ieri li aveva sfiorati, e non per la prima volta, un’ombra di avventura, di libertà e di pericolo […] [1]
La facciata esteriore e l’intima convinzione di essere una coppia felicemente sposata si scontra con l’ineludibile e fin troppo concreta presenza di torbidi impulsi e desideri insoddisfatti, che attentano al precario equilibrio di un rapporto matrimoniale.
Questo è il fulcro del racconto lungo intitolato “Doppio Sogno” (Traumnovelle nell’originale tedesco) scritto negli anni ’20 dall’autore austriaco Arthur Schnitzler, uno dei tanti medici di area tedesca convertitosi alla scrittura per amore dell’arte. In tempi più recenti Stanley Kubrick, affascinato, come già Schitzler, dal funzionamento degli aspetti oscuri della psiche, ha lavorato alla rielaborazione cinematografica dell’opera: Eyes Wide Shut è la sua ultima, dibattuta fatica.
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Il doppio sogno di Albertine e Fridolin
Il racconto si apre con un’apparenza: mamma e papà ascoltano la loro bambina leggere una storia, la guardano commossi e, quando la piccola si è addormentata, finalmente possono dedicarsi a loro due. Un’apparenza per il lettore, sfatata nelle pagine immediatamente successive, ma anche per gli stessi protagonisti della storia, convinti che “la loro unione si fondasse su una perfetta compenetrazione di sentimenti e di idee”: ma basta una festa in maschera per far crollare le convinzioni di una vita.
Non è un caso che si tratti proprio di una festa di Carnevale: uno dei sensi della festività, come quello di più antichi riti pagani (è opinione diffusa che la festività cristiana si sia sovrapposta ai Saturnali romani*), è il temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali, la possibilità di vivere per un giorno la vita di un altro, più libera ed istintiva. Come a Carnevale, così nei sogni si manifestano le pulsioni che durante la vita di tutti i giorni ridimensioniamo e reprimiamo: la coppia costituita da Fridolin e Albertine inizierà il suo percorso di allontamento-riavvicinamento a partire da una festa e da un sogno.
I turbamenti di marito e moglie si alternano in parallelo attraverso la vicenda, si oppongono e si completano: Fridolin vive un’esperienza reale, sensoriale, ma di tutte le donne che incontrerà nel suo cammino notturno per le strade di Vienna non riuscirà ad “andare fino in fondo” neppure con una. La storia di Albertine, al contrario, non avviene veramente: è tutto un lungo e allucinante sogno, che non ha neppure bisogno di essere psicanalizzato perché non contiene aspetti latenti, tutto si palesa davanti a lei; l’uomo qualunque col quale un giorno, durante una vacanza, aveva immaginato di avere una relazione e fuggire, la girandola di relazioni sessuali con lui e con altri uomini qualunque, perché nel sogno ciò che conta non è il volto dell’altro, ma il proprio appagamento.
Proprio i volti sono i grandi assenti di questa novella: il veglione mascherato a cui partecipano i coniugi; la festa segreta e dai tratti quasi esoterici a cui partecipa Fridolin, in cui le donne sono completamente nude ma tengono il viso coperto; il cadavere in cui egli spera di riconoscere la sua salvatrice mascherata; la maschera stessa, divenuta simbolo, che Albertine appoggia vicino al cuscino del marito il giorno successivo. Raccontando la crisi e il successivo riavvicinamento di una coppia borghese, Schnitzler delinea lo sgomento dell’uomo moderno di fronte all’enigmatica realtà della sua ed altrui psiche.
Vienna, Schnitzler e Freud
Schnitzler vive e pubblica nella Vienna della belle époque**, capitale dell’Impero più antico d’Europa ancora in piedi in tempi moderni, città splendida e decadente, dimora di alcune delle più importanti menti del primo Novecento europeo. A Vienna visse e studiò Sigmund Freud, contemporaneo di Schnitzler, che per anni si tenne lontano dal collega ammettendo infine di avere una specie di “timore del sosia“. Freud ammirava molto il lavoro artistico di Schnitzler, tanto da ammettere che i risultati a cui lui era giunto col lavoro faticoso dello scienziato venivano in certa misura trasmessi nei lavori del collega grazie all’intuizione dello scrittore. Schitzler, comunque, seppur influenzato dalle opere di Freud e in particolare dall’interpretazione dei sogni, mantenne sempre un certo atteggiamento critico nei suoi confronti, che dimostra anche in “Doppio Sogno”:
La psicoanalisi parla di conscio e inconscio, ma tralascia troppo il medioconscio, [che] costituisce il campo più vasto della vita psichica e spirituale; da lì gli elementi salgono ininterrottamente verso il conscio o precipitano nell’inconscio […] [2]
La storia della coppia si conclude, appunto, con un risveglio: gli elementi del medioconscio di cui parla Schnitzler sono riemersi in superficie e ai coniugi non resta altro che accettarne la consistenza e continuare la relazione in maniera più consapevole.
Né del tutto sogno, né del tutto realtà
Il sogno di Albertine ha un valore esorcizzante e catartico, e così la metaforica discesa agli inferi di Fridolin nell’obitorio della clinica in cui cerca il cadavere della sua salvatrice: liberatisi (forse solo temporaneamente) dai fantasmi della propria psiche, riaffiora nei due la coscienza del reale rapporto con l’altro. La novella si conclude così con una riflessione sulla consistenza dei sogni – e l’inconsistenza delle esperienze vissute:
“…la realtà di una notte, e anzi neppure quella di un’intera vita umana, non significano, al tempo stesso, la loro più profonda verità.”
“E nessun sogno” disse egli [Fridolin] con un leggero sospiro “è interamente sogno”. [3]
Maria Fiorella Suozzo
Note
**Doppio Sogno, tuttavia, è del 1925
Fonti
Doppio Sogno, Arthur Schnitzler ([1], [3])
[2] dalle annotazioni “Sulla psicoanalisi” di Schnitzler
Nota su “doppio sogno”, Giuseppe Farese
immagini: google (in copertina: L’abbraccio, Egon Schiele, 1917)