Diario d’Algeria: diario come luogo fisico e materiale, ma anche come bagaglio di esperienza esistenziale, come deposito del reale vissuto, di ciò che conta, di ciò che è esperienza umana.
Esperienza umana che è immediatamente reale, è strettamente interconnessa con un luogo fisico: l’Algeria, luogo dove il poeta è stato realmente prigioniero di guerra, dove ha esperito del mondo, del destino, del telos. Diversamente da altri scrittori la partecipazione alla storia non è vissuta nei termini strettamente politici, la poesia di Sereni non da nessuna occasione di idealizzazione dei destini sia individuali e collettivi. La poesia di Sereni è la voce di un individuo che si interroga costantemente sui propri limiti, sull’umano.
Diario d’Algeria: un pezzo di vita di Vittorio Sereni
Diario d’Algeria è una raccolta di poesie di Vittorio Sereni, forse la più importante dopo Gli strumenti umani.
Sereni aveva già scritto Frontiera, una raccolta poetica di ascendenza ermetica, fortemente introspettiva ricca di immagini di paesaggi, spesso interiorizzati, e forgiata su un monolinguismo ricercato. Nelle pagine di Frontiera le incertezze esistenziali riscontrano, in certi ambiti, un referente reale nella contingenza storica della minaccia della guerra che incombe sull’Europa, il titolo stesso Frontiera oltre a rendere l’idea di un precario equilibrio è anche la frontiera (come ha sostenuto il critico Mengaldo) “quasi visibile da Luino, tra Italia e Svizzera, o meglio, tra Italia fascista ed Europa civilizzata”.
Diario d’Algeria, invece, mostra una certa apertura alla realtà concreta ed immanente, resa sia dall’accentuazione dell’impostazione diaristica dell’opera, sia dall’abbandono di soluzioni di raffinata ricercatezza stilistica. Il rifiuto del transitorio (tema pregnante della tradizione ermetica) si stempera in un’apertura al quesito sulla contingenza storica. Quest’apertura non si ammanta del senso di engagement del contemporaneo Neorealismo, non interroga l’intellettuale sulle modalità d’agire nel reale come avveniva in Vittorini, Calvino e Pavese (seppur con esiti differenti tra loro), bensì sul senso dell’agire umano, sul limite (non esente da letture di filosofi esistenzialisti) e ciò non consente nessuna forma di idealizzazione, di letteratura dell’ideologia (come accadde a chi partecipò attivamente alla Resistenza, esempio paradigmatico: Vittorini).
Ha sintetizzato perfettamente il critico Mengaldo parlando di “vicenda esemplare, che oscilla fra il referto di un’esperienza ben reale e storica e l’allegoria della vita intesa come transito e prigionia – centrata sulle due figure emblematiche del protagonista quale ‘viandante stupefatto‘ (prima e terza parte) e prigioniero (seconda)“[1]
Esempi da Diario d’Algeria
La lirica più famosa di Diario d’Algeria ne è forse una datata “giugno 1944 – Campo Ospedale“: Non sa più nulla, è alto sulle ali.
Non sa più nulla, è alto sulle ali
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.
Per questo qualcuno stanotte
mi toccava la spalla mormorando
di pregar per l’Europa
mentre la Nuova Armada
si presentava alla costa di FranciaHo risposto nel sonno: – è il vento, il vento che fa musiche bizzarre.
Ma se tu fossi davvero
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna
prega tu se lo puoi, io sono morto
alla guerra e alla pace.
Questa è la musica ora:
delle tende che sbattono sui pali
Non è musica d’angeli è la mia
sola musica e mi basta.
Il componimento consta di due strofe tra loro collegate sia da argomenti tematici, sia da espressioni del significante. Un esempio ci è offerto dal collegamento fonico in rima che unisce “ali” e “pali” a 15 versi di differenza; della contrapposizione tra le ali del morto che (secondo una consueta immagine letteraria e non) sale in cielo e quella dei pali sui quali sbattono fastidiosamente le tende del campo di concentramento in cui è internato il poeta. Quelle “ali”, nell’immagine dell’idealizzazione intellettuale della guerra riscontrano soltanto dei prosaicissimi “pali” nel referente concreto del dato reale.
Il secondo verso è identico all’undicesimo; è esso, benché il più lungo del componimento, costituito dal solo soggetto espresso in perifrasi: il primo soldato morto sulla spiaggia della Normandia (allusione al famoso sbarco). Se nel primo questo è “alto sulle ali” e nella stessa notte il poeta sentiva il contatto di chi gli chiedeva di “pregare” per la vittoria degli Alleati sul nazismo, nella seconda strofa esso si sente “morto alla guerra e alla pace”, estraneo al movimento della storia, scevro da ogni sua idealizzazione perché questa storia “non è musica d’angeli”.
Luca Di Lello