A prescindere dal periodo storico-artistico che si preferisca, Michelangelo Merisi da Caravaggio resta uno degli artisti più amati e ammirati della storia dell’arte. Anche un cultore dell’arte contemporanea, amante di Polloock, Rauschenberg o Mondrian, riconosce il genio del Caravaggio, un artista complicato, irrequieto, che ha messo su tela luce ed ombre della sua coscienza.
Gli inizi
Michelangelo Merisi nasce a Caravaggio, una piccola cittadina a sud di Bergamo e, a soli undici anni, si trasferisce a Milano dove comincia il suo apprendistato nella bottega di Simone Peterzano. La Milano di quegli anni è pervasa dal fanatismo religioso dell’arcivescovo Carlo Borromeo e lo stesso Peterzano si era posto in linea con i ristretti canoni del Concilio di Trento. Caravaggio sfruttò questi anni per assimilare le basi di quella pittura sempre fedele al vero che avrebbe professato per tutta la vita e che cambierà l’intero panorama artistico dei secoli successivi. Concluso l’apprendista l’artista torna nella sua cittadina d’origine e, in seguito alla perdita di entrambi i genitori, vendette tutte le proprietà di famiglia e con ciò che ne ricavò partì per Roma, dove giunse nel 1590.
Il periodo romano di Caravaggio
La città eterna viveva un periodo di rinascita dopo il Sacco del 1527: la Chiesa necessitava di nuove immagini per promuovere la sua Controriforma e Roma era piena di artisti, scalpellini, architetti, che giungevano in cerca di lavoro da tutta Europa. Caravaggio era uno di questi, e cominciò a lavorare in proprio, all’inizio senza successo. La situazione cominciò a cambiare quando il celebre cardinale Francesco del Monte acquistò alcuni suoi dipinti, ed è probabile che grazie a quest’ultimo che il Caravaggio ottenne il suo primo incarico: le pitture della Cappella Contarelli in San Luigi de’ Francesi. Qui l’artista rappresenta i momenti più importanti della vita di San Matteo: la vocazione, l’incontro con l’angelo e il martirio. Sulla stessa linea figurativa possiamo porre opere come la “Conversione di San Paolo” e la “Crocifissione di San Pietro” della Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo,
Ai primi anni romani appartiene la “Cena di Emmaus”, dove Caravaggio mostra il suo legame con i modelli rinascimentali, in particolar modo con Tiziano che aveva dipinto il medesimo soggetto nel 1545. Si denota subito la forza espressiva delle figure e la “gesticolazione drammatica” è un espediente psicologico che Caravaggio utilizza per far si che lo spettatore si senta parte dell’opera e possa partecipare attivamente all’evento raffigurato. Degli stessi anni sono capolavori come “I bari” e “Riposo durante la fuga in Egitto” dove la pittura del dato reale è più viva che mai coprattutto nei dettagli, come gli abiti dei bari, le ali vere dell’angelo.
La “Maddalena pentita” creò non pochi problemi all’artista in quanto scelse come modella una prostituta, alla quale l’artista era legato, Anna detta “la rossa”. E non esitò a sceglierla anche in un’opera sacra come “La morte della Vergine”: Anna era morta annegata nelle acque del Tevere e Caravaggio decise che sarebbe stata la sua modella per un’ultima volta. Ed è infatti proprio per questo motivo che la Vergine del dipinto presenta il ventre rigonfio: l’artista non aveva utilizzato come modello una donna incinta, come all’epoca venne ipotizzato, ma la sua amante morta annegata.
A partire dal 1600 cominciarono i primi problemi con la legge, e nel 1606 in seguito al ferimento mortale il suo rivale nel gioco della pallacorda, Caravaggio venne condannato alla decapitazione che poteva essere eseguita da chiunque lo avesse riconosciuto per strada. La permanenza in città non era più possibile e ad aiutare Caravaggio a fuggire da Roma fu il principe Filippo I Colonna, il quale mise in atto una serie di depistaggi, grazie anche agli altri componenti della sua famiglia che testimoniarono la presenza del pittore in altre città italiane, facendo così perdere le tracce del famoso artista.
Il periodo napoletano e gli ultimi anni di Caravaggio
Alla fine del 1606 Caravaggio arriva a Napoli, dove rimase per circa un anno. La fama del pittore era ben nota a tutti nella città. I Colonna lo raccomandarono a un ramo collaterale della famiglia residente a Napoli: i Carafa-Colonna. Qui l’artista visse uno dei periodi artisticamente più importanti. Vennero infatti eseguite opere come “Giuditta e Oloferne”, la “Flagellazione di Cristo”, e il suo capolavoro del periodo napoletano: “Le sette opere di misericordia”, opera cardine per l’arte meridionale dei secoli successivi. Caravaggio non ha più nessuna regola nella composizione delle sue opere, non esiste più un fulcro centrale della scena e la drammaticità è molto più accentuata rispetto alle sue opere romane.
Nel 1607 Caravaggio parte per Malta dove il suo obiettivo era diventare cavaliere per ottenere l’immunità, in quanto su di lui pendeva ancora la condanna alla decapitazione. Nel 1608 fu nominato “cavaliere di grazia”. A questi anni appartiene la meravigliosa tela raffigurante “La decollazione di San Giovanni Battista”, ancora oggi conservata nella cattedrale di La Valletta. Anche qui però ebbe dei problemi: fu arrestato per un duro litigio con un cavaliere del rango superiore e si venne a sapere che su di lui pendeva la condanna. Riuscì ad evadere dal carcere e si rigugiò a Siracusa.
Alla fine dell’estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli. Qui fu aggredito con violenza da alcuni uomini all’uscita della Locanda del Cerriglio, rimase sfigurato e la notizia della sua morte cominciò a circolare prematura.
I suoi ultimi anni di vita sono di difficile interpretazione: dopo quattro anni di esilio Paolo V concedeva la grazia all’artista, ma ormai era troppo tardi. Uno dei dispacci ufficiali del 1610 comunica la sua morte per un improvviso attacco di febbre su una spiaggia del litorale toscano, Porto San’Ercole.
Come potè un ragazzo lombardo, un apprendista pittore, arrivato a Roma all’età di circa diciotto anni, divenire uno dei più alti moniti dell’arte moderna? La sola risposta possibile è che la verità di una grande passione creativa si misura dalla sua durata, dalla sua capacità di riproporsi come fonte alle ideologie, alle nuove convinzioni, mostrando una faccia nuova, mai vista prima.
Manuela Altruda