“A Margo piacevano i misteri, forse talmente tanto che lo diventò anche lei.”
Due ragazzi, vicini di casa, amici d’infanzia; lui innamorato di lei da sempre, lei bella e popolare, in bilico tra l’apparenza nel microcosmo del liceo e la sua indole sensibile che la porta ad agire in un modo fuori dagli schemi. Dopo quasi nove anni di silenzio, Margo Roth Spiegelman (Cara Delevingne) bussa alla finestra di Quentin “Q” Jacobsen (Nat Wolff), in cerca di un ninja che l’aiuti a consumare la sua bizzarra vendetta nei confronti del fidanzato che l’ha tradita. Lo stesso tradimento che le ha tolto da sotto ai piedi quel piedistallo già instabile che le aveva garantito un certo status nel mondo del liceo, quel piedistallo che era destinato a cadere nel momento in cui avrebbe dovuto compiere il passo successivo: lasciare la scuola e iniziare la vita vera. E Quentin l’aiuta, “si dovrebbe vivere sempre così” gli sussurra Margo davanti a uno splendido panorama notturno della città. E non appena gli confessa la sua opinione su “questa città di carta che è meno bella da vicino“, Margo scompare, lasciando degli indizi su dove possa trovarsi, e invitando Quentin a seguirla attraverso quegli scherzi dei cartografi, la città inventata che inseriscono nelle loro mappe per far sì che nessuno copi il loro lavoro, invitandolo a compiere un percorso che conduce a un luogo più immaginario che reale. Un viaggio simbolico alla ricerca di se stessi, in bilico tra l’adolescenza e l’età adulta, alla scoperta di sentimenti quali la vera amicizia e il vero amore.
Questa è la storia che racconta il film Città di Carta, tratto dall’omonimo romanzo del best seller John Green (autore del precedente successo Colpa delle Stelle) e diretto da Jake Schreier, alle prese con un cast “alle prime armi” che vede come protagonisti la supermodella Cara Delevigne (che è più una presenza costante che protagonista scenica: compare nel film per un totale di 20 minuti) e Nat Wolff, già visto in Colpa delle Stelle nei panni di Isaac. Anche gli sceneggiatori Scott Neustadter e Michael H. Weber sono gli stessi del precedente campione d’incassi e, come si suol dire, “squadra che vince non si cambia”. Il film è schizzato ai vertici del box office negli States ed è uscito nelle sale italiane il 3 settembre, dove già ha conquistato numeri piuttosto alti al botteghino.
Probabilmente il successo sta proprio nella capacità dell’autore – e, questa volta, anche alla bravura del regista – di saper cogliere emozioni e sentimenti di una generazione che ormai non è più in grado di abbandonarsi a riflessioni di questo genere, riuscendo a fare introspezione anche là dove non sembra ci possa essere nulla da scavare. John Green riesce a dare spunti di riflessione attraverso storie spensierate, fatte di sorrisi a volte bonari e malinconici, altre volte sinceramente divertiti ed entusiasmati, in quella commedia al limite tra il teen e l’adult che rispecchia perfettamente la posizione dei suoi protagonisti, nello stesso limite tra l’adolescenza e l’età adulta. La voglia di scoprirsi e la paura di farlo, gli azzardi e le avventure, sono soltanto la punta dell’iceberg in un universo emotivo che, mentre prende forma, non trova il coraggio di esprimersi realmente per quello che è.
Città di Carta è una commedia dalla trama spensierata – e dai discorsi forse un po’ troppo da romanzo di partenza – piacevole e poco impegnativa, a tasso glicemico moderato e in grado di portare a galla riflessioni a tratti banali, ma che spesso abbiamo dimenticato, per pigrizia o leggerezza. Uno di quei film da godersi senza troppe aspettative, che ti permette di rilassarti senza annoiarti. Una di quelle pellicole che, alla fine, fanno sempre bene.
Camilla Ruffo