Alessandro Baricco, il re del regno del vago e del delicato, nel 1996 pubblica un piccolo libricino dal titolo Seta.
“Questo non è un romanzo. E neppure un racconto. Questa è una storia. Inizia con un uomo che attraversa il mondo è finisce con un lago che se ne sta lì in una giornata di vento”.
La trama
Hervé Joncour è un bell’uomo, giovane, sposato con una splendida donna, Hélène. I due vivono a Lavilledieu, piccolo paesino a sud della Francia. Hervé è un commerciante di bachi da seta.
“Era il 1861. Flaubert stava scrivendo Salammbô”. E tutti i bachi da seta europei e africani, a causa di una strana epidemia, cominciavano a morire.
Baldabiou, uomo di poche parole che per primo ha portato il commercio dei bachi da seta a Lavilledieu, suggerisce ad Hervé di partire.
“Non c’è scelta. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo arrivare laggiù”.
“E dove sarebbe, di preciso, questo Giappone?”
“Sempre dritto di là. Fino alla fine del mondo”.
Hervé riflette, esita, pensa. Alla fine decide, parte.
Si reca in Giappone a comprare le uniche uova di bachi non infette, salvando Lavilledieu e condannando se stesso.
Giunto lì viene accolto nel palazzo reale di Hara Kei, un uomo misterioso e ricchissimo, sempre in compagnia di una ragazza, giovane, dai lineamenti europei e lo sguardo intenso.
Tra lei ed Hervé si intreccia una “triste, segreta e imponente danza di sguardi”. Non si scambiano nemmeno una parola – che non sia scritta. Prima che lui lasci il Giappone, la ragazza infatti traccia su un foglio di carta di riso “pochi ideogrammi disegnati uno sotto l’altro. Inchiostro nero”.
Hervé torna in Francia da Hélène. Pur amandola immensamente, non riesce in nessun modo a dimenticare lo sguardo carico di segreti della ragazza incontrata al palazzo di Hara Kei.
Si reca dunque da Madame Blanche, una prostituta di Nîmes originaria del Giappone, per farsi tradurre il biglietto.
“Torna, o morirò”.
Hervé tornerà in Giappone molte volte negli anni seguenti, mosso da necessità lavorative ma, più di tutto, dalla speranza di trovare di nuovo la donna che lo ha stregato, o quantomeno il suo sguardo.
Hélène intanto gli resta accanto, silenziosa e innamorata.
Un anno, Hervé torna in Giappone, e lo scopre devastato dalla guerra civile. Ritroverà dopo alcune disavventure la carovana di Hara Kei, in fuga tra boschi tristi. E sorprendentemente, inspiegabilmente, verrà minacciato da Hara Kei stesso, che gli intimerà di non tornare più.
Deciderà allora di chiudere per sempre ogni rapporto con quel paese misterioso, la sua gente e la sua seta, e tornerà a Lavilledieu.
Dopo poco tempo gli verrà recapitata una lunga lettera, scritta in ideogrammi. In quella lettera è celato il codice che farà scattare gradualmente il meccanismo della storia, svelando (ma mai troppo) un segreto evidente, un mistero già risolto, che Hervé non aveva ancora compreso. Nella storia delle intuizioni egli intuirà troppo tardi la soluzione all’enigma della sua vita – semplice, come semplice era sempre stata la felicità.
Alessandro Baricco e il suo elogio alla malinconia
Seta è un romanzo delicato, elusivo, essenziale. Il titolo allude certo al fil rouge che percorre tutta la trama, ma anche e soprattutto all’intrinseca consistenza del racconto, leggera, soffiata, sospesa. È la storia delle parole non dette e della disarmante limpidezza della vita – invisibile proprio perché così evidente.
I nomi eterei dei personaggi, le ambientazioni fiabesche, i riferimenti storici inseriti con segreta ironia, con una pacata aria di sfida in un mondo di realtà surreali e scene velate – tutto contribuisce a rendere quest’opera un piccolo, prezioso elogio della malinconia.
Sfuggente e delicato, come un dito che sfiora un paio di labbra, come il tocco del vento sulla pelle.
Beatrice Morra