebrei costretti ad accaparrarsi una fetta in un mercato limitatissimo, agli attriti con la popolazione locale slava.
Fu infatti in questa zona che si scatenarono i primi pogrom degli anni ’80 del XIX secolo e dalla stessa che partirono i principali movimenti migratori degli ebrei russi.
Volontà migratorie degli Ebrei in Russia
In quei giorni gli ebrei parevano vivere nell’attesa di un’imminente emigrazione di massa. L’immagine di un nuovo esodo, della fuga dalla terra della schiavitù verso una terra promessa, giunse a dominare […] ogni aspetto della vita pubblica degli ebrei in Russia.
La Russia non era più una terra ospitale, bisognava lasciare quei luoghi di sofferenza al più presto, la loro salvezza poteva realizzarsi soltanto con l’emigrazione e il ruolo di guida spettava alla gioventù studentesca. Una gioventù impregnata dell’ideologia del populismo rivoluzionario russo: “andare al popolo” per istruirlo e guidarlo, così come avevano fatto i giovani studenti russi negli anni ’70 dello stesso secolo.
Il populismo ebraico
I giovani ebrei si trovarono per la prima volta al centro della scena il 2 maggio 1881 a Odessa.
Non appena giunse la notizia del pogrom di Elizavetgrad, una trentina di studenti ebrei si convocarono in assemblea, lo scopo era quello di formare un comitato studentesco da mettere a capo di un movimento d’autodifesa e per questo gli studenti sciamarono a coppie nelle sinagoghe convocando assemblee pubbliche, per reclutare chiunque fosse in grado difendersi e per acquistare armi.
L’accoglienza fu certo migliore di quella riservata dai contadini russi ai propri giovani studenti ( denunciati alle autorità o scacciati dai villaggi dove si erano recati ):
Quei giovani furono fatti oggetto della più profonda gratitudine e accreditati della fiducia più assoluta: la popolazione giunse impegnarsi a fare tutto ciò che essi avessero proposto.
Eppure non bastò ad evitare la tragedia: il pogrom scoppiò il giorno successivo, prima che si riuscisse a organizzare qualsiasi contromisura e fu così che nonostante qualche tentativo di resistenza, molti giovani caddero vittima dei pogromshchiki o furono arrestati durante le retate della polizia, perché: “si stavano organizzando per combattere apertamente i cristiani”.
Ma è a questo punto che appare evidente la particolarità del movimento populista ebraico, nel passaggio dal fallito tentativo di autodifesa alla creazione del movimento per l’emigrazione. Emigrare in un luogo più favorevole: “per dimostrare al mondo che è possibile organizzare la vita in base alla verità e alla giustizia più elevate”. Il luogo prescelto? Gli Stati Uniti.
L’esodo degli Ebrei dalla Russia
Guidati dal giovane insegnante Monye Bokol, il gruppo “Am Olam” ( il popolo eterno ) elaborò un programma in tre punti a definizione del proprio progetto di colonizzazione in America:
- La terra sarebbe stata proprietà comune.
- La distribuzione dei prodotti commisurata ai bisogni di ciascuno.
- Il denaro messo da parte per l’acquisto di nuova terra per altri ebrei di russia.
Un programma prettamente populista, incentrato sulla fiducia nei confronti del popolo, sui valori del ruralismo e sulla comunanza dei beni, ma nello stesso tempo un programma dal carattere nazionale, inteso ad attirare nuovi ebrei verso quelle terre, per fondare una comunità autonoma e perché no, per porre le basi di uno stato ebraico indipendente, un po’ come accadrà circa sessant’anni dopo in Palestina, sotto la spinta del movimento sionista.
Ce ne andiamo in un nuovo paese non per trovarvi l’oro ma per votare ogni nostra energia fisica e mentale a un lavoro onorevole e utile, il nostro obiettivo è molto ampio e complesso: non si tratta semplicemente di dimostrare come un piccolo gruppo di persone sia in grado di vivere dignitosamente e in sicurezza, il nostro fine è di allargare la nostra società con l’afflusso costante di nuove forze, affinché, nel caso si ripetessero quelle disgrazie, i nostri fratelli, sappiano che al di là dell’oceano vive un pugno di persone alle quale rivolgersi per chiedere consiglio.
Mario Sanseverino
- Jonathan Frankel, Gli ebrei russi: tra socialismo e nazionalismo ( 1862 – 1917 ), Torino, Einaudi, 1990.
- Alessandro Cifariello, Ebrei e “zona di residenza” durante il regno di Alessandro II, Firenze, Firenze University Press, 2010.