La poesia non si esaurisce in un blando senso di piacere. Essa ha il potere, per dirla come Goethe, di innalzare la coscienza umana, rendendola partecipe del mondo e dei suoi mutamenti. Prova di ragione, emblema di acume politico è il componimento del Il Cittadino Sconosciuto, di W. H. Auden.
Il Cittadino Sconosciuto
A JS/07/M/378
LO STATO DEDICA
QUESTO MONUMENTO MARMOREO
Il testo si presenta come un epitaffio, inciso su marmo al pari delle grandi figure storiche. Commemorato è un “cittadino ignoto”, un uomo dal comportamento, a dir dell’opinione pubblica, esemplare. La stasi del defunto viene innalzata quasi a santo esempio per la nazione, non ben indicata.
Bisogna tener presente un dettaglio: il nome del cittadino è reso in cifre, lettere scarne, gelide. E questo non solo sottolinea il suo anonimato, ma va paragonando la vita di una creatura al bollo di una merce.
Tranne che in Guerra, finché andò in pensione
lavorò in una fabbrica e mai fu licenziato,
ma piaceva ai padroni, Fudge Motors Inc.
Ecco che invece le istituzioni– giacché, nel Nuovo Secolo, anche la Guerra va intesa istituzione, almeno in virtù del gran denaro che la muove – possiedono un nome ben definito. L’Ufficio Statistico, l’azienda e, come si vedrà più avanti, il Sindacato, sono vive, pullulano di sangue, parlano, giudicano; e lo fanno in vece dei corpi umani.
La Nuova Era della merce e della lingua
Le varie Ricerche di Mercato dichiarano
che sapeva usufruire dei Piani Rateali
e che aveva tutto quanto occorre all’Uomo Moderno,
un grammofono, una radio, un’auto e un frigo.
Siamo nel 1939, non ancora nel pieno del “boom economico” che caratterizzerà gli anni cinquanta del secolo XX. Eppure, Auden, ne “Il Cittadino Sconosciuto”, presenta una chiara era del consumismo, elencando, in maniera ossequiosa, le ultime e più costose esigenze dell’Uomo Moderno. La necessaria informazione, il piacere della musica, il bisogno di velocità e di conservazione mutano nei suddetti “grammofono, radio, auto, frigo”.
La lingua di questo componimento è povera, certo. Non per questo, essa evita di puntare dritto al bersaglio, facendone crollare il cerchio. Una lirica poetica ha da adattarsi alla materia che vuole spiegare, dipingere, forse criticare – e in questo caso è più che certo -. Ora, se al dolce Zefiro si sostituisce il tamburo delle Ricerche di Mercato, questo non vuol dire obliare la massima fantasia creativa, che, ne Il Cittadino Sconosciuto, sembra essere l’unica arma.
La fiera del Secolo XX
Emerge chiaramente che “Il Cittadino Sconosciuto”, oggetto del lavoro in analisi, non ha alcuna personalità. Esso, schiavo del suo anonimato, condivide, senza alcun ragionamento, quanto espresso dalla massa. Non è un vigliacco, solo un dormiente reso cadavere ancor prima di morire.
Quello cui Auden puntò era ritrarre la società moderna, lo stato totalitario, in tutto il suo male. Il quadro da lui delineato spiega la grande “Vanity Fair” che prelude ai conflitti mondiali, una fiera delle vanità che spinge gli uomini ad accettare un bieco canovaccio scritto da terzi. In questa gabbia di versi, regna l’ipocrisia e quella “respectability” che chiuse lo slancio vitale dei nostri antenati.
Era libero? Felice? Che domande assurde:
se qualcosa non avesse funzionato, di certo ne saremmo informati.
Silvia Tortiglione
Fonti:
W. H. Auden, dalla raccolta Another time (1940) trad. di N. Gardini