Tornano i Foals, la giovane band indie-rock inglese che tutti dovrebbero conoscere: ecco la recensione di What Went Down, ultimo album del gruppo di Oxford.
I Foals sono quella band che tutti dovrebbero conoscere, e che senza saperlo molti conoscono − tramite i celeberrimi videogames Pro Evolution Soccer 2012 e Fifa 14. Infatti compaiono nelle soundtrack dei rispettivi giochi − con ‘This Orient‘ e ‘My Number‘. La loro musica ne fa però una band perfettamente matura per uscire dalla nicchia ed essere ascoltata da un pubblico infinitamente maggiore. Se ci riusciranno, è anche grazie a What Went Down, l’ultimo lavoro della band, uscito il 28 agosto.
Quando si analizza un musicista o, come in questo caso, una band, si prova sempre a tracciare un percorso, una via che deve necessariamente giungere a qualcosa con il passare degli anni. Anche per i Foals è così e il percorso è stato tracciato nella maniera migliore: con What Went Down hanno dimostrato di essere cresciuti, di essere pronti. Poco importa se il suono tende ad essere maninstream, se il CD non è “alternativo” abbastanza. Il gruppo inglese non avrà accontentato i fan di lunga data, ma tant’è se d’altra parte il livello qualitativo si è mantenuto alto. E questa recensione parte dalla canzone London Thunder. Nonostante sia l’ottava canzone dell’album, ‘London Thunder‘ è stata criticata dai fan perché troppo simile a un prodotto dei peggiori Coldplay, allontanandosi dalla forza e dall’energia dei precedenti brani. ‘London Thunder‘ invece è una canzone con un’anima, un’anima dannata, un brano che tocca sensazioni profonde grazie anche alla incredibile voce del leader della band, Yannis Philippakis.
Foals: evoluzione o involuzione commerciale?
‘London Thunder‘ è il segno di una evoluzione e non di una involuzione scadente. Ma ritorniamo all’inizio. Il CD parte con l’energica ‘What Went Down‘, molto simile ai precedenti lavori, una canzone cattiva, sporca, ribelle. ‘Mountain at my Gates‘ che segue invece registra una battuta d’arresto: canzone un po’ troppo da Imagine Dragons più che da Foals ma senza dubbio la più radiofonica, tranquillamente in grado di arrivare a tutti gli ascoltatori. Il livello risale subito e la parte centrale fila liscia con suoni ben curati, con synth, chitarre math, ritmi funk/rock ben serviti. ‘Give it All‘ ed ‘Albatross‘ sono canzoni decisamente eleganti. Forse è proprio ‘Albatross‘ a cadere nella moda Coldplay, più specificamente nel ‘Viva la Vida‘ trend. La successiva ‘Snake Oil‘ smentisce subito ogni accostamento ai Coldpaly e richiama con molta accuratezza rock band importanti come i Led Zeppelin, connaturando un sound graffiante con uno stile indie ma maturo (un po’ come gli Arctic Monkeys). Dopo ‘London Thunder‘ c’è ‘Lonely Hunter‘, una canzone in pieno stile Foals, senza richiami e senza omaggi, oscura e potente, forse la migliore traccia dell’album perché accontenta tutti, vecchi e nuovi fan. Il CD si chiude con una canzone praticamente perfetta, ‘A Knife in the Ocean‘, completa, micidiale, tra uno stile onirico tipico dei Pink Floyd ed un rock spaziale.
http://https://www.youtube.com/watch?v=g-n4U2KZZVs
I Foals convincono ancora una volta, e sarà interessante trarre i frutti da What Went Down, quando in futuro dovranno scegliere se dimostrare ulteriormente la loro maturità continuando il percorso tracciato o fare un passo indietro per strizzare l’occhio ai vecchi fan accontentandosi così di un ruolo marginale nel panorama musicale mondiale: ciò che sarebbe davvero uno spreco.
Voto: 4,5 /5
Traccia consigliata: ‘Lonely Hunter‘
Diego Sbriglia