Al termine dell’ultimo articolo è stato accennato che, oltre all’Ombra, Jung individua un altro archetipo che genera alcune delle proiezioni più difficili da ritirare. Si tratta dell’archetipo rappresentante l’inconscio collettivo, che trasmette alla coscienza tutto ciò che nella sfera psichica è vissuto come non-Io e di conseguenza viene personificato nell’immagine della controparte eterosessuale del soggetto. Da questa enorme estraneità nascono la tendenza a proiettare tali contenuti sull’altro sesso e la difficoltà a dissolvere le proiezioni.
Anima, la vergine e la meretrice
Nel caso dell’uomo, il fattore generatore di proiezione è l’Anima.
A differenza di quanto comunemente si pensa, l’Anima non è una figura sostitutiva della madre, bensì una immagine della donna presente nella psiche maschile, un prodotto spontaneo inconscio comune a tutti gli uomini che la madre effettiva del bambino è destinata ad incarnare per prima influenzandone così i tratti fondamentali, ruolo che ricopriranno poi tutte le figure femminili importanti nella vita del soggetto.
Questo fattore, se non viene riconosciuto, si presenta come un sistema distaccato dalla personalità che genera sentimentalità incontrollata ed irrazionale tendente ad un comportamento infantile e passivo. Ne è un esempio l’uomo che idealizza le proprie compagne fino allo stato di donna-angelo o di Dea-Madreterra per poi accusarle, in preda ad una cocente delusione auto-inflitta, di non essere «ciò che lui pensava che fossero».
Drammatizzando uno stato, come è solito fare l’inconscio, vediamo allora sulla scena psicologica un uomo che vive regressivamente, cercando la propria infanzia e la propria madre, e fugge al mondo freddo, malvagio, che non lo vuole assolutamente comprendere. […] Egli vorrebbe cogliere la realtà, abbracciare la terra e fecondarne le zolle ma, non appena presa la rincorsa, si ferma: il segreto ricordo che mondo e felicità possono essere anche ricevuti in dono, e dalla madre, paralizza il suo slancio e la sua perseveranza. […] Per questo egli avrebbe bisogno di un Eros infedele, capace di dimenticare la madre [l’imago della madre] e infliggere a sé stesso il dolore di abbandonare il primo amore della sua vita
Prima di procedere a spiegare l’effetto benefico della dissoluzione delle proiezioni provenienti dagli archetipi, bisogna specificare che in qualsiasi caso non esiste una cosa come l’integrazione degli archetipi stessi. Questi fattori psichici sono, infatti, parti dell’inconscio collettivo e non dell’Io, che può, così, soltanto integrarne i contenuti. Detto ciò, possiamo capire cosa si intende quando diciamo che l’Anima viene riconosciuta e – attraverso sforzi intellettuali e morali di enorme portata – le proiezioni ritirate, e la coscienza maschile integra in sé contenuti di relazione e connettività, definiti da Jung come Eros.
Si vede così l’uomo scoprire una dimensione diversa da quella logica e conoscitiva che gli è più propria, quella delle emozioni e dei legami tra cose e persone, ciò che va ad enorme vantaggio delle capacità di relazione con l’altro sesso e non, grazie ad un’aumentata capacità di riconoscere l’individualità altrui spoglia delle proiezioni provenienti dalla propria psiche.
Animus, il pastore della psiche
Azione uguale e opposta, quindi complementare, svolge l’Animus sulla psiche femminile al dissolversi delle proiezioni. Costituendo l’Eros materno la natura femminile, essa viene compensata dal Logos paterno che apporta alla coscienza femminile riflessività, ponderatezza e conoscenza.
Al contrario, quando invece la tendenza cosciente è troppo inclinata all’Eros, l’Animus interviene per principio enantiodromico (per l’enantiodromia vedere il secondo paragrafo di questo articolo) generando opinioni anziché riflessioni, vale a dire supposizioni prive di fondamento che la donna “trasportata e imbrancata fra le pecore del pastore della sua psiche, l’Animus” pretende di affermare come verità assolute e incontestabili.
Se lo si guarda da un punto di vista junghiano, troviamo un esempio piuttosto lampante nel caso di Simone de Beauvoir che ne Il Secondo Sesso fa più volte affermazioni di grande innovazione, ma di dubbia fondatezza scientifica, sul rapporto tra donna e uomo per poi risolvere l’emancipazione intellettuale femminile nella relazione di subordinazione con un maître à penser maschile.
Non è raro che un uomo discuta in questa stessa maniera ed ancora meno è trovarne uno che intrattenendosi in una discussione con una donna in preda al proprio Animus cada a sua volta vittima della propria Anima e tra i due inizi una vera e propria guerra verbale che si può star sicuri sfocerà in un nulla di detto.
Le discussioni e i litigi furiosi in cui si dicono «cose che non si pensano» e si fanno «cose che non si volevano» sono prodotti del rapporto tra questi due archetipi che, in quanto emotivo e dunque collettivo, si ripete uniformemente in tutte le coppie ed in tutti i tempi. Infatti, per quanto ciò possa sembrare un evento unico ed irripetibile ai due soggetti, l’emotività e gli affetti abbassano il livello relazionale a quello istintuale che di individuale non contiene proprio nulla.
In tali casi, piuttosto che riconoscere e ritirare la proiezione, si preferisce ottenere ragione e denigrarsi vicendevolmente sottraendo così al rapporto quel mutuo riconoscimento tra individui senza il quale la relazione non esiste.
Per tali motivi è auspicabile che, come per l’Ombra, anche per Anima e Animus si giunga ad una dissoluzione delle proiezioni, ma per questi ultimi due le cose non sono così semplici considerate le profondissime basi istintive da cui nascono tali dinamiche.
Sembra del tutto naturale che gli uomini abbiano umori irrazionali e le donne opinioni irrazionali. […] La natura è conservatrice e restia a permettere che sia disturbato il suo corso […] perciò è tanto più difficile diventar consapevoli delle proprie proiezioni di Animus e Anima che non riconoscere i propri lati d’Ombra
Il quaternio coniugale
L’intero processo del diventar consapevoli delle proiezioni sembra in effetti basato sulla sublimazione della libido proveniente da istinti arcaici e collettivi verso un obiettivo superiore, quello della scoperta della propria individualità all’interno della totalità psichica.
Una volta superata l’Ombra e riconosciute l’Anima o l’Animus, nasce nei soggetti una triade trascendente per un terzo: il soggetto maschile, quello femminile contrapposto e l’Anima trascendente. Il contrario avviene nella donna. A questi tre si aggiunge un quarto elemento, il Vecchio Saggio o la Madre Ctonia, che rappresenta l’archetipo del Significato.
In questo modo si forma quello che Jung chiama quaternio coniugale, l’archetipo della totalità psichica, per metà immanente (cosciente) e metà trascendente (inconscio).
Siamo così arrivati a toccare gli archetipi fondamentali del processo d’individuazione, leitmotiv della speculazione junghiana.
Giovanni Marco Ferone
Bibliografia: C.G. Jung, Gli archetipi dell’inconscio collettivo, 1934-54, Bollati Boringhieri; Id., Aion, ricerche sul simbolismo del Sé, 1951, Bollati Boringhieri
Autore immagine in evidenza: Giovanni Marco Ferone