Dal genio creativo dei padri della trilogia di Matrix (i Wachowski) nasce un film avvincente, un film in grado di incollare ogni sguardo ed ogni mente allo schermo: V per Vendetta.
Il film, uscito sul grande schermo nel 2005, ha subito segnato un lungo solco nelle opinioni della critica cinematografica dato il suo retroterra concettuale ricco di considerazioni e riflessioni.
La pellicola cinematografica, diretta da James McTeigue, regista australiano, è stata ispirata al fumetto sceneggiato da Alan Moore e disegnato da David Lloyd che racconta di V, terrorista inglese, narrando però una storia diversa da quella del film.
V terrorista o eroe?
Come si immagina il futuro in V per Vendetta?
In genere ognuno è affascinato o angosciato dall’idea del futuro, quando il futuro in questione è il proprio, ma quando si parla delle sorti di una nazione, di interi continenti o del mondo stesso non si lascia spazio al pessimismo e si cerca di assumere un atteggiamento sempre ottimistico e speranzoso. Il futuro che ci racconta James McTeigue è un ritorno tecnologico al passato: la realtà della Londra di V non è altro che la realtà di un prossimo futuro molto vicino ad un passato dominato da totalitarismi e censure che mirano all’efficienza grazie a particolari tecnologie.
I notiziari parlano di ex Stati Uniti d’America, di guerra civile in Inghilterra e devastazione generale, sbigottendo così lo spettatore che, in realtà, ha l’impressione di guardare, tra le scene del film, una realtà odierna e veritiera privata, però, dei maggiori punti di riferimento politici ed istituzionali.
Molti hanno intravisto tra neonati assetti politici, istituzionali e modi di vivere della repressa popolazione londinese del film uno sfondo molto simile, se non coordinato, alla realtà dominante in uno tra i romanzi più celebri di George Orwell: 1984. Nel quale ritroviamo, effettivamente, elementi combacianti con il film, non si conosce, però, quanto sia implicata la volontà dell’autore in questo.
Ad ogni modo, V per Vendetta è un film davvero completo che tocca al suo interno moltissime tematiche attuali e pone interrogativi secolari ed irrisolti. Ad un apparato politico totalitario, che si è garantito il potere grazie alla strumentalizzazione della paura e del terrore che hanno per lo più funto da collante consensuale, si oppone un terrorista la cui storia trasuda odio, inquietudine, forza ma soprattutto vendetta.
Colto, intelligente e pieno di ideali V si configura in un uomo in maschera che decide di combattere parallelamente due battaglie, poi convergenti tra loro.
La sua idea è fortemente radicata nel passato, legata a doppio filo al 5 novembre del 1605, data che segna il fallimento di Guy Fawkes (protagonista della rovinosa congiura delle polveri contro il parlamento inglese), il quale era convinto di voler far saltare in aria il palazzo parlamentare.
La sua (mancata) azione fu condannata dalle autorità inglesi ma è necessario riflettere: quanto è forte la portata simbolica di tale gesto? Quanto può essere pericolosa ed affilata un’idea?
Quel che emerge dalla pellicola è affascinante ma utopistico: V ha la convinzione di poter cambiare il mondo grazie all’ausilio delle sue idee che non vede e percepisce come immateriali e vacui aspetti della vita ma come lame affilate pronte ad infilzare quello che egli stesso ritiene essere il male.
Il segreto del pensiero di V è la passione che nutre per le sue idee, l’audacia che dimostra nel raccontarle e la forza di materializzarle così come l’idea di un disegno grazie alla mano e la matita prende forma. Così persuasivo e colto da affascinare con il suo brillante modo di parlare persino il nemico.
Allora, V è un giusto, un idealista e un uomo determinato a sradicare il potere da un terreno ormai marcio e putrido i cui fiori sono dipinti di terrore, restrizione ed egemonia, è dunque V un terrorista, oppure, nonostante egli si opponga al regime vigente, è un eroe?
Terrorista è colui che il terrore lo genera mentre V vuole fare altro, vuole uccidere il nero terrore ed insegnare davvero che dovrebbero essere i governi ad aver paura dei popoli e non i popoli dei loro governi.
Una storia ai limiti dell’umano ma nel cuore della realtà e della storia, una critica al bollente passato del mondo, forse, una previsione per il prossimo futuro, un film che non può restare inosservato, particolare, potente e completo nella scelta delle tematiche.
Corinne Cocca