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Leon Bridges, l’esordio di una “stella per caso”
Un incontro fortuito e una conversazione in merito all’abbigliamento: queste le fortunose circostanze che hanno avviato e consentito l’ascesa di Leon Bridges, cantautore gospel-soul ventiquattrenne proveniente da Fort Worth, Texas, tra pochi giorni (22 giugno negli States, 30 giugno in Italia) al debutto discografico per la Columbia Records con l’album Coming Home. Qui di seguito la tracklist:
01. Coming Home
02. Better Man
03. Brown Skin Girl
04. Smooth Sailin’
05. Shine
06. Lisa Sawyer
07. Flowers
08. Pull Away
09. Twistin’ & Groovin’
10. River
La favola del nostro prende il via più o meno un anno fa da un ristorante della stessa cittadina nel quale egli lavorava come lavapiatti. Ripulendo i tavolini conosce per caso Austin Jenkins, chitarrista dei White Denim (band texana di garage rock), che si complimenta con lui per il look vintage, utilizzato da Bridges anche durante le esibizioni.
Lo stesso Jenkins, insieme al collega Joshua Block (batterista dei White Denim), va ad ascoltarlo un paio di settimane più tardi al Magnolia Motor Lounge. Entrambi vengono folgorati dal brano Coming Home e fin da subito non hanno alcun dubbio: sono infatti concordi nel voler produrre personalmente un album del talentuoso Leon Bridges.
E così, ottenuto in favore di Leon Bridges un contratto con la Columbia, nel febbraio 2015 viene rilasciato proprio Coming Home, singolo promozionale, che nello stesso mese fa il suo ingresso nella Top 10 Most Viral Track su Spotify. Il resto lo fa Lisa Sawyer, brano scritto qualche anno prima per sua madre, che supera, sulla pagina Soundcloud dell’artista, gli 800.000 ascolti e cattura l’attenzione di oltre quaranta etichette discografiche.
La scoperta improvvisa del soul
È proprio questo brano, inoltre, a segnare per Leon Bridges l’avvicinamento nonché la conversione al soul e la definitiva definizione del suo sound.
Egli, chitarrista autodidatta, si avvicina alla musica partendo infatti da tutt’altre influenze. Intorno ai vent’anni si appassiona all’hip-pop, al rap e al R&B anni ’90, (Ginuwine, Usher) e sogna di intraprendere una carriera simile a quella dei suoi idoli. Ma improvvisamente arriva una folgorazione, dovuta anch’essa a un caso fortuito.
Un amico, infatti, ascoltando il brano in questione, domanda all’artista se si ispirasse a Sam Cooke, ma Leon Bridges gli risponde di non sapere chi sia e di non aver mai ascoltato nulla dell’artista. E così, approfondendone l’ascolto, il giovane si imbatte in un genere sconosciuto, che decide di rivitalizzare, riallacciandosi direttamente ai suoi mostri sacri quali lo stesso Cooke, Otis Redding, Ben E. King e Marvin Gaye, ai quali viene lui spesso paragonato e alle cui medesime sonorità anni ’50 e ’60 viene comparata la sua musica, che si basa prevalentemente sui cori e sul comparto dei fiati.
La tradizione musicale in Texas
Di questi tempi, quindi, Leon Bridges rappresenta senza dubbio un artista atipico, uno dei pochissimi (insieme ad Erykah Badu, per certi aspetti) che ripropone il soul vecchia maniera, almeno per quel che riguarda il Texas. Quest’ultimo, infatti, non possiede affatto un’insigne tradizione legata al genere, che non ha praticamente mai attecchito all’interno dello stato.
Esso ha brillato in passato, piuttosto, per un’importantissima scena di cantautori country-folk come Willie Nelson, Lyle Lovett, Kris Kristofferson, Townes Van Zandt (nativo proprio di Fort Worth), Guy Clark, Steve Earle, Nanci Griffith e per un’altrettanto ricca tradizione blues e blues-rock, rappresentata da artisti come Janis Joplin, Johnny Winter, gli ZZ Top, T-Bone Walker e Stevie Ray Waughan. Anche per quel che riguarda il rock and roll lo stato ha vantato due artisti di primissimo rilievo, come Buddy Holly e Roy Orbison e non ha decisamente sfigurato neppure nel rock psichedelico, grazie ai 13th Floor Elevators. Da citare, infine, il rockabilly dei Reverend Horton Heat e il recente post-punk degli Explosions in the sky.
Recensione di Coming Home
L’opera prima di Bridges è davvero un buon debutto, che lascia prevedere per il giovane un futuro roseo. Lungo i trentaquattro minuti il cantautore texano cerca, con risultati soddisfacenti, un suo percorso che riesca a rinnovare e modernizzare il genere, evitando, in questo modo, un’eccessiva imitazione dei modelli di partenza.
Oltre al soul e il gospel (Lisa Sawyer, River), sa ben dividersi, infatti, tra il rock and roll (Flowers), il pastiche Twistin’ & Groovin‘, che incrocia il country iniziale con blues e rock and roll e qualche ballad (Pull Away). Molto piacevole anche Better Man.
Per la maggior parte canzoni d’amore, che si fanno apprezzare per una scrittura genuina, sincera, senza fronzoli, che colpisce proprio per la lineare semplicità.
Roberto Guardi