L’amore non è da intendere come sola passione positiva, ricca di slanci idillici e soavi lamenti. Questo sentimento accompagna pure i valori meno consoni alla nostra idea di morale. Questo è il caso di Fedra e Ipsipile, amanti di Ippolito e Giasone, protagoniste di un violento slancio nelle Eroidi di Ovidio.
Fedra e Ipsipile: il gioco del dolore
Vivete, moglie e marito, in un talamo maledetto!
Donne vive anche in ambito teatrale, Fedra e Ipsipile sono il più alto esempio di amore “negativo” all’interno del corpus ovidiano. Fedra, simbolo della colpa, esce dal cristallo di Euripide e si trasforma quasi in una sapiente oratrice. Matrigna invaghita del nuovo figlio, Fedra arriva a sporcare la propria voce con la menzogna, una menzogna tale da colpire anche il suo stesso onore. Al di là della sua importanza come figura leggendaria, Fedra assume, nelle Eroidi, un ruolo da portavoce: ella si fa carico di una nuova moralità, proclamando il giusto sfogo di ogni libera passione.
Qualunque cosa ordini amore, non è prudente disprezzarla; egli impera e ha potere anche sugli dei sovrani. Fu lui, poiché inizialmente esitavo a scrivere, a dirmi “Scrivi! Quell’uomo duro come il ferro, vinto, ti consegnerà le mani.”
L’epistola di Fedra a Ippolito ha un grande valore persuasivo e lo stesso Ovidio non tenta di nasconderlo. La donna non si abbandona al rifiuto, tutt’altro. Fedra costringe ogni forza in una composizione elegante, melliflua, ricca di metafore. Anche Fedra, come Saffo, rappresenta uno dei mille volti di Ovidio autore e in questo caso la ragione persuasiva si coniuga ai precetti amorosi, nascosti e vivi nell’episodio da tutti conosciuto.
Ipsipile e la gelosia
Avrei saziato del sangue della tua concubina i miei occhi e i tuoi, che lei mi ha portato via con le sue stregonerie. Con Medea sarei stata
Medea!
Fedra e Ipsipile sono simili nella tenebra della coscienza, ma diverse nell’atteggiamento. Ipsipile, una delle giovani amanti del prode Giasone, non esita a coinvolgere altri personaggi. La sua voce adirata, tesa e aggressiva in ogni verso, colpisce la rivale, non esita a vituperarla. Ipsipile è forse l’unica delle eroine a prendere coscienza del tradimento, a dar sfogo a un sentimento tutto umano: la tremenda gelosia.
Il tono della lettera è dunque violento, sprezzante. Non abbiamo più il dolce abbandono di Enone. Siamo dinanzi a una donna che richiama il proprio desiderio, lo pretende e chiede il dovuto rispetto. Non a caso, Ipsipile sembra quasi immedesimarsi con la Medea che tanto disprezza, ne anticipa la storia e lo fa con la forma di un anatema. Sembra quasi che Ovidio abbia scisso un unico personaggio. Non a caso, schivando un possibile salto banale, Ovidio darà a Medea una voce riflessiva, ancora china nel pensiero della colpa e non furente come appaiono invece queste due sfortunate amanti.
Silvia Tortiglione
Fonti:
Eroidi; Garzanti IV ed. con introduzione, traduzione e note di Emanuela Salvadori