Lucio Anneo Seneca e le Epistulae ad Lucilium

Quando si scrive, la scelta di un genere scrittorio piuttosto che un altro assume una grande importanza perché esso determina l’esito del messaggio che s’intende comunicare; così, quindi, scrivere in poesia o in prosa non concerne solo una questione stilistica e formale ma anche il modo in cui il lettore si rapporterà ai contenuti del testo. Per comprendere concretamente quanto detto, immaginate di voler scrivere una lista della spesa, che forma di testo vi conviene utilizzare? Quella di una novella, quella di un inno omerico. Certamente voi non vi ponete questa domanda ogni volta che dovete andare al supermercato, ma qualcuno prima di voi ci ha pensato. Perchè Seneca scelse la forma epistolare, scrivendo le Epistulae ad Lucilium? Questo articolo vuole rispondere a questo quesito

Il modello delle Epistulae ad Lucilium

Seneca Epistulae ad LuciliumOra, come esempio della forza comunicativa di un certo genere scrittorio piuttosto che un altro, scegliamo il caso delle Epistulae morales ad Lucilium, meglio note come Epistulae ad Lucilium. Esse sono l’insieme di quattro libri contenenti circa centoventi lettere e redatte da Seneca, quasi duemila anni orsono.

Il destinatario delle epistole è Lucilio, un giovane poeta, governatore della Sicilia (sebbene fosse originario della Campania). Seneca utilizza “l’escamotage” della lettera per potere parlare direttamente al lettore perché crede che questo tipo di dialogo sia molto più efficace di una lezione dottrinale fatta secondo i canoni della pedagogia. Come un saggio maestro, infatti, egli non intende solo dimostrare la verità ma soprattutto esortare il giovane a cambiare se stesso, a ricercare continuamente il motivo per il quale vivere. Certamente il filosofo si ispira qui all’opera di Epicuro, pur non esplicitando la propria posizione nei confronti del pensatore greco.

Perchè Seneca scelse la forma dell’epistula

Seneca Cordoba Epistulae ad Lucilium
Statua di Seneca a Cordoba

Per rendere ancora più vivo e fitto il legame tra maestro e allievo, Seneca non cade nella ripetitività degli argomenti da trattare nelle epistulae, anzi, cerca di continuo spunto dalla quotidianità per avvicinare Lucilio (ma invero chiunque legga le lettere) alla possibilità di comprendere il punto di vista dell’autore, per nulla distante dalla realtà dinamica.

Tra i fatti reali che il mittente deve riportare per trattare il tema della libertà personale e quindi della connessa condizione umana, vi è quello dell’inaccettabile condizione degli schiavi e di coloro che si angosciano al pensiero della morte. Condanna moltissimo anche quelli che quindi si sentono schiavi del tempo, perdendolo in realtà nel peggiore dei modi, senza fare nulla per viverlo. In questo senso si rende indimenticabile l’epistula 1 quando afferma « Fa’ dunque, caro Lucilio, quello che mi scrivi di star facendo: afferra e tieni strette in un abbraccio tutte le ore».

Seneca insegna così che nessun momento è uguale ad un altro e che tutti dovremmo vivere per diventare più liberi e meno inquieti.

Ma se Seneca non avesse scritto tutto questo sotto forma di epistole, bensì mediante un’artificiosa poesia, credete che la sua filosofia sarebbe stata la stessa? Ci sarebbe essa giunta nel medesimo modo? E perché?

Lisa Davide

Bibliografia

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio (Edizione Acrobat a cura di Patrizio Sanasi) (PDF), ousia.it