Scrittori olivettiani: intellettuali che sposano un progetto molto ambizioso nato nel segno della mediazione: culturale e politica. Mediazione culturale perchè finisca per sempre l’ottusa separazione tra la cultura umanistica e quella scientifica derivata da una interpretazione (a tratti tortuosa e a tratti troppo pedissequa) del pensiero di Benedetto Croce; non è un caso che la stessa esigenza venga avvertita anche da Elio Vittorini che nel suo Menabò si propone di affrontare la questione dei rapporti tra letteratura, scienza e mondo del lavoro. Come non ricordare (soffermandoci su questo tema) il grande Italo Calvino.
Mediazione politica perchè l’intento di Adriano Olivetti era anche quello di una mediazione di posizioni politiche. Il tema del lavoro fu infatti affrontato sia da intellettuali che gravitavano attorno all’orbita del marxismo, sia da cattolici che da pensatori liberali. Scrittori che sposarono la causa dell’Olivetti, diventando in alcuni casi dei veri e propri dipendenti dell’azienda d’Ivrea sono in un certo modo Franco Fortini, e sicuramente Ottiero Ottieri e Paolo Volponi, Giovanni Giudici, Geno Pampaloni e Carlo Bizzolara. Oggi definibili scrittori olivettiani.
L’ambizioso progetto di Adriano Olivetti e le posizioni degli scrittori olivettiani
Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande. (Adriano Olivetti)
Il modello dell’Olivetti fu infatti assai innovativo e promotore di un “capitalismo dal volto umano”, che non mercifichi e sfrutti ma che tuteli non solo la dignità dell’operaio ma anche la sua crescita, che riesca a creare coesione sociale e non lotta di classe. Il suo scritto più importante Società stato e comunità risente molto anche dell’influenza di filosofi cattolici come Jacques Maritain.
Ragionando in termini marxiani Adriano Olivetti aveva eliminato la contraddizione principale del capitalismo: quella tra accumulazione privatistica e produzione collettivistica. Il principio vigente è quello che l’utile venga reinvestito a beneficio dell’azienda, viene così eliminato quell’assunto marxiano secondo il quale l’operaio, non essendo proprietario della sua opera, sia alienato e relegato alla mera stregua di merce vivendo solo di prestazione della forza-lavoro. Adriano Olivetti fu animatore anche di un particolare movimento politico che tentava una fusione tra fabianesimo, socialismo utopistico, federalismo e liberalesimo.
Gli scrittori olivettiani hanno assunto però posizioni sempre più critica in cui intravedere difficilmente il percorso auspicato dal progetto di Olivetti. Per Ottiero Ottieri una vera e propria forma di incomunicabilità tra le due culture e i due mondi dei ceti sociali contrapposti, per Paolo Volponi invece l’oppressione e lo sfruttamento intrinsechi del modello capitalistico permangono anche nel modello olivettiano. Ciò non toglie la sincera e seria ammirazione degli intellettuali comunisti e marxisti per il progetto di Adriano Olivetti.
Rapidi ritratti di Ottiero Ottieri e Paolo Volponi
Tra gli scrittori olivettiani che hanno dedicato la loro produzione alla tematica dell’industria e del lavoro c’è sanza dubbio Ottiero Ottieri. Una personalità intellettuale davvero particolare, concentrata molto sulla psicoanalisi dell’io-lavoratore, sull’indagine delle passioni, degli entusiasmi o dei modi di manifestazione emotiva registrati negli operai. L’opera forse più importante della sua produzione è Donnarumma all’assalto. Qui Ottiero Ottieri vi sostiene l’impossibilità di quella “mediazione” tanto auspicata da Olivetti. Esso costituisce un vero e proprio romanzo report fornito dal diario-raccolta d’indagine psicologica su lavoratori del sud, dello stabilimento di Pozzuoli. Il lavoratore del sud non concepisce alcune delle dinamiche di rapporto tra lavoratore e azienda e celebre è il modo in cui nel romanzo il protagonista tenta di sottrarsi ai test attitudinali:
Che domanda e domanda. Io devvo lavorare, io voglio faticare, io non debbo fare nessuna domanda. Qui si viene per faticare non per scrivere.
Esempio tipico di incomunicabilità tra le due culture, tra l’altro Donnarumma è di estrazione contadina e viene fuori anche il rapporto conflittuale tra mondo contadino e mondo operaio. Decisamente lontano dall’armonia di tradizione fabiana auspicata da Olivetti.
Paolo Volponi, celebre tra gli scrittori olivettiani, affronta il tema della realtà industriale nella sua opera Memoriale, il cui protagonista, Albino Suggia, è un reduce della Seconda guerra mondiale che viene assunto in una grande fabbrica del nord italia. Albino è affetto da manie di persecuzioni e psicosi che rendono a tratti delirante il suo racconto, ma esse permettono anche di evincere la follia che regola la vita nelle fabbriche, fondata, tutto sommato, nonostante l’apparente buona volontà di dirimere le controversie tra lavoro e capitale, tra operaio e imprenditore, sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e l’alienazione della catena di montaggio.
Luca Di Lello