Il gran sole di Hiroshima di Karl Bruckner

6 agosto 1945. Alle ore 8 e 15 minuti il quadrimotore B-29 sorvola il cielo di Hiroshima, una delle poche città del Giappone a non aver subito alcun bombardamento durante la seconda guerra mondiale. A quell’ora l’Enola Gay (il pilota del veicolo, Paul Tibbets, lo ha ribattezzato così in onore di sua madre) sgancia un ordigno che, una volta toccato il suolo, esplode.

In un milionesimo di secondo, un nuovo sole si accese nel cielo, in un bagliore bianco, abbagliante. Fu cento volte più incandescente del sole del firmamento. (…)

Hiroshima
Memoriale della pace di Hiroshima

In quello stesso momento Schigeo e Sadaki, due fratellini di 11 e 4 anni, stanno andando a cercare del cibo per la propria famiglia. La potenza della bomba li investe e li scaraventa a terra, lasciando una scia di distruzione e morte in tutta la città di Hiroshima.

 

(…)

In questo secondo, 86.000 persone arsero vive.
In questo secondo, 72.000 persone subirono gravi ferite

(…)

Schigeo e Sadaki riescono a sopravvivere, ma sono circondati da uno scenario spettrale: edifici distrutti, cadaveri carbonizzati, uomini e donne feriti orrendamente. La bomba atomica, Little boy per gli americani, ha causato tutto questo. Ora bisognerà ricostruire ogni cosa da zero, in un difficile cammino per tornare alla normalità e per cercare di dimenticare il trauma di una guerra conclusasi in modo così estremo per il Giappone che, tre giorni dopo, vedrà un altro ordigno abbatersi sulla città di Nagasaki.

Il gran sole di Hiroshima. L’orrore della bomba spiegato ai più giovani

Hiroshima
Karl Bruckner (1906 – 1982)

In questo secondo, l’uomo, che Dio aveva creato a propria immagine e
somiglianza, aveva compiuto, con l’aiuto della scienza, il primo tentativo per
annientare se stesso.

Il tentativo era riuscito.

È questa (in breve) la trama de Il gran sole di Hiroshima, romanzo del 1961 di Karl Bruckner. Lo scrittore austriaco si è cimentanto nel mai facile compito di spiegare a bambini e adolescenti eventi di un certo spessore. Infatti uno scrittore per ragazzi deve sempre muoversi con cautela quando abbandona il mondo della fantasia e si trova costretto a calcare il terreno di quello della realtà storica, un mondo dove non sempre  l’happy ending è di casa e dove i mostri non sono orchi o streghe, ma gli uomini stessi.

Così, nel descrivere ai lettori più giovani un evento drammatico ed impressionante come l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima Bruckner, pur non rinunciando ad una certa ricerca storiografica, da vita a quello che definiremmo un romanzo corale. La tragedia di Hiroshima e le sue conseguenze vengono narrate seguendo la vicenda di più di un personaggio: i sopracitati fratelli Sasaki, che fungono da personaggi principali, i loro genitori, alcuni adolescenti, i soldati americani e così via, offrendo al lettore una lettura in bilico tra la rappresentazione storica e il sentimento neorealista. L’umanità (quel poco che si trova, in una situazione dove la miseria rende nemici tutti quanti) diventa il sentimento predominante in mezzo al dramma della guerra.

Il processo disumanizzante della guerra

Buckner è stato uno scrittore che ha sempre difeso a spada tratta gli ideali di pace e giustizia, cercando di condannare con ogni mezzo la stessa idea della guerra e le conseguenze che porta sia a livello sociale che umanitario. Hiroshima diventa l’emblema di tutto questo: una città che fino a quel 6 agosto non ha mai conosciuto la violenza distruttrice della guerra, ma i cui effetti si sentono comunque sui suoi cittadini. Basti osservare Yasuko Sasaki, la madre di Schigeo e Sadako, costretta a lavorare incessantemente in una fabbrica di armamenti per fornire ogni sorta di arma all’esercito giapponese.

