Il pregiudizio è un elemento che la letteratura dovrebbe obliare. Certo, la differenza linguistica è un dato rilevante, si posa come una sorta di barriera. Ma il contenuto di un’opera, anche nella sua parzialità, va ritenuto universale. Sul tacere il giudizio e sulla nuova cultura, Passaggio in India di E. M. Forster.
Passaggio in India, lo spazio personale
Con le mance si può esagerare o tenersi troppo stretti, ma il denaro che compra l’esatta verità non è ancora stato coniato.
Edward Morgan Forster è conosciuto in virtù della sua partecipazione al famigerato Bloomsbury Group, quella comunione di intenti – economici, artistici, letterari – che vede alla ribalta anche Virginia Woolf. Nota caratteristica dell’autore è il suo trascinare la tradizione anglosassone nello scontro reale con altre culture.
Al di là dei contenuti, se badassimo soltanto al background delle opere di Forster, rimarremmo stupiti dal dettaglio e dalla sazia rappresentazione. Questo è ciò che accomuna romanzi quali “Camera con Vista“, ambientato a Firenze, e “Passaggio in India”.
“Passaggio in India” non è affatto un classico romanzo di viaggio, non un resoconto d’Oriente. Il fulcro della struttura sono le relazioni personali che intercorrono tra i vari personaggi. Non manca poi uno spiccato gusto del simbolo: i luoghi rispondono al canto degli uomini e delle donne coinvolti. Questo è il caso, ad esempio, delle Barabar Caves, le grotte che segneranno una svolta nella storia, e si pongono come specchio materiale del subconscio.
I personaggi e le tematiche
Tra le figure che rendono “Passaggio in India” un’opera quanto mai moderna possiamo annoverare almeno: Mrs Moore, una presenza anch’essa quasi simbolica, capace d’indicare uno stato ideale dello spirito, libero dal giogo del pregiudizio; Aziz, il medico indiano che corre sbalzato da una contraddizione all’altra, incarnando la coscienza indiana, una sorta di patriottismo impulsivo; Adela, il fallimento dell’unione tra due culture diverse, il sopruso che muta in terrore e agonia.
Come può infatti un solo essere umano soffrire di tutta la tristezza in cui si imbatte sulla faccia della terra, della pena che affligge non soltanto gli uomini, ma gli animali e le piante, e forse le pietre? L’anima si stanca subito, e nel timore di perdere quel poco che capisce, si ritrae verso i principi permanenti che l’abitudine o il caso hanno dettata, e là soffre.
Come si può aver intuito, siamo nel fiore dell’epoca coloniale inglese. Le grasse mani della cupidigia vittoriana sono calate sull’onda del tempio. A spaccare la prigione, la tagliente, ma pur sempre cauta, penna di Forster. I temi principali di “Passaggio in India” spaziano dalla rappresentazione fedele della spaccatura tra Oriente e Occidente ai sintomi della dissoluzione del dominio britannico. Infine, si giunse all’aspra critica della politica imperialistica, una politica discriminante e abietta.
Forster: tradizione e modernità
Edward Morgan Forster è un originale tassello nel mosaico della nuova letteratura. Egli s’ancora ad elementi della tradizione, quali la presenza di un narratore onnisciente, una sorta di ottimismo dei confronti del futuro e l’uso di quell’ironia tanto cara a Jane Austen.
Vi è di moderno il grande progetto di cogliere l’armonia all’interno della disgregazione umana. Siamo all’alba dell’ultima distruzione, le grandi guerre del XX secolo. Lo spirito, salvo sporadiche eccezioni, sembra andare in secondo piano. Neanche fosse tornato ai meravigliosi intenti della Grecia antica, Forster tenta di ricucire il cerchio, la perfezione in un campo di sangue e di abuso:
La maggior parte della vita è così monotona che non c’è proprio niente da dirne, e i libri e i discorsi che la descrivono come una cosa interessante sono costretti a calcare la mano, nella speranza di giustificare la propria esistenza. Dentro il suo bozzolo di lavoro o di obblighi sociali, lo spirito umano per lo più sonnecchia, notando la differenza tra piacere e dolore, ma niente affatto vigile come vogliamo far credere. Nella giornata più intensa ci sono momenti in cui non succede nulla, e anche se continuiamo a esclamare «Mi diverto» o «Sono atterrito», non siamo sinceri. «Fintanto che provo qualcosa, è gioia, è orrore» — in realtà non c’è nulla più di questo, e un organismo perfettamente adattato conserverebbe il silenzio.
Silvia Tortiglione
Fonti:
E. M. Forster, Passaggio in India, trad. di Adriana Motti, Einaudi, 1978.