Il Carso
Il Carso e la leggenda delle origini.
L’ultima leggenda friulana che ho deciso di proporvi quest’oggi è legata ad uno dei luoghi più caratteristici della regione del Friuli Venezia Giulia: il Carso.
Il Carso altro non è che un altopiano roccioso calcareo; con le sue lunghe e desolate distese di pietre e rocce è divenuto col tempo uno dei paesaggi più attrattivi e – allo stesso tempo – “angoscianti” del Friuli. Un territorio che, per via della sua vastità, è assolutamente impossibile conoscere in ogni sua roccia, cavità e gola nascosta.
Sebbene la sua notorietà sia dovuta proprio dal suo essere uno sconfinato deserto di pietra e polvere, la storia che narrerò di qui a breve – e a cui potrete decidere di credere o meno – ci svela che il Carso, in origine, non ha sempre avuto questo aspetto. Ecco per voi quindi la leggenda riguardante la vera natura di questo territorio; com’era, come è diventato e perché.
Le origini del Carso
Il Carso è noto a tutti per essere un deserto composto da un esteso ammasso di pietre e rocce calcaree, ma la leggenda rivela il contrario.
Un giorno, il buon Dio, una volta ultimata la creazione del mondo e dopo aver esaminato ogni sua decisione e più piccolo dettaglio, si accorse che vi erano alcune cose da rivedere e a cui dare un giusto ordine: una fra queste erano proprio le pietre.
Nel suo desiderio di voler costruire un mondo solido, massiccio, il Signore aveva disposto fin troppe rocce anche in luoghi fertili e rigogliosi, impedendo così all’uomo di coltivare la terra. Dopo aver riflettuto, decise saggiamente di porre rimedio a questa situazione quanto prima. Chiamò il suo fedele arcangelo Michele e gli spiegò la faccenda: l’Angelo avrebbe dovuto raccogliere tutte le pietre in eccesso, per poi gettarle nel mare Adriatico.
L’Arcangelo, abituato a ben altro tipo di imprese nelle sue competizioni con il Maligno, si mise subito all’opera.
Presto o tardi si accorse che le pietre da trasportare e che avrebbe dovuto poi far scomparire, erano davvero troppe anche per lui. Nonostante ciò, San Michele non osava lamentarsi, bisognava semplicemente risolvere un banalissimo problema di trasporto. La soluzione che egli trovò fu quella di far realizzare un sacco molto largo e profondo che poteva contenere, quand’era pieno fino all’orlo, alcune tonnellate di pietre.
L’Arcangelo riempiva il sacco con le rocce che trovava nei vari punti che gli venivano indicati di volta in volta da Dio, se lo metteva sulle spalle e infine lo andava a svuotare nelle chiare acque del mare, così come gli era stato ordinato di fare.
Sebbene ci fossero ancora alcune zone da sistemare, San Michele poteva ritenersi più che soddisfatto: di lì a poco avrebbe completato il lavoro.
Ma, durante i suoi innumerevoli viaggi dalla terraferma al mare, l’Angelo non si era accorto di esser stato seguito da Satana in persona che, incuriosito da quell’insolito via vai, non riusciva a comprendere quale fosse il contenuto di quel sacco che, con la sua trama stretta voluta appositamente da San Michele, lasciava ampio spazio all’immaginazione. Chissà quali tesori vi erano al suo interno… Satana era desideroso di scoprire il misterioso contenuto, a qualunque costo.
Resosi invisibile grazie a una delle sue tante diavolerie, il Demonio si accostò sempre più all’Arcangelo e con delle forbici incantate che non producevano il benché minimo rumore e che non alleggerivano il peso sulle spalle dell’Angelo, tagliò di netto il sacco numerose volte. Satana non riusciva a capacitarsi che il carico trasportato da San Michele fossero non altro che delle comunissime e banali pietre. L’Arcangelo di lì a poco si accorse di quanto era accaduto, inseguì il Diavolo con la sua spada e lo costrinse a ritirarsi.
Ma il danno ormai era fatto: tre carichi completi di pietre erano andati a finire su distese di terre rigogliose e ricche d’acqua. Adesso era tutto sparito, c’era solo una distesa sconfinata di sassi. Era il Carso.
San Michele cercò disperatamente di convincere Dio a risolvere la situazione, ma egli fu irremovibile: quello che fatto, era fatto.
Il Carso, un territorio dall’indiscutibile attrattiva
Sebbene il Carso sia un territorio prevalentemente composto da pietre e rocce, è assolutamente innegabile la sua bellezza. Le innumerevoli pietre, taglienti e uguali che si susseguono una dopo l’altra, ci regalano un paesaggio dotato di un particolare fascino, a detta di molti quasi luciferino.
Luna Scotti
Bibliografia
Mariarosaria Izzo, “Qui si racconta che…”, Medusa Editrice, 2005
Sitografia