(…) l’operaia N. 389 lottava con tutta la propria volontà per resistere al capogiro. Il suo compito consisteva nel fare, a distanze ben precise, venti fori su certi nastri d’acciaio lunghi un metro, del peso di circa cinque chilogrammi. (…)

Hiroshima
Il triciclo di un bambino ,conservato al museo della pace di Hiroshima.

Gli uomini vengono ridotti a semplici numeri, a pezzi di un complesso sistema che ha lo scopo di alimentare la famelica macchina della guerra. Un sistema rigido, che non accetta nessun rallentamento capace di intaccarne il funzionamento. Ma tutto ciò non nega la presenza di una certà solidarietà. Ecco allora che Yasuko/N.389, quando all’improvviso sviene per la fatica, viene aiutata dall’operaia che le sta accanto.

La 388 si accorse che al posto di lavoro accanto a sé non c’era più nessuno, solo
quando stava per passare alla vicina un nuovo pezzo. La vide a terra, svenuta, e cercò subito
con gli occhi l’ispettore di fabbrica. Se costui notava qualcosa, erano guai grossi. Chi era
colpevole di un intoppo sul nastro scorrevole, per qualsiasi motivo era punito con la
diminuzione della paga ed il ritiro delle razioni supplementari di viveri. In casi gravi il
colpevole era accusato di sabotaggio. Questa fabbrica era considerata un centro d’industria
bellica di primo grado. (…)

A subire la cieca furia ideologica della guerra non sono solo i giapponesi obbligati a seguire il sogno imperialista di Hirohito, ma anche gli americani che devono combattere in nome della “pace”. Dall’attacco alla base navale di Pearl Harbor alla battaglia di Iwo Jiwa i soldati statunitensi sono anch’essi parte di un cieco sistema che li rende inconsapevoli delle proprie azioni e che ubbidiscono ciecamente agli ordini dei generali e alle loro menzonge. Di questo processo ne è vittima lo stesso colonnello Tibbets che, sganciando l’atomica su Hiroshima, crede di aver semplicemente lanciato un ordigno per intimorire i giapponesi. Ma la realtà è diversa, quando parla con il secondo pilota dell’Enola Gay: William Parson.

E Parson replicò con voce sorda, (…)
— Sì, l’abbiamo superato, colonnello. Siamo vivi. Ma gli uomini di quella città sotto
di noi, sono morti!
— Non dica sciocchezze, capitano! Li abbiamo annebbiati con una bomba di fumo.
Un’invenzione meravigliosa. Per aria un fuoco colossale da far tremare le ginocchia di
paura, e per terra una nuvola di fumo che certamente farà scappare chiunque abbia gambe.
Non esiste arma migliore.
(….)
— Si sbaglia, colonnello. Ho appena parlato col maggiore Ferebee. Ha detto che
mentre ci allontanavamo ha potuto scorgere un mare di fiamme. È convinto che ciò che è
rimasto di Hiroshima stia bruciando.
— Che cosa significa: rimasto? Qualcosa è andato distrutto?
Parson urlò, fuori di sé: — Colonnello! Non crederà veramente alla sua bomba di
fumo? Con grandissima probabilità abbiamo distrutto una città intera! Dal suo posto, lei ha
potuto vedere troppo poco. Ferebee, per quel che posso giudicare da ciò che dice, sembra
mezzo impazzito. Deve aver visto delle cose terribili.

Sadako e la speranza delle mille gru

Hiroshima
Al memoriale della pace di Hiroshima si trova questa statua raffigurante Sadako Sasaki. Per onorarne la memoria, i visitatori vi pongono alcune gru di carta.

Si è già detto come la vicenda del romanzo ruoti principalmente attorno alla storia di due fratelli, Schigeo e Sadako Sasaki. Ma è soprattuto quest’ultima il fulcro principale della storia.

Infatti Sadako è davvero esistita ed è una delle numerose vittime di Hiroshima. Quando la bomba esplose riuscì a sopravviere, ma anni dopo i sintomi delle radiazioni si faranno sentire e metteranno fine alla sua breve vita. Nel 1955 Sadako partecipa ad una gara ciclistica organizzata dalla scuola, ma giunta al traguardo sviene e cade a terra. Le viene diagnosticata una grave forma di leucemia e i medici sono costretti ad avvertire i genitori sul fatto che ella è destinata alla morte.

Pur consapevoli del triste destino che l’attende, la famiglia Sasaki cerca di alleviare il dolore della perdita prossima  infondendo lo stesso speranza in Sadako. Ecco allora che suo fratello Schigeo le mostra un modo magico per farla “guarire”: costruire mille gru di carta.

(…)

— Guarirai sicurissimamente — disse Scigheo.
— Sai come? Guarda qui! Ho della carta dorata ed un paio di forbici. Sta’ attenta! Ti
mostrerò qualcosa.
Tagliò dal rotolo un pezzo di carta, grande press’a poco come un quaderno aperto e lo
piegò con le dita agili in un determinato modo. In meno di un minuto, con qualche taglio di
forbici, ne venne fuori qualcosa che assomigliava ad un uccello con le ali spalancate.
Scigheo fece muovere in cerchio l’uccello di carta sopra il capo di Sadako.
— Hai visto com’è facile? Quando mille di queste gru staranno appese a dei fili al
tuo letto, sarai guarita.

Una leggenda infatti vuole che, qualora si riescano a costruire mille gru di carta, sia possibile realizzare qualunque desiderio. Animata dalla voglia di guarire Sadako diventa così il simbolo della forza di volontà, della tenacia e della costanza. L’emblema di chi, nonostante sia colpito da una grave infermità, tenta comunque l’impossibile per raggiungere un obiettivo o un sogno. Nonostante il finale triste, alla fine Sadako riesce ad ingannare la morte in una certa maniera. Sembra che, leggendo le ultime righe, riesca a raggiungere qualcosa di più alto.

(…)

Il leggero chiarore diventò una luce abbagliante. Gli occhi di Sadako si spalancarono.
Contemplavano il cielo, nel suo eterno splendore.

Mai più Hiroshima!

Hiroshima
Foto scattata nel 1948, a due anni dalla tragedia. Sullo sfondo  si possono osservare alcune case inalzate sopra le macerie. Un piccolo, ma significativo tentativo di tornare alla normalità.

A 70 anni dalla tragedia nucleare il Giappone continua a rendere omaggio alle vittime e ai martiri di Hiroshima, oltre che ai suoi sopravvissuti. Una commemorazione che risuona da monito, come del resto lo è anche il romanzo di Bruckner. A tale ragione uno dei capitoli del romanzo è intitolato “Mai più Hiroshima!” e anche in quel capitolo viene descritta la commemorazione, celebrata a due anni di distanza.

Eppure, nonostante 70 anni siano passati, ancora oggi il mondo vive con il terrore di un olocausto nucleare. Un terrore che è nato proprio da quel 6 agosto del ’45 e che è divenuto maggiore con gli anni della guerra fredda, dove gli Stati Uniti e l’URSS sembravano in procinto di distruggersi a vicenda. Oggi la situazione non è diversa: tante altre nazioni (basti pensare all’Iran o all’India) sono in possesso di testate nucleari addirittura più potenti dello stesso ordigno Little boy. Nelle peggiori delle ipotesi si potrebbe assistere ad una nuova Hiroshima e bisogna fare di tutto, affinché questo non accada.

Ciro Gianluigi Barbato

Bibliografia

K.Bruckner – Il gran sole di Hiroshima (a cura di Umberto Manopoli) – Giunti Marzocco editore